Barga fa parte di me.
Ho messo radici anche qui e mi appartengono le vie del centro storico, i tramonti che illuminano la Pania, il grande cedro del Libano che mi accoglie quando vado al Duomo.
Queste righe le scrivo di getto, per dichiarare amore a un paese che adesso ha paura.
Ha paura di continuare a subire furti e di essere tradito e violato.
Oggi mentre passeggiavo, più volte, mi sono fermata a scattare piccole foto alle cose che avevo intorno, il mio continuo fotografare ha destato sospetti, io vivo qui da undici anni, ma ovviamente non tutti mi conoscono. Mi ha fermato una signora e mi ha chiesto chi fossi e cosa stessi fotografando, ho risposto serenamente e lei mi ha spiegato che il clima di paura a Barga è ormai saturo e si rischia di segnalare ai carabinieri chiunque stia scattando fotografie là dove i furti non sembrano finire sono sempre più temuti.
A me è tremato il cuore.
Alla domanda “Lei è di Barga?” mi è venuto spontaneo rispondere “Sì” e non credo di aver mentito.
È vero, io non sono di Barga, ma Barga mi appartiene.
Mi appartiene anche la paura che possa non essere più quel borgo incantato che mi ha preso il cuore undici anni fa. Eppure, io non voglio credere che una banda di ladri possa rubare l’anima di un paese, Barga è un paese gentile, sa resistere all’urto di un momento così fragile e saprà capire che il bene più prezioso che nessun ladro può rubare è nel senso di appartenenza a un paese sospeso fra gli Appennini e il mare, così bello da sembrare quasi una preghiera.
Intanto i miei occhi avevano catturato queste cose.
Doris Bellomusto
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