Note di un diario di Natale

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Sono trascorsi  diversi anni, ma qualcuno, nel paese di F., ricorda ancora  l’episodio  della notte di Natale del 1988 al momento del bacio di Gesù Bambino a fine Messa. Ricordare non significa però sapere, ossia conoscere vita e vicende di una persona, nel nostro caso del protagonista di questa storia.

Emigrato giovane in Scozia, Vito Taraschini era tornato nella terra nativa ultranovantenne e vedovo. I due figli, cresciuti in Scozia, non intendevano abbandonare Edimburgo, città di paesaggi intersecati fra di loro, con castelli e antiche strade, teatro di altrettante antiche battaglie, col fragore di un Oceano sempre vicino, da cui si innalzavano improvvisi arcobaleni. Nei cui colori, a Vito sembrava di intravedere la moglie defunta. Ma, ad un certo momento, Edimburgo cominciò ad opprimerlo, e, forte, avvertì il richiamo della terra in cui era nato e vissuto fino a 16 anni. Fu così che un giorno di freddo e di vento, la gente del paese di F. vide giungere nella via centrale del borgo Vito Taraschini, un uomo alto, magro e con in testa un cappello a falde larghe messo di sghimbescio che, trascinando una grossa valigia di cuoio, salutava tutti, dicendo a voce alta: “Sono Vito Taraschini!”. I giovani neanche sapevano chi fosse. Solo qualche anziano lo ravvisò. Ma, avvicinandosi alla casa, nella parte finale del paese, a Vito subentrò l’emozione. Ultima ad avervi abitato era stata la sorella, la quale, prima di ricoverarsi e morire nell’ospedale di Barga, gli scrisse di aver lasciato la chiave della porta d’ingresso sotto la pietra vicina alla finestra. Infatti, Vito subito la trovò. Immutata nel tempo, era anche la chiave sempre veduta durante l’infanzia. Scorrevole, la serratura si aprì come lo stesse aspettando. Poco o nulla nella casa era cambiato. Stanco, sedette nel canto del focolare. In un angolo della cucina, c’era della legna e accese il caminetto. Era pomeriggio, ma sembrava buio tanta la nebbia. Pensò che doveva organizzarsi per la notte. Quantomeno allestire il letto. Salito nelle camere, dentro il cassetto di un canterano, rinvenne una scatola con dentro un diario datato 1900 dalle pagine ingiallite vergate da sua madre Scolastica Taraschini con pennino a inchiostro. Ad un certo momento lesse che la madre, una donna bellissima, quando lui era in fasce, aveva consentito ad uno scultore di fotografarlo. Sua madre, mai glielo aveva detto. Anche perché a 16 anni, se ne era andato. In realtà, si parlavano poco. Lui e la sorella erano figli di padri diversi e sconosciuti.

Rovistando ancora tra le carte, scoprì pure la sua immagine scattatala dallo scultore. Si commosse come mai gli era accaduto.

Trascorsi i primi giorni, adesso, in paese, molti lo salutavano, alcuni lo invitavano a cena, e lui gli raccontava la sua vita in Scozia. Da musicista girovago, era divenuto padrone di una gelateria, poi lasciata ai figli.

La notte di Natale, i vicini lo vollero a Messa con loro. Erano anni che non ci andava. Stanco e annoiato, a fine funzione andò a baciare Gesù Bambino. Di fronte al quale trasalì e gli salirono le lacrime agli occhi. Gesù aveva il volto di lui come nella foto. Gli sembrò di vivere un miracolo. E, mentre tutti uscivano, gli venne spontaneo di pensare alla madre e raccogliersi  in preghiera.

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