Non si sa mai

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15 Agosto 1945

Quando gli altoparlanti di bordo gracchiarono la notizia che tutti attendevano da tempo, l’incrociatore leggero Phoenix della marina degli Stati Uniti d’America navigava al largo dell’isola di Yaku, immerso nell’onda lunga del Pacifico.
Il Giappone si era arreso… la guerra era finita!
La tensione di mesi e mesi di guardie sfibranti, di combattimenti sanguinosi e di sonni convulsi esplose in un comune grido di giubilo che scosse la nave e arrivò fino alle poche nuvole che punteggiavano l’azzurro cielo dell’estate asiatica.
Nel tripudio generale nessuno udì la voce dello speaker che, a fine messaggio, raccomandava di non abbassare la guardia perché c’era la concreta possibilità di sporadici attacchi da parte di irriducibili o di chi, semplicemente, non era stato raggiunto dagli ordini di cessare le ostilità.
Marinai di ogni ordine e grado si riversarono sul ponte che, in breve, si riempì di risate, abbracci, pacche sulle spalle e cappelli che volavano in aria.
In un angolo, dietro la torre numero due, qualcuno piangeva in silenzio perché per la prima volta si concedeva il lusso di pensare che sarebbe davvero tornato a casa.
I cuochi vennero messi sotto pressione e dalle cucine uscirono a getto continuo centinaia e centinaia di brioches fragranti e profumate.
Sotto lo sguardo bonario e divertito degli ufficiali superiori aveva luogo l’apoteosi da ognuno lungamente sognata e tutti vi prendevano la propria meritatissima parte.
Quasi tutti.
Il capo di seconda classe Henry Mitchell comandava una postazione di mitragliatrici contraeree Oerlikon da 20 mm e, a causa del suo carattere diffidente, era antipatico agli altri sottufficiali e mal sopportato dagli uomini della sua squadra.
Veniva dalle sterminate pianure dell’Iowa, dove era cresciuto imparando sulla propria pelle che in qualunque momento uno scherzo del destino può distruggere il raccolto e mettere una famiglia alla fame.
Per questo era refrattario agli entusiasmi, diffidente e meticoloso in maniera quasi ossessiva e più degli altri pari grado teneva sotto pressione i suoi uomini con verifiche di funzionamento ed esercitazioni improvvise.
Le lettere iniziali del motto che ripeteva sempre e che sembrava guidare la propria esistenza, “You Never Know (non si sa mai)”, erano ben presto diventate il suo soprannome di bordo e lui era ormai conosciuto da tutti come YNK.
Anche adesso, resistendo ai ripetuti inviti a unirsi ai festeggiamenti, se ne stava ostinatamente appollaiato sul sedile di una delle mitragliatrici binate della sua torretta a scrutare un cielo perfettamente sgombro.
Intanto, giù sul ponte, l’improvvisata festa andava avanti con crescente entusiasmo e molti marinai, anche un po’ alticci, presero a rivolgergli grida di scherno e compatimento che lui ignorava scuotendo il capo con disprezzo.
Il fotografo di bordo veniva continuamente subissato di richieste perché tutti volevano un’immagine che ricordasse quello che sarebbe stato il giorno più indimenticabile della loro vita e fu proprio lui che, cercando di mettere a fuoco l’ennesimo gruppo di smorfie e sorrisi, si accorse di un piccolo puntino alle loro spalle che s’ingrandiva velocemente.
«Kamikaaazeee!!!» urlò con quanto fiato aveva in corpo.
Il grido paralizzò di colpo tutti i festeggiamenti e centinaia di occhi si puntarono su quell’aereo che, ormai quasi a perpendicolo sulla nave, iniziava la sua picchiata come l’inappellabile sentenza di un destino cinico e crudele.
La Phoenix si era fatta trovare completamente impreparata e, ormai, non c’era più tempo per fare nulla.
Nel terribile rombo del bombardiere lanciato a capofitto l’equipaggio se ne stava atterrito come in un tragico fermo immagine, mentre tutti i sogni accarezzati fino a pochi attimi prima si frantumavano in mille pezzi.
I più chiusero gli occhi aspettando con disperata rassegnazione l’impatto imminente, quando la contraerea manovrata dal capo Mitchell sgranò il suo rosario di morte, trasformando l’aereo di quel povero pazzo suicida in una tonante palla di fuoco i cui rottami caddero appena fuori bordo in un ribollire di schiuma.
I marinai, increduli, dapprima si guardarono intorno e poi sciamarono esultanti verso la torretta, prelevarono di peso un recalcitrante YNK Mitchell e lo portarono in trionfo.
Ognuno voleva festeggiare, toccare e congratularsi con l’eroe che aveva appena salvato la nave e le loro vite ma, anche mentre veniva lanciato in aria tra le grida di giubilo dell’equipaggio, la mano di lui non smise mai di serrarsi sulla tasca dove teneva il portafoglio.
Tutti bravi ragazzi, pensava, ma… You Never Know!

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