I fiocchi di neve lenti ormai cadevano dalla notte, nel fuoco un robusto ciocco di cerro sibilava al calore della fiamma che proiettava ombre in movimento nella stanza.
Il cielo grigio si affacciava dalla finestra, scoprendo abeti e magnolie imbiancate, nell’antico giardino della grande casa sul Fosso.
Erano iniziate le vacanze di Natale, e quell’atmosfera di silenzio ovattato, rendeva ancora più piacevole la lontananza dai banchi di scuola, che avremmo rivisto solo dopo la Befana.
Il giacchetto rosso con il cappuccio, mi guardava dell’appendiabiti e gli stivali gialli sembravano dire: … dai cosa aspetti, andiamo fuori a divertirci…
E così fu!
La vera fortuna era che praticamente fuori dall’uscio di casa, avevo un parco giochi naturale, le selve che portavano al Rio Fontanamaggio si prestavano, con gli stradelli originati dal pascolo delle mucche, a vere e proprie piste per la slitta e le discese con curve e contro curve ad immaginari circuiti di F1.
Dopo le mille raccomandazioni di mamma e la promessa di rientrare prima di mezzogiorno, ero finalmente libero in quel bianco mondo di favola.
Mentre mi accingevo a portare la slitta in prossimità della prima discesa, attorno ai miei passi comparivano le orme di uccellini, che immaginavo saltellare sulla bianca coltre; anche cani vi erano passati e sicuramente quel gatto sornione, che ogni giorno aspettava fermo come una statua, l’avvicinarsi di qualche malcapitato volatile.
Riconoscevo le orme, perché a scuola con la maestra avevamo cominciato un lavoro proprio relativo alle impronte degli animali, tanto è che, per la materia di scienze naturali, avevamo cominciato a disegnare proprio queste, traendo spunto da quelle che vedevamo durante le nostre passeggiate o giochi.
La prima discesa iniziò dal punto più in alto: il grosso poggio si offriva come trampolino di lancio, che dava la velocità per superare il falsopiano prima dell’entrata nella selva, dove castagni secolari proiettavano i rami in alto, verso quel cielo plumbeo costellato di neri puntini di neve, sì, neri, perché guardandoli dal basso verso l’alto fornivano questo effetto ottico.
Finita la discesa, in quel silenzio irreale, mi parve di sentire come un vagito.
Sì, sembrava quasi il piangere di un neonato, o forse no, sicuramente non avevo sentito mai niente prima, che potesse farmi riconoscere quella specie di lamento.
Improvvisamente e non solo per la reazione al freddo, sentii le gote diventarmi paonazze, ero solo in fondo ad un bosco vicino a qualcosa di sconosciuto che mi stava facendo crescere dentro una fifa cane…
Da una parte la paura stava prendendo campo, dall’altra la curiosità contrastava la voglia di andarsene a gambe levate.
In un battibaleno, tutti i miei dubbi e timori svanirono, davanti a me, sbucando da dietro una curva si presentò ai miei occhi increduli, un maestoso cervo.
Che fosse quel regale ed elegante animale ne ero più che certo, in casa avevo foto fatte allo zoo di Pistoia e lui mi sembrava identico ad una di quelle, poi c’era quella impalcatura imponente e stranamente mi trovai a pensare a come facesse a sorreggere quello che doveva essere un enorme peso.
Il tutto però fu un attimo.
La mia paura e stupore, probabilmente fu equivalente alla sua, tanto è che ad un minimo movimento scattò di lato e prese a trottare in direzione di Val di Lago.
Rimasi un attimo attonito, poi, nel mezzo del vapore che emanava il mio respiro accaldato, mi avvicinai a dove poco prima si era fermato quel mio improvvisato compagno di avventura; sul terreno le orme affondano nella neve, erano le più grandi che avessi mai visto così vicino a casa ed erano uniche, perché ancora nessuno a scuola le aveva disegnate.
Fotografai il tutto nella mente, poi di corsa trascinando la slitta come un rimorchio, risalii quegli interminabili poggi ed una volta arrivato a casa tirai fuori dalla cartella un quaderno e l’astuccio con le matite.
La mamma quasi incredula che fossi rientrato così presto, ma soprattutto che mi fossi precipitato sugli “attrezzi” di scuola, mi guardò sorpresa disegnare un bambino nella neve ed un fantastico enorme animale.
La sera quando il babbo rientrò, sull’albero di Natale trovò appeso il mio disegno e quello di due grosse orme marroni, incuriosito mi chiese perché proprio quei disegni capeggiavano in bella vista tra le luci colorate, così orgoglioso di quella giornata, iniziai il mio racconto.
Buon Natale a tutti.
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