Tradizioni e ricordi

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Da giovane abitavo in campagna, in una casa vecchia e un po’ malandata. Pochi mobili arredavano ogni stanza; il pavimento della cucina era fatto di tavole sconnesse, le pareti e il soffitto erano affumicate perché il camino, unico mezzo di riscaldamento, nei mesi invernali era sempre acceso, vuoi per appendere alla catena il paiolo dell’acqua calda o la caldaia per fare il bucato.

Nel periodo della quaresima, avvicinandosi la Pasqua, era necessario “scalenare” togliere le ragnatele dai travi, pulire i vetri, lucidare il rame e dare qua e là qualche ritocco per rendere gli ambienti più belli. Sui pavimenti delle camere passavamo il rossetto, una polvere rossa che faceva tornare i mattoni come nuovi; sui letti venivano stese le coperte più preziose, fatte all’uncinetto dalla nonna: quanto lavoro e quanta pazienza al lume di candela o dell’acetilene!

Da un giorno all’altro sarebbe venuto il prete a benedire la casa; arrivava a piedi da Barga, accompagnato da un chierichetto che portava gli oggetti necessari per aspergere l’acqua benedetta. Questa visita era attesa con gioia e trepidazione da tutta la famiglia e ognuno voleva essere presente; il nonno aspettava l’arrivo del prete, prima di tornare nei campi. Sul tavolo della cucina era pronto il cestino delle uova fresche e, se era possibile, una busta con una piccola offerta. Ora la casa appariva più bella ai nostri occhi, grazie a un mazzetto di giunchiglie sul tavolo e a una tendina di carta traforata al camino; senz’altro era più ordinata, più luminosa, ma tutto il nostro sentire era nel cuore.

La Pasqua era ormai vicina!  Ad arricchire la nostra gioia c’era  la promessa di un paio di scarpe nuove o di un vestitino primaverile da “incignare”, realizzato dalle mani di una sarta che con poco sapeva far miracoli! I ricordi di quel tempo si affacciano alla mia mente, uno dopo l’altro: il gioco del verde, le uova colorate con le bucce delle cipolle, la preghiera del Venerdì Santo da recitare cento volte per chiedere una grazia, le corse del sabato santo, trascinando le catene del focolare per liberarle dalla calena… ma tra queste non può mancare la preparazione di un dolce tipico, nostrano: la torta di riso. Torte in abbondanza, cotte nel forno a legna: una per il dottore, una per il padrone, almeno due per la famiglia e per gli amici che capitavano a fare gli auguri. La mamma mi mandava dal “Gigi” a porta Macchiaia a prendere il liquore e, seguendo la sua ricetta, preparava le torte. Ogni anno, a Pasqua, non rinuncio a questo “rito”; chi l’assaggia mi dice che è proprio quella dell’Anna Ori. Non so!?

Ed eccoci a Pasqua, riuniti intorno alla tavola: ci siamo tutti. Dal forno esce un profumo di arrosto e di sformato pronti ad arricchire il pranzo.

Con questi miei cari ricordi auguro di trascorrere serenamente questi giorni e, se il tempo lo permette di ritornare, come tradizione, a Tiglio per una piacevole merenda sul prato. Auguri… auguri… auguri a tutti!

 

Alma Castelvecchi

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