Quando penso alla mia gioventù in Fornaci Vecchia, scriverei senza fermarmi mai; mi tornano in mente mille ricordi, rivedo persone, ricordi che mi passano davanti, la mia Fornaci Vecchia, il mio mondo bambino! Non c’erano solo negozi, alimentari, barbiere, fruttivendolo, calzolai, lavanderia, bar… c’era il nostro Stadio, piazza della Chiesa: lì oltre a partite infinite, con le ginocchia sbucciate, con il sangue che scendeva fino ai calzini, da lì partivano mille giochi. Poi avevamo il nostro “mare”: la Loppora! Quante volte ci siamo andati a fare il bagno, a pescare a mano, sì a mano; mettevamo le mani sotto i sassi, con delicatezza e qualcuno poi, io no, tirava fuori un pesce. Anch’io una volta tirai fuori un pesce: ero talmente contento che lo misi in un barattolo e lo portai a casa; il mi’ babbo, che non voleva che andassi al fiume, quando lo vide mi chiese dove l’avevo preso e io non potevo dirgli che lo avevo comprato “nella Loppora”. Allora “calcio nel culo”, ma con il sorriso, come a dire:
– “Come sei bischero, Valter perché l’hai portato a casa?”.
Il mi’ babbo, Salvatore, la sua vespa… poi arrivò la macchina: un’Opel Kadet SV. Come era felice! Con quella faceva consegne a domicilio delle cose che la mi’ mamma lavava in lavanderia e io andavo con lui.
Poi c’era il “Piano”. Era su per la via vecchia per Barga, ci abitavano il Luciano, il Giuseppe e il Paolo Biagioni, ma io ero più amico del Luciano. Facevamo i Fortini, che erano una specie di capanne e ci passavamo le giornate. Questi fortini dovevano servire per difenderci dagli attacchi di quelli di Fornaci Nuova, ma io non ricordo attacchi nemici, ricordo però che a un certo punto mettemmo anche le tendine alle finestre, eravamo guerrieri da pantofole! L’arco e le frecce le facevamo con le stecche degli ombrelli e mettevamo una penna di gallina all’inizio della freccia per darle stabilità, ma non serviva! Riuscivamo a colpire un albero da 3,4 metri poi la freccia prendeva strane traiettorie.
Poi c’erano le feste: per la Fiera di S. Antonio, quel giorno facevo km e km tra le 2 Strade e Piazza della Chiesa tra banchetti di vestiti, croccante; alle due Strade c’erano i maiali e io su e giù per la via, senza mai stancarmi. Ricordo che c’era uno che vendeva tappeti, lenzuola, roba per la casa, urlava, aveva un microfono legato al collo e diceva:
-“Non ve lo do per 100 neanche per 50 e nemmeno per 30, ve lo do per 10 mila lire”
e io stavo lì in mezzo ai grandi a bocca aperta a ascoltarlo.
La spada… ricordo la mia spada, una volta uscì di casa e proprio al primo banchetto di giocattoli la vidi lì appesa… una spada, quasi vera, di metallo, anche il fodero era di metallo, doveva essere mia, ma non avevo i soldi allora dovevo trovarli, prima che qualcuno la comprasse. Così di corsa dalle nonne: erano una garanzia, poi la mamma e il babbo. Dopo poco avevo i soldi, corsi al banchetto e… era mia… la spada di metallo quasi vera! Me la misi al fianco, sembravo un generale; c’era un problema però: era troppo lunga e il fodero, quando camminavo, strusciava in terra, ma chi se ne fregava, era la mia spada quasi vera, su e giù per la Fiera con la spada che strusciava in terra e se a qualcuno dava noia il rumore, non osava dirmelo, perché quel giorno ero il generale di Fornaci Vecchia.
Sant’Antonio… Erano colori, profumi, c’era tanta gente, Fornaci Vecchia era in festa. Ogni tanto in cielo un palloncino colorato, sfuggito alla manina di qualche bambino.
Quante patate ho sbucciato per la Festa della rovella! Con una macchinetta le facevamo a bastoncino per friggerle. Ricordo in Piazza S. Antonio gli enormi pentoloni che servivano per friggere le rovelle e le patate.
Poi la sera della festa, un mare di gente, in Piazza della Chiesa c’era un complesso che suonava, poi andando verso piazza del Begnamino nella piazzetta dove stava il Marco, il gioco del porcellino, tutte in cerchio delle scatole numerate e in mezzo una scatola con un porcellino
d’India, tu pagavi e sceglievi una scatola numerata; se quando il porcellino veniva liberato, si rifugiava nella scatola che avevi scelto, vincevi un premio; povero porcellino! Poi in piazza del Begnamino, un altro complesso che suonava e tanta gente che ballava, che mangiava rovelle e patate. C’erano poi le torte, fatte dalle donne di Fornaci Vecchia, la caccia al tesoro e ricordo che io e il Patrizio Giovannelli, fummo premiati perché eravamo la coppia più giovane che partecipava…
Lascia un commento