Helga

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Quella rivoluzione sessuale che, dopo aver attraversato tutta l’Europa, era finalmente arrivata nella cattolicissima Italia fece sentire i suoi effetti anche a Fornaci di Barga.
Da qualche giorno erano apparsi alcuni vistosi manifesti arancioni che avevano sconvolto il sonnacchioso tran tran del paese:
al Cinema Puccini sarebbe stato proiettato “HELGA”!
Quel film altro non era che un serio e ben fatto documentario sulla sessualità e la maternità realizzato in Germania, dove veniva proposto anche nelle scuole ma, a causa di alcune scene piuttosto esplicite ebbe un effetto dirompente sulla conformista e bigotta morale italiana dell’epoca.
Gli uomini, assumendo arie da “persone di mondo”, si davano di gomito e ammiccavano raccontando incredibili storie ambientate nella nordica Svezia che, al tempo, era considerata la patria di tutte le libertà sessuali.
Ognuno ostentava l’aria di chi la sa lunga e il fatto che la maggior parte di essi fosse uscita dal paese solo per fare il servizio militare era considerato irrilevante.
Le donne, invece, perfettamente allineate a quello che era stato insegnato loro fin da piccole, manifestavano una fiera indifferenza e volutamente ignoravano quei grandi manifesti che, incombendo col loro colore chiassoso, parlavano di cose impronunciabili che le facevano arrossire.
Insomma, la regola del “si fa ma non si dice” determinava certe dinamiche sociali senza ammettere deroghe di sorta.

Era uno di quei pigri pomeriggi d’estate in cui la calura sembrava appiccicarsi alle cose e anche il tempo pareva scorrere più lentamente del solito.
Sotto le grandi piante che ombreggiavano le Case Operaie le donne che non lavoravano in fabbrica contribuivano al bilancio familiare con vari lavori di cucito e chiacchieravano tra loro.
Poco distante, noi ragazzi eravamo concentrati in una furibonda partita a Monopoli, districandoci tra contratti di case e alberghi senza perdere d’occhio il solito furbetto che cercava di fregare i soldi alla banca.
D’un tratto, un suono lontano che cresceva d’intensità a ogni istante squarciò quella quiete calda e sonnacchiosa.

«NELLO SPLENDORE DEL TECHNICOLOR, IL CINEMA PUCCINI DI FORNACI È ORGOGLIOSO DI PRESENTARE… HELGA!!! AMORE E SESSO! SESSO E AMORE! RICORDATE: HELGA!!! AMORE E SESSO!…»

L’auto con gli altoparlanti a tutto volume avanzava lentissima e impiegò lunghi minuti per passare. Arrivata in fondo al paese, si girò e passò di nuovo per un tempo che parve infinito.

«IN CINEMASCOPE E IN PRIMA VISIONE ASSOLUTA DI ZONA… HELGA!!! AMORE E SESSO! SESSO E AMORE! RICORDATE: HELGA!!! AMORE E SESSO!..»

Come galaverna una gelida cappa di imbarazzatissimo silenzio era calata dall’alto e mentre gli ossessivi echi dello scandaloso messaggio sfumavano ormai in lontananza nessuna delle donne si azzardava a proferire parola.
Le particolari antenne dei ragazzi, sensibili specialmente a questo genere di cose, si allertarono facendoci subito perdere interesse nel Monopoli e, fingendo di continuare a giocare, ci sintonizzammo per bene sulla situazione.
Alla fine fu la Faustina, sempre una delle più al passo con i tempi, a rompere il silenzio e dire
«Io un ci trovo nulla di male. Il mondo deve anda’ avanti e se questo filme è una cosa fatta ammodo…”».
«Io invesce… un capisco…’he..bisogno…esc’è…di tutte.. ‘ste ’ose. I figlioli..in fondo..e son sempre..nati..lo stesso!»
Fece la Lilianona con la sua tipica parlata lenta e molto pistoiese.
«Ai nostri tempi? Si sarebbe diventate rosse fino alla punta dei capelli!»
Intrevenne la Rosi, mentre l’altra Liliana, simpaticissima, ridacchiava nello sforzo di soffocare una delle sue proverbiali battute fulminanti.
Andarono avanti per un buon quarto d’ora dividendosi in due fazioni, Progressiste e Conservatrici, finché si accorsero che noi ragazzi non ci perdevamo neanche una parola.
La Bianca, che fino a quel momento era stata in silenzio senza distogliere gli occhi dal ricamo, si alzò e disse
«Voi fate come vi pare… ma io, per ora, alla mi figliola gli do ma delle belle bistecche!»
E se ne andò, altera e dignitosa, tra l’approvazione delle Conservatrici e le smorfie di biasimo delle Progressiste.
Calò la sera e la notte portò consiglio.
Il giorno seguente trascorse come se nulla fosse accaduto ma, durante la consueta riunione del dopo cena al bar del Botteghino, tra una mano di briscola e un sorso di caffè, il Renzo Viti se ne uscì con questa battuta
«Ma mi dite, lassù alle Case Operaie, che gli è preso alle vostre mogli? Stamattina son venute tutte in bottega e un m’è rimasta più neanche una bistecca!»
Come un’improvvisa folata di vento, la rivoluzione sessuale soffiò su Fornaci ma del suo passaggio rimase traccia solo nell’incasso del giorno della Premiata Macelleria Viti Renzo…

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