Nella ricerca di archeoastronomia poi trasposta nel libro “Monte Forato e Duomo di Barga”, l’autore Mauro Peppino Zedda ha indagato il duomo di Barga e altri templi della zona considerandoli come possibili, antichi osservatori astronomici.
L’allineamento di queste antiche strutture con la morfologia del territorio o con alcuni pianeti, non può ritenersi casuale e la comunità scientifica ha riscoperto l’interesse verso l’antico popolo dei Liguri Apuani, ritenuti i fondatori di quelli che fin ora abbiamo ritenuto “solo” chiese o campanili.
Sotto vi proponiamo la recensione che Stefano Carboni, fisico nucleare, ha realizzato interpretando le pagine del “Monte Forato e Duomo di Barga”, portando ancora una volta alla luce una verità poco conosciuta su alcune delle chiese più antiche dell’area di Barga.
L’archeoastronomia è una disciplina che nell’ultima decade sta gradualmente destando l’interesse del grande pubblico, facendosi strada anche nel mondo accademico. Il dialogo fra astronomi ed archeologi necessita di uno sforzo interdisciplinare volto alla comprensione dei problemi dei rispettivi ambiti, ma tale sforzo talvolta, conduce a scoperte sulla cultura e sulle conoscenze degli antichi che possono aiutare a far chiarezza sullo scopo dei monumenti del passato.
È tuttavia necessario che ogni studio archeoastronomico sia supportato dal rigore e dal metodo tipici dell’indagine scientifica. Al giorno d’oggi, sia per il fascino del mistero, sia perché il suo essere scienza di confine non la inquadra completamente nei canoni accademici, l’archeoastronomia è spesso abbordata dagli stessi sostenitori di bizzarre teorie new-age. È quindi necessario uno sforzo per distinguere i lavori scientifici, supportati da un approccio storico ed astronomico da quelli basati sul misticismo e la fantasia.
In quest’ottica desidero segnalare il recente lavoro di Mauro Peppino Zedda, noto autore di numerose pubblicazioni di carattere archeoastronomico sui monumenti della Sardegna. L’autore ha collaborato con molti di coloro che possiamo definire i padri fondatori della disciplina. Il libro in questione si intitola: “Monte Forato e Duomo di Barga” e ci porta sulle montagne lucchesi, sulle possibili tracce di antichi astronomi Liguri.
Sappiamo da indagini storiche, condotte in gran parte dall’Istituto Internazionale di Studi Liguri di Genova, che nella preistoria, periodo in cui ebbero la loro massima espansione, gli antichi Ligures occupavano l’area di territorio che andava fra la foce dell’Ebro e quella dell’Arno. Col tempo la loro cultura finì per scontrarsi e fondersi con quella dei Celti e degli Etruschi, finché, con l’avvento dei Romani, il loro territorio si ridusse alla regio augustea IX, pari circa all’attuale Liguria.
Il territorio montuoso che circonda la città di Barga ha conosciuto cinque millenni di storia ed ha visto susseguirsi diverse culture. Zedda è rimasto colpito dal cosiddetto Monte Forato, un rilievo sulla cui sommità si erge uno sperone roccioso che l’erosione ha modellato a forma di arco. Altro fatto curioso è il profilo del monte e della collina adiacente che, dalla città di Barga, assume l’aspetto inconfondibile di una figura umana distesa, tant’è che la popolazione chiama questo rilievo “l’Omo disteso”. L’Omo ha la bocca aperta, data dall’arco naturale di roccia di trenta metri che da il nome al Monte. Questa montagna ha probabilmente rappresentato, per gli antichi abitatori della zona qui stanziati, un preciso punto di osservazione di alcuni fenomeni astronomici. Interessante come Zedda abbia preso in considerazione tre edifici sacri cristiani dai quali è visibile il Monte Forato (il duomo di Barga, la chiesa di San Frediano a Sommocolonia e la chiesa di San Michele a Perpoli), riscontrando delle correlazioni archeoastronomiche degne di attenzione.
Come spesso succede, quando una cultura si sovrappone ad una precedente, ne eredita alcune tradizioni, o abitudini. Ciò che concerne il patrimonio immateriale sopravvive come superstizione, viceversa, le strutture materiali finiscono per essere integrate all’interno della nuova società, prime tra queste i luoghi di culto. Il sincretismo religioso a cui si assiste in queste sovrapposizioni culturali è un fenomeno molto comune. L’avvento del cristianesimo, in particolare, ha portato ad una integrazione sistematica degli antichi luoghi di culto pagani. Questi, solitamente, avevano a che fare con sorgenti d’acqua, caverne o speroni rocciosi dalla particolare suggestione (ciò che si definisce il “genius loci”) ed hanno mantenuto nella popolazione una tale devozione da continuare ad essere frequentati. anche in epoca cristiana Ben presto, santi e Madonne si sono sostituiti agli antichi dei, ma i luoghi e i culti ivi praticati sono spesso rimasti invariati fino ad oggi.
Parlando di culti preistorici, entra in gioco l’archeoastronomia. Studi paleo-antropologici hanno svelato che a partire dal neolitico, col fiorire dell’agricoltura, si diffusero rituali magici volti a propiziare i cicli del mondo agricolo. La terra era in essi vista analogamente alla donna: seguiva un ciclo annuale che faceva rifiorire la vegetazione dopo la morte invernale. Questo ciclo è governato dalla periodicità del sole. Tuttavia, in analogia col ciclo mestruale femminile, il cui periodo coincide con una lunazione circa, gli antichi pensavano che anche la madre terra seguisse un macro ciclo, governato da un numero finito di lunazioni che scandivano a loro volta il periodo del sole: un anno lunare. Sole e luna divengono così gli artefici del mondo agricolo e la loro osservazione diventa di vitale importanza nelle antiche società agricole, allo scopo di computare il tempo. Conoscere il ciclo degli astri significa poter prevedere e programmare i lavori agricoli e quindi determinare o meno il successo di un raccolto.
Non appare fuori luogo, quindi, l’ipotesi di Zedda che vede nel Monte Forato non solo un luogo di culto, data la sua particolare conformazione, ma anche una sorta di “gnomone” dalla funzione calendariale per lo studio dei moti di sole e luna. Lo sperone sarebbe quindi una “mira” che, in passato, se osservata da determinati luoghi che Zedda identifica con alcune delle più antiche chiese della zona, poteva servire per determinare punti astronomicamente significativi all’orizzonte. L’autore, per citarne alcuni, segnala l’allineamento fra la chiesa di San Frediano di Sommocolonia e il Monte Forato con il punto occaso del sole al solstizio d’inverno. Zedda riscontra un allineamento paritetico da una stretta finestrella presente sui ruderi della torre di Sommocolonia, la cui conformazione esclude utilizzi comuni e fa ipotizzare una funzione astronomica del manufatto. Successivamente Zedda ha proceduto alle misurazioni degli orientamenti in azimut e di declinazione del Monte Forato rispetto al Duomo di Barga, prendendo in esame anche un’altra altura poco distante, il Monte Palodina, riscontrando questa volta allineamenti coi punti notevoli del moto lunare.
I punti estremi in cui tramontano sole e luna nei loro cicli sono di fondamentale importanza dal punto di vista calendariale e si riscontrano spesso, nei manufatti preistorici e proto-storici, allineamenti verso tali direzioni. A titolo di esempio, ho riscontrato personalmente un buon allineamento con il punto occaso solare al solstizio d’inverno ed ancora più preciso, con quello lunare al lunistizio meridionale maggiore, di un megalite inciso denominato “Sasso del Regio”, in Casentino: area nel primo millennio a.C. doveva aver risentito della cultura ligure, celtica ed etrusca. Per inciso, questi allineamenti dovevano avere una funzione calendariale, visto che l’incisione rupestre sul megalite potrebbe rappresentare proprio un rudimentale calendario.
Nel libro, l’autore identifica poi altri allineamenti con il Monte Forato: quello della chiesa di San Michele a Perpoli ha a che fare con la Luna ed ipotizza un allineamento fra il punto occaso di Venere in corrispondenza del punto di arresto meridionale, il “mento” del’Omo disteso e la chiesetta di San Pietro e Paolo a Fiattone. Quest’ultimo rappresenta una delle prime indagini condotte in europa sull’allineamento planetario con siti preistorici.
Zedda, da esperto di archeoastronomia, non tralascia il contesto storico-antropologico degli edifici che considera e, a partire dall’architettura e dalla toponomastica, prende in analisi la storia costruttiva delle chiese in analisi.
Che gli allineamenti siano coincidenze oppure no, l’auspicio è che opere divulgative come questa servano a muovere la comunità scientifica verso i temi dell’archeoastronomia e che la pubblicazione di questi risultati inviti l’archeologia a condurre un’indagine di verifica complementare, guidata dai riscontri astronomici, che possa far luce su un panorama storico ancora poco conosciuto. L’opera è inoltre resa fruibile anche per chi è a digiuno di astronomia, per la presenza di schede, sintetiche e ben fatte, che riassumono i principali concetti sui moti dei corpi celesti. Pertanto, essa è diretta tutt’altro che ad un ristretto gruppo di esperti, nella speranza che la sua divulgazione possa sensibilizzare l’opinione pubblica e gli enti territoriali per lo studio e la salvaguardia di un patrimonio culturale, materiale ed immateriale, di cui il nostro territorio è ricco e che in gran parte è ancora da scoprire.
27 giugno 2013
Tag: mauro peppino zedda, liguri apuani, archeoastronomia, Duomo, monte forato
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