Era una mattina di quelle che invitano a spalancare le finestre per fare entrare la primavera e, come al solito, la nonna Anita accese quella vecchia radio che era l’insostituibile compagna delle sue giornate.
Si trattava di un apparecchio a valvole e col telaio in legno da cui, quando le stazioni trasmettevano bene e l’astina della sintonia era centrata in modo preciso, le voci e i suoni uscivano con un tono caldo e pastoso che nessuna moderna radio a transistor potrebbe mai uguagliare.
Smisi di giocare perché la mia attenzione venne attratta da una voce un po’ gracchiante ma colma di autorevolezza.
Stavano intervistando Enzo Ferrari, quello che la macchinina rossa con cui mi divertivo sul tavolo di cucina la realizzava davvero e la faceva vincere sulle piste di tutto il mondo!
Tesi l’orecchio e ascoltai quella voce che sapeva di tanti anni e tante sigarette…
«Perché, vedete, il destino è una cosa strana e spesso ci pone delle scelte… Una volta ci venne fuori un motore da Formula Uno che invece di avere l’identica potenza degli altri suoi simili aveva quasi una trentina di cavalli in più e, benché fosse una cosa impossibile, era proprio lì che girava davanti ai nostri occhi.
All’inizio pensammo a un errore del banco di prova ma poi, ripetuto più volte il test con altri strumenti, dovemmo accettare il fatto che, per qualche strano motivo, quel motore era davvero più potente degli altri anche se non sapevamo il perché.
Cosa dovevamo fare? Tenercelo in serbo per una di quelle corse “da vincere assolutamente” o smontarlo per capire la causa di quella potenza inaspettata per poi replicarla sugli altri motori?
Siccome siamo dei tecnici, prevalse la seconda opzione: il motore venne smontato in ogni piccola parte ed esaminato pezzo per pezzo, controllandone con la massima cura misure e tolleranze, ma non riuscimmo a trovare niente di diverso dagli altri.
Lo rimontammo e con trepidazione lo provammo di nuovo al banco: i cavalli in più erano scomparsi e adesso si comportava perfettamente come i suoi simili.
A quel punto mi venne in mente il famoso proverbio “A caval donato non si guarda in bocca” ma, ormai, non si poteva più tornare indietro: il “Super Motore”, come avevamo preso a chiamarlo, era diventato un propulsore come tutti gli altri.
Sbagliammo nel non accettare quel regalo del Destino, facendolo indispettire per averci voluto guardare dentro invece che prenderlo com’era, ringraziare e basta? Ancora non lo so…»
Dopo tanti anni il ricordo di quella voce e di quelle parole è ancora scolpito nella mia memoria a ricordarmi che, a volte, la vita ci mette davanti a scelte che potremmo sbagliare anche agendo responsabilmente e in buona fede, ma anche che non possiamo tirarci indietro dal compierle perché chi decide di non scegliere ha già perso in partenza.
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