Il mio campione

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Vittorio Adorni era il mio ciclista preferito, forse perché si chiamava come lo Zio Vittorio o, forse, perché lo vidi arrivare primo in una corsa trasmessa in TV e durante l’intervista mi rimase simpatico… vai a sapere cosa scatta nella mente di un bimbo di sei anni!
Ripensandoci, anche il fatto che corresse per la “Salamini Luxor” e che il suo gregario di fiducia fosse un certo Mazzacurati, due nomi assai particolari, deve aver influito in qualche misura.
Fatto sta che, resistendo alle molteplici pressioni di chi voleva che tenessi per Bitossi “perché era toscano” lo elessi come mio eroe del pedale.
Non era certamente il più forte ma, in un epoca dominata da Merckx e Gimondi, ha saputo comunque vincere un Giro d’Italia, un Campionato del Mondo e molte altre corse classiche.
Potrei anche chiuderla qui ma, siccome ho sempre quella maledetta voglia di raccontare le cose, vi dirò cosa avvenne nel settembre del 1968…
Nella pensione Tropical di Rimini, la voce della radio si fa largo tra i tipici rumori di decine di colazioni e annuncia che nella pista di Imola, poco distante da noi, sta per partire il campionato del mondo di ciclismo.

«OGGI VINCE ADORNI!!!»

mi fa urlare il mio entusiasmo di bimbo, e tutti si voltano verso di me guardandomi tra il sorpreso e il divertito.

«Che ne vuol sapere di ciclismo quel bimbetto li?! C’è Merckx e vince lui!»

dicono gli sguardi carichi di scetticismo dei vacanzieri, prima di dare inizio a un’altra pigra giornata di sole, mare e vita di spiaggia.
Sia quel che sia, quel giorno la mia pallina con l’immagine di Adorni era imbattibile e vinceva sempre, disegnando traiettorie impossibili su tutte le piste di sabbia umida, tanto che mi ero fatto un bel gruzzolo di palline vinte agli altri bimbi, anche a quelli più grandi.
Motta, De Vlaeminck, De Rosso, Dancelli, Janssen, Bitossi, Rudy Altig.
Con tutti questi corridori che mi ero guadagnato potevo quasi organizzare un giro d’Italia da solo!
Verso sera, rientrando alla pensione col mio ingombrante sacchetto di palline vinte, anche le persone grandi mi sorridevano e davano pacche sulle mie esili e ossute spalle nello stupore mio e dei miei genitori.
Dopo qualche attimo di sorpresa alzai gli occhi verso il televisore che stava, alto, in fondo alla sala: c’era Adorni che, con le braccia al cielo, indossava la maglia iridata di campione del mondo perché aveva vinto la corsa con un’incredibile fuga di novanta km, dando enormi distacchi a tutti!
La mia gioia esplose in un incontenibile

«LO SAPEVOOO!!!»

che venne sentito in tutta la pensione Tropical e, sicuramente, anche in quelle vicine…

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