C’è ancora speranza

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A dispetto delle cattive previsioni meteo, spalanco la finestra sullo spettacolo dei monti illuminati dal sole sullo sfondo di un cielo che più azzurro non si può.
Dopo una di quelle robuste colazioni che metterebbero di buon umore chiunque, esco nell’aria frizzante di questo mattino limpido come cristallo di Boemia mentre le case dormono ancora dietro le persiane chiuse come palpebre abbassate.
Con un lieve tocco sul pulsante d’accensione, il bicilindrico prende vita borbottando sommessamente e provocando lievi increspature sulla superficie del silenzio che avvolge la vallata.
Ruoto la manopola del gas e, come un gattone appena risvegliatosi dal sonno, la moto sembra guardarsi intorno e stiracchiarsi un po’ prima di muoversi sul serio.
Quando le ultime case di Bormio sono ormai alle spalle, il motore comincia a girare fluido e rotondo, segno che possiamo iniziare a divertirci…
Man mano che la strada sale inizio una leggera danza tra i tornanti che, alternandosi ai brevi rettilinei nei quali scaricare le marce, mi portano sempre più su.
Questa è l’andatura che mi piace tenere: fluida e senza strappi, abbastanza veloce da essere divertente ma che permetta anche di godere del paesaggio.
Dopo molti anni di mototurismo mi sento di dire che non c’è alcun passo di montagna che come lo Stelvio dia la netta sensazione di arrampicarsi in cielo.
Perso in questi pensieri, seguo il tortuoso nastro d’asfalto che si presenta in condizioni eccezionalmente buone e, man mano che attraverso le nuvole che cingono i fianchi della montagna, la luce del sole filtra sempre di più, accendendo i colori di questo paradiso alpino fatto di limpidi ruscelli, rupi aguzze e stretti canaloni perennemente imbiancati.
Passo davanti al bivio che conduce al Passo di S. Maria, attraverso il quale si entra in Svizzera nella valle dell’Engadina, e dopo una breve serie di curve arrivo alla meta.
Col piglio del conquistatore, mi fermo davanti al cartello per farmi il selfie che testimonierà la mia impresa ma, proprio mentre sono lì che gonfio il petto davanti all’obiettivo, un rumore ben noto colpisce il mio orecchio…
In un’atmosfera irreale, da dietro l’ultima curva sbucano lentamente due Vespini 50, uno bianco e l’altro di un improbabile rosa antico, stracarichi di bagagli!
Accompagnati dal caratteristico sound dei piccoli motori a 2 tempi (rivisti e corretti, si capisce…) e da alcune nuvolette di fumo azzurrino aromatizzate all’olio di ricino, mi sfilano accanto e si fermano a pochi passi da me.
Parcheggiati i mezzi, i due ragazzi iniziano a congratularsi a vicenda a forza di urla di gioia e grosse pacche sulle spalle.
Alla vista di quello spettacolo di sincero entusiasmo per l’impresa compiuta, il mio ego si sgonfia di colpo e, fattosi piccolo piccolo, corre a nascondersi da qualche parte.
Mi chiedono di fargli una foto e io, che non aspettavo altro, inizio a sparare domande:
«Di dove siete? Perché il Vespino? Quali modifiche avete fatto?»
Davanti ad una bella tazza di cioccolata fumante vengo a sapere che sono di Pescara, che hanno comprato a poco prezzo due ruderi di Vespa 50 e li hanno sistemati e aggiustati durante l’inverno, smontando e rimontando tutto da soli, sbagliando e imparando ogni cosa.
Finita la scuola, hanno intrapreso questo viaggio che nelle loro intenzioni, dovrebbe permettergli di vedere gran parte dell’arco alpino.
Coi loro minuscoli scooter possono muoversi lentamente solo sulle strade statali e per dormire, se non trovano dove piantare la tenda, improvvisano qualcosa sul momento con la beata sfrontatezza della loro verde età.
Altro che i miei alberghi prenotati, le manopole riscaldate e le altre sofisticazioni della mia moto… questo è il vero Mototurismo! Questa è l’Avventura che ti fa sentire vivo e ti porterai dentro per tutta la vita!
Dopo qualche altro minuto di chiacchiere ci salutiamo e, mentre si allontanano lasciandosi dietro una scia di giovinezza che profuma di sogni e miscela al 2%, mi viene da pensare che se ci sono ancora ragazzi disposti a sporcarsi e graffiarsi le mani per resuscitare dei catorci coi quali partire per vedere il mondo, forse c’è ancora Speranza!

P.S.
Il proprietario del vespino rosa antico ha tenuto a precisare che quel colore, causa di molte battute ironiche, è dovuto al fatto che, avendo finito i soldi, per verniciarlo gratis è stato costretto a mescolare gli avanzi di tutte le tinte che ha trovato da un carrozziere suo amico.

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