Perché la fine dell’estate è così bella? Perché è calda di malinconia e contiene sempre sogni nuovi.
Vivo in questi giorni di rientro una pigrizia dolcissima, ma con un retrogusto amarognolo. Alla fine dell’estate è come se dovessi affrontare un processo di mutamento. È come se insieme all’abbronzatura andasse via la vecchia pelle. Mi ritrovo sempre confusa e pigra, ho tanta voglia di ricominciare, ma non ho voglia di fare le cose piccole che si fanno ogni giorno. Faccio il minimo, risparmio energie. Sento la mancanza della Calabria, riconosco questo posto come mio, mi sento a casa, eppure non ho voglia di uscire, mi chiudo nel guscio, aspetto. Come fossi crisalide nel bozzo, sto. È un letargo strano, fatto di sogni lucidi, attese, pretese, illusioni, proiezioni. È sempre così, ma forse quest’anno di più. So che non è un male, non è un bene, è, forse, necessario, come sono necessari vento, pioggia e nuvole. E intanto, forse, come le nuvole cambio forma e colore.
Oggi tornare a scuola e interrogare studenti (non miei) che avevano da recuperare italiano è stato un piccolo viaggio, ho attraversato sorrisi inquieti come mare, sguardi pieni di vento forte, che misurano distanze e chiedono tempo. Mi sono, ancora una volta, innamorata e ancora una volta so che amare è una fatica.
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