All’Alpe

-

Il cielo azzurro, la neve sui monti e la moto che scalpita in garage… il richiamo è di quelli che non si possono ignorare, così indosso il giaccone, il sottogola, calzo i guanti e via.
Uscendo dal paese mi viene in mente la canzone “The last good day of the year”* dei Cousteau e penso che, per quest’anno, oggi potrebbe essere davvero l’ultimo giorno buono per andare in moto.
Dopo Loppia, proprio come dice uno dei versi della canzone, un fastidioso spiffero mi s’insinua giù per il collo come uno spiritello beffardo che si diverte a darmi i brividi, e se sul momento faccio finta di nulla, dopo qualche curva mi devo proprio fermare perché non lo sopporto più.
Sistemati per bene gli indumenti, dello spiffero non avrò più notizie per tutto il giorno.
Oltrepassata Barga, col suo duomo che domina la scena dall’alto, inizio ad arrampicarmi verso l’Alpe, come da queste parti chiamiamo il nostro appennino.
Da un gruppo di case isolate mi viene incontro un bastardino che scodinzola festoso e, pensando alla grande quantità di razze diverse che si saranno dovute incrociare per produrre un tipetto così buffo, mi ritrovo a sorridere dentro il casco.
Dopo avergli fatto qualche carezza che gli arruffa il folto pelo, ricambiata da un uggiolio contento, con una leggera torsione del polso accelero dolcemente per non spaventarlo e lui rimpicciolisce negli specchietti fino a scomparire.
La strada inizia a salire e a farsi divertente, mentre un panorama conosciuto, ma ogni volta nuovo, si squaderna davanti ai miei occhi che se lo bevono avidi.
A volte penso che, nonostante qualche annetto, anche la mia moto sia un cucciolo di quelli vivaci e i cuccioli, si sa, ogni tanto vanno fatti sfogare.
Allora, visto che la strada è deserta, esco dai tornanti spalancando il gas, gustandomi il ruggito del motore e la forte spinta in avanti che mi arriva nella schiena e mi fa divorare i brevi rettilinei in un attimo.
All’uscita di ogni curva le cime imbiancate sono sempre un po’ più vicine, tanto che mi sembra quasi di poterle toccare.
Qualcuno ha acceso un fuoco e il caratteristico odore di legna buona che arde mi arriva fin dentro il casco, solleticandomi piacevolmente le narici, mentre passo accanto ad alcune cataste i cui tronchi, sistemati con grande maestria, parlano del lavoro sommesso e tenace di gente che ancora tiene a quello che fa.
Sfreccio davanti al bivio per la casa della Lucia, che d’estate mi rifornisce di impareggiabili mirtilli, e getto uno sguardo alla mia sinistra: la distanza e la prospettiva fanno sì che mi sembra di dominare le vette delle Apuane che, ognuna col proprio sbuffo bianco di nuvole, si stagliano contro un cielo blu cobalto.
A Renaio decido che mi sono meritato qualcosa di caldo e così, mentre i cilindri si raffreddano ticchettando in un silenzio che sembra stringere il mondo in un morbido abbraccio, entro nel bar della Franca e ordino un bel tè caldo.
Nonostante la mia resistenza, mi ritrovo coinvolto in una briscola con gente che la sa molto più lunga di me e conta i punti, le carte passate e sembra perfino indovinare cosa ho in mano.
Mentre tutti si scolano dei robusti poncini e il mio compagno mi guarda di sottecchi scuotendo la testa ogni volta che porto alla bocca la mia tazza fumante, la partita volge rapidamente al termine con un tre a zero per gli avversari che non ammette repliche.
È ora di andare e mentre esco dal bar salutato calorosamente il mio orecchio capta un
«Che ti volevi aspetta’ da uno che beve il tè!..» detto a mezza voce da colui che ho trascinato nell’onta della sconfitta.
Mi tuffo giù, verso Val di Vaiana, in quella ripida discesa che attraverso boschi di maestosi castagni mi farà arrivare fino a valle, ma devo stare attento perché la strada è piena di foglie secche che nascondono i danni fatti dalle recenti piogge e cadere sarebbe un attimo.
Nonostante ciò, scendo allegramente gustandomi l’accucciarsi della moto quando le pinze dei freni mordono i dischi e il successivo distendersi della forcella quando accelero di nuovo.
Una breve sosta sul ponte per guardare la Corsonna che, finalmente, ha ritrovato la sua acqua e poi riparto alla volta di casa, dove giungo un po’ intirizzito dal freddo della sera.
Oggi avrei anche potuto starmene al caldo, magari a leggere un buon libro, ma adesso non mi sentirei così assolutamente in pace col mondo.
Domani laverò per bene la moto, la coprirò col suo telo e ci rivedremo a primavera.

 

(*) https://youtu.be/66W0D7HMD0E?feature=shared

 

 

Lascia per primo un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.