Storia del Teatro Differenti. Dopo la Restaurazione tra polemiche e rappresentazioni. (sedicesima parte)

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Restaurato il Granducato di Toscana l’attività del Teatro continua con i suoi appuntamenti, ma, va detto, che l’Accademia dei Differenti non avesse una vita interna tanto tranquilla. Delle piccole beghe, ma questo lo diciamo noi, mentre è possibile che per loro fossero anche grandi, inframmezzavano lo scorrere dei giorni. Specialmente interessavano gli equilibri padronali dello stabile e, si è detta altra volta, la quasi chiusura a nuovi ingressi nell’Accademia e quindi il progredire di una certa gelosia nella gestione del Teatro, poi, anche il controllarsi a vicenda degli uni sugli altri degli stessi accademici.

Oltre a queste cose interne da gestire c’erano anche quelle esterne che riguardavano la vera e propria gestione delle serate, il cui buon andamento a volte preoccupava, per certi personaggi irruenti che vorrebbero far da padroni in certe occasioni di spettacoli, magari cercando di passare in sala senza pagare. Questo accadde una sera di agosto del 1819 ma chissà quante altre volte, però questa la sappiamo perché ne fu interessato il vicario regio Ranieri Barbacciani.

Era domenica primo agosto e l’ispezione al Teatro per l’Accademia sarebbe toccata a Salvatore Menchi, però si dice che per “alcune indisposizioni morali” non gli fu permesso di andare e per lui fu presente Filippo Bertacchi. Come sappiamo è questo il ruolo spettante, per regolamento interno all’Accademia, al deputato serale, cioè, il controllo. Bertacchi è chi espone al Vicario Regio su ciò che accadde quella sera, ossia, che un certo Demetrio Rigali, “detto il Carnaccino”, si facesse lecito di inveire contro la “maschera” alla porta d’ingresso e contro l’impresario Francesco Colognori, possibile di Barga e ciò ci fa pensare che fosse uno spettacolo di una filodrammatica locale.

Il motivo non si dice ma parrebbe che Rigali avesse fornito qualcosa di suo per una recita, andando avanti ci pare di capire fosse uno strumento musicale, quindi, forzando la “maschera”, voleva passare gratis allo spettacolo e non convincendola, riuscendo ad arrivare in platea, giunto lì si “riportò via il violoncello”. Della faccenda il Bertacchi ne interessò due “famigli del tribunale”, gli sbirri, che ricercassero Rigali affinché riportasse indietro lo strumento. Questi, però, non furono i soli attori dello spettacolo fuori dal palcoscenico, perché ne conosciamo altri due “il figlio del Bernardini della Trina detto il Momo”, insieme al “figlio del Iaccheri del Giardino detto il Cappuccino”, i quali anche loro volevano forzare la “maschera” alla porta per passare senza pagare. Finisce la denuncia con la descrizione di ciò che fece “il Momo”, in pratica, “ardì di voler battere una manata di Paoli dieci sulla faccia della maschera.” (27)

Quello che emerge d’importante in queste beghe è ciò che in pratica si arriva a scrivere per illustrare l’accaduto e che in certi casi ci svela cose significanti circa l’aspetto del Teatro. Per esempio era accaduto nel 1810, epoca napoleonica, che due persone si fossero introdotte furtivamente nella casa bottega del legnaiolo Luigi Colognori, il custode del Teatro. Un atto che aveva un fine ben preciso, infatti, la sua casa confinava con il Teatro e anzi, da una porta, ci si poteva accedere, una cosa a lui molto comoda per svolgere la sua importante mansione affidatagli dall’Accademia, cioè, quella di vigilanza e altro. Quello che emerge da questo fatto è la conoscenza che il Teatro confinasse con delle case o una ben precisa del detto Colognori e anche di un Lugani, che non sapremmo dire di preciso dove fosse ma quasi certamente guardando l’ingresso allo stesso Teatro, nella parte in alto a sinistra.

Altra volta abbiamo una questione, siamo al 1814, circa il possesso di un palco, il numero otto al primo ordine, entrando in platea quello subito a sinistra, da cui si ha un’ottima visione del palcoscenico, quindi appetito. Qui per mesi, tramite avvocati e processo, anche d’Appello, si discusse se l’avvocato Pistoia avesse acquisito il diritto di padronanza del palco che con un Galgani, causa un debito tra i due, lo aveva scambiato con il suo che era al terzo ordine. Di mezzo ci si mise l’Accademia che non tollerava queste manovre tra possessori di palchi e lo faceva per non cedere poteri personali anche agli stessi accademici, viepiù se non lo erano, e tali scambi di proprietà, eventualmente, la stessa Accademia li voleva assolutamente sotto il suo diretto controllo come gestrice unica dell’intero immobile. Da ciò, dalle indagini e interrogatori, si sa che l’Accademia ordinò al custode del Teatro, il Colognori, di entrare nel palco con una scaletta dalla platea e così prendere possesso di esso in nome della stessa Accademia, con lo sfollamento dei mobili dell’Avv. Pistoia, che poi si viene a sapere, ciò che a noi interessa, fossero dei canapè, ossia, delle poltroncine in stile a più sedute imbottite, parimenti sedie e qualcos’altro. Ecco allora che con quanto accadde, la sua descrizione, ci possiamo fare un’idea, seppur approssimativa, di come si tenessero allestiti i palchi. Ancora, da queste denunce e processi si evince che l’Accademia avesse dei propri regolamenti che disciplinavano il modo di possedere tra loro i palchi, come per concessioni ad altri di quelli non padronali, scritte risalenti, adesso che siamo a questi 1814-15, addirittura all’anno della prima fondazione, ossia, al 1688-90.

Altro esempio di mutazioni di palco lo abbiamo, sempre in quegli anni, con Pietro Menghessi, che chiede di poter lasciare il suo che è il numero uno al primo ordine, ossia nella “barcaccia”, cioè, subito prima del palcoscenico e in cambio vorrebbe il numero nove al secondo ordine. Quello che lascerebbe, così come lui dichiara, potrebbe essere molto utile al deputato serale che controlla l’andamento del Teatro, forse con l’idea che da lì, come lo è veramente, potesse avere il controllo visivo di tutto lo stesso Teatro.

L’anno 1842 invece si parla di riformare gli statuti dell’accademia, cui devono partecipare gli aventi diritto e chi per inabilità non avesse potuto, delegasse, un diritto non concesso a chi fosse abile a partecipare, salvo reali e indiscutibili impedimenti. L’idea della riforma statutaria è dichiarata in una lettera diretta agli Accademici perché gli statuti sono ormai antichi e non rispondono più alle nuove esigenze. Per partecipare, però, gli Accademici devono essere in regola con i loro contributi annuali, senza nessuna deroga a quanto richiesto, persino le appuntature, ossia, le assenze ingiustificate.

 

Per rendere edotto il lettore circa le quote accademiche si riporta uno specchietto che riguarda il Dr. Scipione Bertacchi il quale aveva liquidato, circa dieci anni prima, ciò che doveva per essere ritenuto in regola.

Dare di Bertacchi Dr. Scipione all’Accademia de’ Differenti del Teatro di Barga.

1826 – Per tassa ordinaria e straordinaria £ 7, 10.

1827 – Per tassa ordinaria £ 3, 15.

1828 – Per tassa ordinaria £ 3, 15.

1829 – Per tassa ordinaria, con più due appuntature £ 9, 15.

1830 – Per tassa ordinaria e straordinaria £ 19, 10.

In tutto sono £ 44, 05.

A dì trenta dicembre 18trenta, dal sopraddetto Dr. Scipione ho ricevuto io il saldo del presente conto (…) Alessandro Verzani Camerlengo.

 

Gli inviti dell’Accademia, di solito, erano eleganti biglietti con cui, vedi immagine, l’Accademico Differente era invitato presentarsi a casa del Sig. Dott. Pietro Cardosi Mazzolini, Console dell’Accademia suddetta il dì ventuno maggio del 1829 alle ore dieci della mattina per trattare, ecc., alla solita pena mancando. Dott. Bartolomeo Guidi Segretario.

Sono questi gli anni in cui a Barga rinasce anche “L’accademia Bargea” in onore del Bargeo, il poeta di Barga Pietro Angeli, che tanto fece dire di sé nel corso del secolo XVI, uno dei massimi letterati nel suo tempo in tutta l’Italia.

Come si è già posto in evidenza, è possibile che fosse stata già in essere nel corso del secolo XVII un’Accademia, dedicata a onorare il nome di Pietro Angeli Bargeo, e che ora, anno 1819, rinasce grazie a Ranieri Barbacciani che fu vicario di Barga dal 1815 al 1819. È lui stesso che lo scrive in un suo libro. (28)

 In quel libro ci dice Barbacciani che “In onore del Bargeo e delle sue Letterarie Conversazioni fu da me restaurata l’anno 1819 un’Accademia di Scienze, Lettere e Arti nella culta Terra di Barga, nella quale a mie cure eransi ascritti … molti Insigni Letterati d’Italia.” Secondo quanto racconta l’ex Vicario Regio di Barga, era stata fornita di Capitoli approvati dal Governo e se avesse continuato, le sue sedute sarebbero state di buon giovamento a Barga e alla sua gioventù studiosa.  Questo si dice l’anno 1845, data della pubblicazione del suo libro.

L’esistenza di quest’Accademia si trova anche in una Gazzetta di Firenze, la n. 33 del marzo 1819, in cui si ricorda in tal senso l’impegno del citato Barbacciani, secondato dal Gonfaloniere della Comunità Antonio Giannelli che ne fu il presidente. Lì si apprende che le adunanze erano almeno quattro l’anno: 15 febbraio, 15 maggio, 1° agosto e 15 novembre e il segretario fosse il già incontrato avvocato Giovanni Domenico Pistoia. Altra memoria di quest’Accademia è sempre sulla Gazzetta di Firenze n. 49 dell’aprile 1825, dove si nota che in Barga si ebbero festeggiamenti per il parto della Granduchessa di Toscana, con un solenne Te Deum con musica nel Duomo, mentre la sera fu la volta dell’Accademia e della Banda strumentale.

Quanto si è detto è per far capire l’impegno culturale che si respirava in Barga, al tempo in cui era attivo anche il Teatro dei Differenti. Si parla di due Accademie: la Differenti e la Bargea, poi, come si è già ricordato, dal 1823, grazie a dei facoltosi privati, ha preso avvio una Banda che inizia ad allietare e a rendere maggiormente emozionanti certi appuntamenti paesani. Altro corpo musicale, seppur minimo, lo avesse, con l’ausilio anche di un organo, l’Opera di San Cristofano che sovrintendeva al Duomo. Poi c’era anche una filodrammatica che metteva su degli spettacoli che poi andavano in scena al Teatro. Inoltre, come già osservato nel presente lavoro, era nata nel 1795, con tanto di Statuto, anche un’Accademia Musicale. Ovvio osservare e dire che non siamo in grado di offrire al lettore un minimo di resoconto di ciò che si riuscisse a produrre con queste associazioni e sino a quando, cioè, da parte di tutto questo insieme di attività, comunque occorreva segnalare ciò che si è detto. Naturalmente per il Teatro e la sua Accademia, diremo ancora molte cose che seppur in modo non similmente organizzato (oggi il Teatro è Comunale) arrivano sino al presente anno. Parimenti per la Banda che, seppur con almeno una temporanea pausa, ricorrano questo 2023, i duecento anni dalla fondazione, appunto, anche di questa si potrebbero dire diverse cose e magari lo faremo se riusciremo a organizzare qualcosa. Così per le varie filodrammatiche che almeno nel territorio comunale continuano a vivere e produrre spettacoli straordinari, con bravi attori che non mancano di calcare le tavole del Differenti ma anche e, soprattutto, quelle del Teatro Pascoli a Fornaci di Barga.

Tornando al Teatro in se stesso va detto che negli anni trenta dell’Ottocento ebbe bisogno di certe attenzioni, non tanto per ciò che riguardava la struttura, bensì nel perimetro esterno. Infatti, il 4 ottobre 1834, si lavorò a rifare il lastricato di Vicolo del Teatro, per intendersi quello che oggi ospita le scale per la via di fuga dal Teatro degli spettatori nell’estrema necessità. Che sia quel vicolo non ci sono dubbi, perché dicono che fosse posto tra il Teatro e il palazzo del Cav. Giuseppe Bertacchi, oggi Stefani. (Arch. Com. Barga)

Altro intervento della Comunità fu richiesto dall’Accademia dei Differenti con lettera firmata dal deputato al Teatro, il Dott. Filippo Bertacchi di Barga, abitante il palazzo oggi Cordati. Siamo nell’estate 1835 e Bertacchi fa presente che “La strada, dove esiste la facciata della casa di Giuseppe Gonnella è quasi del tutto interrata per cui l’acque l’hanno resa fossata e nel tempo delle pioggie rimanendovi l’acqua per molti giorni per non avere il necessario declivio, penetrano sul palco scenico del detto Teatro”. (Arch. Com. Barga)

Si è capito benissimo che siamo alla strada che passa ancora oggi dietro al Teatro, su in alto, che anche nei tempi odierni dette dei simili e seri problemi alle quinte dello stesso Teatro. La denuncia però non finiva solo con il reclamare un restauro ma adduceva altro grave inconveniente, ossia, che le acque stagnanti mandavano intorno alla struttura un fetido e insalubre odore. (continua)

 

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27) Atti Economici – Tempo –Avv. Ranieri Barbacciani Vicario Regio e Dr. Felice Bardi Notaro. 1815-1819.
28) Ranieri Barbacciani Fedeli: “Saggio politico storico e commerciale dell’antica e moderna Versilia”. Firenze; Tipografia Fabris, 1845.

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