È uno di quei sabato mattina dedicati a fare la spesa e così accendo la moto e mi dirigo verso il supermercato mentre i raggi del sole cominciano a sciogliere le brume che si alzano dal Serchio e a scaldare la nostra valle.
Come spesso succede, ruotare la manopola del gas mi fa aumentare non solo i giri del motore ma anche quelli della fantasia e così, mentre la realtà sfuma in una dissolvenza cinematografica, vengo come assorbito in un’altra dimensione…
Il circuito di Abbazia, in Croazia, è passato alla storia come una delle piste più pericolose ma, come al Tourist Trophy dell’Isola di Man, per noi piloti d’altri tempi è perfettamente normale correrci sfidando quel vento che porta la sabbia in pista, rendendola così scivolosa e infida.
Consideriamo il rischiare la vita come un aspetto scontato di questo mestiere da uomini veri che quel fuoco che ci brucia dentro fin dalla più tenera età ci ha spinto a intraprendere.
Forse è proprio questo coraggio misto a incoscienza, questo vivere al massimo ogni giorno perché potrebbe essere l’ultimo, uno dei motivi per i quali si piace tanto alle donne: chissà?…
Su di noi hanno anche girato un film dal titolo emblematico: “I Fidanzati Della Morte”.
Ma ora non c’è tempo per queste cose, perché mi trovo qui, alla partenza della classe 500, a lottare contro i piloti più grandi di sempre e la tensione mi fa tremare i polsi mentre, nell’attesa del via, stringo nervosamente il manubrio della mia MV Agusta 4 cilindri.
Proprio quando il cuore non potrebbe battere più forte, la bandiera a scacchi si abbassa di colpo e tutti spingiamo le moto come forsennati mentre il rombo dei motori riempie l’aria che odora di benzina, di lubrificante e del salmastro che arriva dal vicino Adriatico.
Non ho una bella partenza e numerosi concorrenti mi sfilano anche dalle retrovie ma, quando ormai allo stremo, riesco finalmente a mettere in moto tutto inizia a succedere in fretta.
A costo di qualche rischio, nel tratto serpeggiante del Nurburgring riesco a sorpassare buona parte del gruppo e mi metto in caccia dei primi.
Nella salita che porta a Bray Hill, nell’Isola di Man, sfrutto la maggiore potenza del mio motore per avere ragione di Paul Smart e Jack Findlay.
Il primo è uno davvero tosto da mettere dietro, ma per il secondo ho un grande rispetto perché, oltre a essere molto veloce, per vivere nel suo modo un po’ naïf ha scelto di non guidare per case ufficiali rifiutando soldi e comodità.
La sua grande roulotte è sempre piena di amici e insieme abbiamo preso delle sbronze memorabili!
Nella discesa verso Creg-Ny-Baa sorpasso Phil Read e poi raggiungo Renzo Pasolini; la sua Benelli ha sempre avuto una manciata di cavalli in meno della mia MV e lui lo sa bene.
Prima della staccata ci guardiamo negli occhi e nel suo sguardo occhialuto e dolcemente triste mi sembra di scorgere la consapevolezza di quello che sarà il destino suo e di Saarinen in quel terribile pomeriggio a Monza.
Ormai la mia rimonta è inarrestabile e i 140 decibel che escono dai miei tubi di scarico terrorizzano gli scoiattoli del bosco di Imatra, facendoli sparire nelle loro tane sugli alberi.
Al Tamburello di Imola, una leggera semicurva da affrontare sul filo dei 280 km/h, io e il leggendario Mike Hailwood ci sfidiamo carena contro carena con la gente che trattiene il fiato.
Mentre ci avviciniamo rapidamente alla curva della Tosa il suo ghigno furbastro è quello di uno che non molla mai.
Scalo in rapida successione dalla sesta alla prima e, domando la ruota posteriore che scalcia impazzita verso l’alto, riesco a mettermelo dietro nel tripudio di tutta la collina!
Chi non ha mai sentito una MV Agusta staccare rabbiosa in questa curva non sa cosa sia il motociclismo.
Ora me ne rimangono soltanto due: uno è il Mito e l’altro ha la moto più dannatamente veloce che ci sia.
Al famoso salto del Ballaugh Bridge, Agostini, col suo stile inimitabile vola come un angelo ma io, cattivo come non mai, riesco a infilarmi tra lui, il marciapiede e l’angolo dell’ufficio postale!
Lo spigolo del muro mi lacera la tuta sulla spalla destra ma non ho tempo di pensarci perché noi piloti di una volta siamo fatti così: una smorfia e via!
Di raggiungere Barry Sheene sul lunghissimo rettilineo di Le Mans non se ne parla proprio perché la sua Suzuki è un missile imprendibile, così mi accuccio dietro il cupolino cercando di restare nella sua scia nell’attesa di tempi migliori.
Infatti, nel famoso “ricciolo” di Assen la maggiore stabilità della mia moto mi permette di raggiungerlo e superarlo in un brusco cambio di direzione.
Esco dall’ultima curva e, nonostante la sua disperata rimonta, taglio il traguardo per primo in uno sventolio di bandiere!
Al termino del giro d’onore rientro nel box della MV dove vengo festeggiato dal capomeccanico Fanali, dal grande progettista Arturo Magni e perfino dal conte Agusta in persona che mi viene incontro sorridendo.
Mentre sono sommerso da microfoni, abbracci, pacche sulle spalle e promettenti sorrisi di belle ragazze, dagli altoparlanti del circuito una ben nota voce femminile mi gela il sangue:
«PRENDI ANCHE IL DASH, CHE È IN OFFERTA!!!»
Lascia per primo un commento
Lascia un commento