Quanti sono gli Ultimi dell’Anno che potreste definire memorabili? Secondo me sono pochissimi, anche perché abbiamo l’abitudine di caricare questa ricorrenza di così tante aspettative che, poi, diventa molto difficile non rimanere, almeno in parte, delusi.
È una di quelle occasioni in cui ci si deve divertire per forza, o almeno fingere di farlo, e come diceva il nonno Giulio «Per forza un si fa gnanco l’aceto!».
Però c’è un Ultimo dell’Anno che non dimenticherò mai e che, proprio perché assolutamente inaspettato e fuori da ogni programmazione, mi torna sempre alla mente ogni volta che, passato il Natale, dicembre volge al termine distillando i suoi ultimi giorni.
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Dopo un duro Corso Ufficiali facevo da poco il militare ad Alessandria in qualità di Sottotenente e, da ultimo arrivato, non era pensabile che potessi ottenere una licenza per le feste di Natale.
Insomma, tra la nostalgia di casa, che in questo periodo si faceva sentire più forte, e le difficoltà nel comandare soldati di ogni genere, carattere e provenienza, non me la passavo bene.
Potete immaginare la mia sorpresa quando nel primo pomeriggio del 31 dicembre venni convocato al comando di battaglione, dove mi venne consegnata una licenza di quattro giorni!
Represso l’impulso a chiedere se ci fosse stato un errore, scattai nel più perfetto saluto militare con tanto di sbattimento di tacchi e corsi via talmente veloce che entro mezz’ora imboccavo già l’autostrada col mio fido “cinquino” di seconda mano che, con un certo umorismo, avevo battezzato Lampo Bianco.
Era una “cinquecento” bianca con gli interni rossi e col contakm che aveva fatto il giro già un paio di volte ma che reggeva ancora assai bene, con punte di velocità che nei giorni propizi sfioravano anche i centodieci km/h.
Prima di mettermi in viaggio avevo telefonato a casa e alla mia ragazza e, per non perdere tempo, ero partito senza cambiarmi, cosa che si rivelò provvidenziale.
All’altezza di Sestri Levante un grosso incidente bloccava il traffico e, nonostante il prodigarsi dei carabinieri e dei poliziotti, non si sapeva quando sarebbero arrivati i carri attrezzi per liberare le corsie.
Senza ripensare al fatto di essere in divisa, scesi dalla macchina e chiesi educatamente al carabiniere più vicino, un appuntato che poteva avere l’età di mio padre, quanto prevedesse che si sarebbe rimasti bloccati.
«Comandi Signor Tenente! m’informo subito!»
Mentre ancora non mi ero ripreso dallo stupore, tornò insieme a un maresciallo che, dopo un perfetto saluto militare fatto più alle stellette che brillavano sulle mie spalle che a me, che ero ancora un ragazzo, volle sapere il motivo del mio viaggio.
Saputolo, sparò alcuni ordini secchi che ebbero il risultato di far aprire un piccolo varco nel quale il Lampo Bianco passò a malapena tra i saluti e gli auguri dei tutori dell’ordine.
Inutile dire che da quella volta viaggiai sempre in divisa…
Arrivai a sera inoltrata, trovando una Fornaci imbiancata da una decina di cm di neve.
Un breve giro per gli auguri e per programmare la serata: col mio migliore amico del tempo e le nostre ragazze decidemmo di andare al Concorde, la nuova megadiscoteca aperta da poco a Chiesina Uzzanese dove l’attrazione della serata sarebbe stato quel Riccardo Cioni la cui trasmissione radiofonica “D.J. Full Time” seguivamo rasentando il fanatismo, tanto che i miei amici mi registravano le cassette che avrei ascoltato in caserma.
Dopo una lunga doccia ristoratrice e un’inaspettata cena in famiglia, col caminetto che bruciava allegramente legna su legna, mi preparai per uscire.
Alle dieci di sera in punto partimmo da Piazza IV Novembre, col Lampo Bianco che non sembrava accusare la fatica degli oltre duecento km già percorsi; colpito da un insolito attacco di preveggenza mi ero portato una bottiglia di spumante, che non si sa mai.
Alla curva del Rivangaio, poco prima di Sesto di Moriano, i miei occhi increduli videro che alcune macchine erano slittate sulla strada ghiacciata e la scena era illuminata dalle luci delle auto dei carabinieri e di un paio di ambulanze…
«Non ci credo! Ci risiamo!…»
Stavolta non ero in divisa e anche se scesi a mostrare il tesserino nessuno ci aprì un varco per passare.
Eravamo bloccati in una scena in cui il ghiaccio ammantava ogni cosa, riflettendo i bagliori dei lampeggianti, mentre il tettino in tela del Lampo Bianco faceva passare uno spiffero gelato che ci mozzava le orecchie.
Ogni tanto provavo ad accendere il motore per far funzionare il rudimentale riscaldamento che ben presto saturava l’abitacolo di aria pestilenziale costringendomi a scegliere il freddo alla morte per intossicazione.
Come Dio volle ripartimmo ma, ormai, eravamo in netto ritardo per raggiungere la discoteca prima della fatidica mezzanotte.
Forzai l’andatura per quanto il “Cinquino” e le condizioni della strada mi permisero ma alle 23, 55 eravamo ancora persi in un dedalo di viuzze dentro Chiesina Uzzanese mentre, in lontananza, le luci del Concorde rischiaravano il cielo; non ce l’avremmo mai fatta!
«Ah, si?… Tutti fuori!!!» gridai, bloccando di colpo la macchina davanti a una villetta nel cui giardino brillava un bell’albero di Natale e da una grande vetrata si vedeva che c’era una festa in corso.
Con gli altri tre che mi guardavano come se fossi di colpo impazzito, mi avvicinai al cancello della villetta con la bottiglia di spumante in mano e suonai il campanello.
Neanche il tempo di pensare a qualcosa da dire che si affacciarono sulla porta alcune persone che dopo un breve attimo di sorpresa…
«Benvenuti ragazzi! Entrate… entrate che fa freddo!»
Increduli, venimmo scortati al centro del salone dove il conto alla rovescia era ormai agli sgoccioli…
5 – 4 – 3 – 2 – 1…BOOOM!!!
Armeggiando come un forsennato riuscii a far partire il tappo della mia bottiglia insieme a quello delle altre, in un’apoteosi di baci, abbracci e auguri urlati a squarciagola e tutti ci circondarono di sorrisi e pacche sulle spalle sommergendoci di un affetto tanto inatteso quanto pieno di calore umano.
Ognuno di noi quattro venne preso in consegna da una signora che si era assunta il compito di rimpinzarci di tutto il bendiddio che stava su una lunga tavola finemente addobbata e non ci fu verso di rifiutare.
Vollero sapere tutto di noi e come mai ci trovavamo proprio lì, in quella che era sicuramente la situazione più strana per ciascuno dei presenti.
Ascoltate le nostre storie, la padrona di casa, una bella signora alta ed elegante, affermò con decisione:
«È la Provvidenza che vi ha mandato a portare gioia in questa festa di vecchi un po’ tristi!»
Venne aperta la ribaltina di un pianoforte, da qualche parte saltò fuori una chitarra e iniziò la festa più incredibile del mondo nella quale non mi risparmiai di certo.
Come se ci fossimo conosciuti da sempre, ballavamo, ridevamo e scherzavamo con una naturalezza che ci lasciava stupiti e felici nel più profondo del cuore.
Nessuno di noi quattro ripensò minimamente al Concorde e quando iniziarono i lenti mi ritrovai a ballare con la signora che ci aveva accolto con tanta gentilezza, che mi sussurrò piano
«È stato un anno terribile ma ora è finito… grazie per averci portato allegria»
Sentendo una delle sue lacrime scivolarmi sulla guancia fino al colletto della camicia rimasi senza parole e non trovai di meglio che stringerla forte con gli occhi lucidi.
La serata andò avanti fino a quando le prime luci dell’alba misero fine a qualcosa che ancora oggi non saprei definire con termini diversi da Pura Magia Irripetibile.
Mentre il Lampo Bianco risaliva la vallata, i suoi assonnati occupanti si guardavano l’un l’altro indecisi se credere o no a quello che avevano appena vissuto.
Con questo racconto, forse un po’ troppo lungo, auguro a Voi tutti un Anno Nuovo che vi porti tanta salute e serenità.
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