Qui come a sud

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La latitudine si è annullata da sé, è bastato non chiudere quella linea curva che chiamiamo cuore, osservare le case, le finestre chiuse, le tende ricamate, i ciclamini sul davanzale. Sono bastati pochi passi per compiere un miracolo e sentire in gola il gusto fresco delle voci mute che non sento più.

Qui come a sud, i balconi si affacciano sul tempo già trascorso, raccontano storie di ruggine e vento e mi lasciano sempre col cuore un poco amaro.
Eppure, qui come a sud, si può ritrovare la chiave segreta di una felicità piccola, senza pretese, semplice come i vecchi di paese, quelli che guardo con tenerezza e simpatia, perché mi insegnano a sganciarmi da questo tempo e ad affidarmi al sole, come si affidano i panni stesi o i fiori di campo.

Case e balconi, qui come a sud, raccontano storie senza inizio né fine, storie che girano su se stesse, di partenze e ritorni, attese, nostalgie, speranze. Non conosco nessuna casa che non abbia conosciuto lo strappo di inevitabili separazioni. L’estate, ancora lontana, per me è la stagione del ritorno che rammenta e rammenda, spera e dispera, si abbandona al vento e al sogno lieto di una parentesi breve, fatta di oblio e memoria, ozio e malinconia, gioia e disillusione.

Eppure, a sud come qui, non raccolgo altro che fragili fotogrammi di vecchi seduti davanti casa, panni stesi al sole, gerani alle finestre, basilico sui balconi. Raccolgo la mia immagine riflessa negli specchi, mi sento estranea a me stessa, non lo so cosa resta di me né qui, né a sud. Ovunque cambio pelle, mutano i pensieri e i sentimenti, si sovrappongono il passato al presente, divento un elemento effimero del paesaggio, una nuvola bianca, che, però, a tratti vorrebbe farsi tempesta.

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