Ci sono delle cose, storiche e artistiche di Barga, che ammiccano qua e là e magari non hanno un preciso punto di riferimento, diciamo un libro o altro, che possa aiutare il curioso a saperne di più. Belle cose da sempre viste, diciamo a chi ha una certa età, o scoperte oggigiorno dai più giovani. Su questa falsariga o idea, noi è da qualche tempo che cerchiamo di dare delle dritte su tante cose attinenti a Barga e anche questa volta lo facciamo parlando della scultura che la Società di mutuo soccorso Cristoforo Colombo, voluta dagli ottocenteschi emigranti barghigiani sul portone della loro sede che vediamo in immagine e che degnamente raffigurasse il loro patrono, il grande navigatore genovese.
Eccoci allora che certamente in molti si saranno chiesti: ma chi potrebbe averlo scolpito quel bel busto di marmo che raffigura Cristoforo Colombo? Quale fu l’idea che mosse mentalmente e materialmente il nostro emigrante a volere una società tutta loro, questa che è in via del Giardino, poi prendendo a patrono Colombo, raffigurandolo con una forte connotazione barghigiana? Infatti, sul petto ha un medaglione con lo stemma di Barga, la quarta caravella che traghettò oltre l’oceano, i nostri emigranti.
Circa l’Autore, certamente quando il busto fu messo in posa, tutti o quasi seppero chi ne era stato l’artefice, però con il tempo, morti pian piano tutti quei testimoni, con loro si è perso tra la gente il suo nome.
Magari qualcuno, come il sottoscritto, avrà cercato il vero in qualche libro o giornale storico ma seppur si trovi ricordato l’avvenimento della posa in opera, parimenti non è stato rintracciato il nome dell’Autore. Questo però sino a ieri, perché oggi il sottoscritto l’ha “scoperto”, così potendo dare una sicura soluzione all’enigma legato al personaggio scultore che diremo dopo aver recuperato in parte la storia della Società Colombo, utile per far capire di che realtà ormai storica stiamo parlando.
Intanto possiamo dire che il busto di Colombo fu messo nella nicchia sopra il portone del palazzotto l’anno 1911, esattamente nell’aprile, mese in cui si ricorda che fu inaugurato dalla società. (1)
Questo evento si lega strettamente al ricevuto nulla osta circa la possibilità di acquistare il palazzotto in cui era già stanziata la Società di mutuo soccorso Cristoforo Colombo. Facoltà richiesta al Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio, concessa con Regio Decreto del 9 aprile 1911, che così si riporta nel Bollettino dello stesso Ministero e che dice:
Con R. Decreto 13 aprile 1911 registrato alla Corte dei conti il 29 aprile stesso la Società di muto soccorso “Cristoforo Colombo” fra gli operai esercenti di Barga in provincia di Lucca, è autorizzata ad acquistare dalla Sig. Ida Nutini una casa situata sul borgo del Giardino, in Barga, per la somma di L. 7000 allo scopo di collocarvi la propria sede. (2)
Come partenza per questo nostro excursus va detto che, come accennato sopra, ripescheremo un poco di storia della ormai fu Società Cristoforo Colombo, come nacque e perché gli s’impose il nome del grande navigatore. Intanto diciamo che l’idea sorse tra gli emigranti locali di ritorno e tra i loro figli ancora in terre lontane sul finire del secolo XIX, arrivando alla reale fondazione il 22 aprile 1893, quattrocento anni più uno dalla colombiana “scoperta dell’America”.
Certamente l’idea fondante la società trovò le mosse a seguito della grande celebrazione nel quarto centenario dalla scoperta del continente americano che cadeva il 12 ottobre 1892, che vide fortemente impegnato il giornale scritto in italiano ma stampato a New York “Il Progresso italo-americano” di Carlo Barsotti, che mise in campo un comitato italo americano finalizzato a raccogliere fondi utili a realizzare a New York un monumento al navigatore italiano Cristoforo Colombo. L’opera fu realizzata in Italia dallo scultore Gaetano Russo (Messina 1847-1908) e si tratta di una statua di marmo che effigia Colombo, posato su una colonna a ventuno metri da terra, il cui fusto è attraversato dalle tre caravelle. Fu portata a New York da una corazzata italiana “Garigliano”, messa a disposizione dal governo italiano e il complesso marmoreo ebbe la sua inaugurazione, come detto sopra, proprio il giorno topico della scoperta del continente, ossia, mercoledì 12 ottobre 1892.
Il lancio dell’idea da parte di Carlo Barsotti de’ “Il Progresso” raggiunse anche Barga, infatti, sul giornale locale “L’Eco del Serchio”, organo di collegamento con la patria italiana degli emigranti della stessa Barga e della valle del Serchio. Infatti, nell’edizione del 13 ottobre 1889 del giornale barghigiano, vediamo pubblicato il nuovo appello di Carlo Barsotti tendente a far conoscere in tre punti, che è stato “prorogato a tutto novembre p.v.” il termine in cui dovranno essere depositati i progetti del monumento da scegliere. Il secondo punto dice che c’è stato un cambiamento d’idea circa il concorso per la statua che non dovrà essere più di bronzo ma di marmo, mentre il piedistallo di granito. Al terzo punto si dice che i progetti dovranno essere inviati al Ministero della Pubblica Istruzione di Roma, dove saranno posti in mostra “in una sala del Palazzo dell’Esposizione Nazionale …”. Barsotti, infine invita “L’Eco del Serchio” a rendersi partecipe dell’importanza morale che assume il monumento nei confronti del popolo americano, così il luogo dove esso sorgerà e pure il giorno scelto per l’inaugurazione, che coinciderà con l’Esposizione Universale del 1892 e che diffonda l’idea per essere assecondata.
Facile capire che il mondo degli emigranti di Barga accolse con vivo interesse l’idea di celebrare Colombo, probabilmente sentendosi orgogliosamente spinti da questa importante iniziativa di New York a celebrare anche loro il grande navigatore, così prendendo spunto dall’avvenimento per la fondazione in patria di una Società di mutuo soccorso al suo nome di cui sentivano anche loro un reale bisogno.
Erano essi, gli emigranti barghigiani, una comunità di persone che tra la fine dell’Ottocento e gli inizi del nuovo secolo e poi a seguire per anni, ebbero in patria un ruolo importantissimo, soprattutto dal punto di vista economico, con un compito da svolgere che gli veniva dalla loro esperienza in giro per il mondo. Una conoscenza che gioco forza imponeva a tutti un nuovo modo di pensare, più aperto e dinamico, con la loro implicita missione di creare una nuova società, in cui tutti ma soprattutto essi stessi, vi abbiano parte. Così, con la forza del nuovo, nasce la volontà di entrare sempre più nella vita sociale del paese. Un passaggio, la loro nuova presenza, che gioco forza sfociò in una vera e propria e assai serrata lotta politica che li vide contrapposti alla vecchia dirigenza paesana che andava sempre più impoverendosi, un declino iniziato con l’unità d’Italia. Quegli emigranti di ritorno, assai arricchiti ma forniti di poco studio, erano visti e appellati dalla vecchia oligarchia paesana “gli asini d’oro” e questo con una certa stizza .
La loro storia di emigranti, per sommi capi, aveva avuto inizio con l’unità d’Italia. Quella grande e patriottica attesa che, una volta attuata, causò uno stravolgimento sociale tale da produrre una forte emigrazione d’italiani, per Barga si dice testualmente “massiccia”, gente che iniziò a solcare le vie del mondo in cerca di quella fortuna, talvolta anche basilare, che la nuova Italia, il regno, non sapeva come garantirgli.
Nel testo del libro “Barga – La storia del Teatro dei Differenti”, a pagina ottantotto possiamo leggere come si visse in loco e cosa volle dire, in senso lato, per l’Italia l’emigrazione. (3) Lì si parla della commedia “La Vecchia Barga” scritta dal poeta Mario Mazzoni (Fornaci di Barga 1898 – Città di Guatemala 1940) e dal giornalista Alfredo Stefani (Barga 1883 – 1929), data al Differenti di Barga l’anno 1921, dove nei tre atti si vivono le sorti sociali di un paese. Il tutto visto retroattivamente di diversi anni ma anche attuale rispetto alla messa in scena, dove si coglie tra le righe e si parla di una società che ha ancora la testa al ricordo di un buon passato granducale, una Barga autentica realtà economica in tutta la Valle del Serchio, periodo che era stato chiuso con l’unità d’Italia. Dopo diversi anni, cioè nel momento della commedia, è sempre alle prese con il nuovo, a quell’agognata miglioria sociale, che questa benedetta Italia unita, da sessant’anni in qua, passata anche la Grande Guerra, non riesce a far riapparire, a tornare per il bene di tutti.
Si tratta a un certo momento, di una commedia nella commedia, infatti, ci sono dei giovani che si muovono sulla scena mentre stanno provando, le parti de’ “La Francesca da Rimini” in una sala di una villa di Albiano, non dicendo quale e neppure la padronanza ma si percepisce essere quella del senatore Antonio Mordini (1819-1902). Lui e la più che virtuale moglie (era morta nel 1872), come detto, senza si sappia chi siano, cioè, riconosciuti ma teatralmente anonimi, guardano il gran movimento e lo osservano preoccupati per la confusione nel grande salotto ridotto a tutto un sottosopra, ma si nota anche che un amore sta nascendo tra una loro figlia e un giovane, con il padre che brontola la moglie perché non si è accorta di quanto stia accadendo.
Eccoci poi al dramma della commedia, al senso di ciò che voglia dire e ci rappresenta, ossia, che l’amore, alla fin fine, dai genitori è accettato però riserva un passaggio crudele, perché il ragazzo, passato, il giovanile entusiasmo dovrà fare i conti con la vita vera e di come cavarsela, anche per tirare su una famiglia e nella commedia vediamo che l’epilogo al grande pensiero è uno solo: l’emigrazione, frutto specialmente creato dalla nuova Italia. A questo punto arriva sulla scena non un attore ma uno degli Autori che rende oltremodo drammatico e pulsante questo passaggio. È il poeta Mario Mazzoni (1898 – 1940), che recita il suo canto degli emigranti che devono lasciare l’amata terra e lontano la sognano, la poesia “Canzone a Barga”, che poi diverrà “Vecchia Barga”. La sunteggiamo nei punti topici:
“… Ma chi più ascolta il verbo ammonitore?
La vecchia Barga (n. d. r. preunitaria) à i focolari spenti,
la vecchia Barga lentamente muore.
O vecchia Barga, mentre il tempo sgrana,
per vie che san di muschio e di convento,
il suo rosario, placido a rilento,
al ritmo del tuo cheto agonizzare,
si sogna di lasciarsi addormentare
con quest’anima tua che s’allontana …
… Oh, vivi chiusa nelle rimembranze,
vecchia città che so tutta a memoria,
vecchia città che sai tutta la storia
de’ miei dieci e de’ miei venticinqu’anni,
che m’hai visto mutar d’età e di panni
come d’illusioni e di speranze …
Urge l’ora e sospinge nel tumulto,
lontano dal tuo blando romitorio, …
… Addio canzone del mio cuore anelo. … ”.
A questo punto la realtà trascende in ognuno e ha inizio il ritorno mentale, i più vecchi, a un vissuto del paese, narrato per i più giovani. La vita si sogna ancora ma ora lontano da Barga, quell’ideale culla cui magari far ritorno realizzati economicamente e il tutto si narra nella commedia e si accompagna ancora con le note dell’addio nella struggente “Serenata dell’emigrante” scritta da un Colognori, suonata e cantata lì sul palco e l’emozione scalda e strugge.
Ecco allora che il padre di quella figlia dà la morale a tutta la storia, quando si rivolge alla moglie con un pensiero grave di disappunto nel vedere questa Italia unita che non riesce ad aprire la via del benesssere ai diseredati, che per converso devono lasciare i paesi e avventurarsi lontano, che tornando, oltre che per le dure esperienze fatte, avranno perso anche quella gentilezza d’animo. Quest’ultima osservazione legata anche al passato ruolo di esseri umani docili a chi magari gli avrebbe affidato un podere per vivere. In tutta questa congerie di situazioni reali ed emotive, resta ferma nel suo dramma la parola “emigrazione”, che a ognuno costò e a qualcuno moltissimo, ma andiamo avanti, nel positivo che la stessa ci offre. (continua)
Pier Giuliano Cecchi
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(1) “1492 – 1992: L’anno di Colombo”. Il Giornale di Barga, Supplemento al n. 501, del gennaio 1992.
(2) Bollettino del Ministero di Agricoltura, Industria e Commercio; Anno X, Serie A, Volume I (1° semestre 1911) – Roma Stab. Tip. Della Società Editrice Laziale, 1911. Pag. 771, parte: Società di mutuo soccorso – Autorizzazione ad acquistare.
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Vedi anche su questo sito. Passeggiando tra aspetti pubblici di Barga: arte e memorie collettive. Note Canteo e la quarta caravella della Sala C. Colombo. (sedicesima parte) – 9 aprile 2022. Di Pier Giuliano Cecchi.
(3) Pier Giuliano Cecchi: Barga. La storia del Teatro dei Differenti. 2023.
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