Storia del Teatro Differenti. 1795: la storia del nuovo Teatro. (settima parte)

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Con il precedente articolo si è cercato di far capire cosa si mosse o quello che si cercò di fare in Barga per salvare il Teatro dell’Accademia Differenti dopo il Motuproprio del Granduca circa i teatri in Toscana dell’anno 1785. Abbiamo visto cosa sanciva quel testo, quali i teatri dichiaratamente da mantenersi e quelli da chiudersi, mentre la sorte di quello di Barga stava compresa nelle parole “Tutti gli altri Teatri in Firenze, Città, Terre e Luoghi del Granducato, fuori di quelli indicati, restano per sempre aboliti”.

 Di là dai motivi, forse, propriamente tecnici, cioè, di teatri realmente da dismettere, per cui fu necessario intervenire, si coglie nel Motuproprio un’apprensione, un malessere granducale che in definitiva si rivela anche espressamente nell’introduzione del Motuproprio: “Volendo rimediare alla dissipazione e mal costume, che derivano dalla troppa frequenza de’ Teatri, specialmente nelle campagne …”. Ecco che possiamo comprendere che secondo il Granduca c’erano condotte oziose e sregolate, forse viziose e tante altre cose negative, tutti elementi sociali causati dalla frequenza dei teatri, quindi da prenderci rimedio; specialmente nelle campagne tra cui Barga? Interrogativo cui non possiamo rispondere, comunque è certo che noi potremmo anche intendere che forse preoccupava la troppa libertà che genera la frequenza dei teatri, dove la gente ha l’occasione di riunirsi e lì di aprire la propria mente, condividere insieme idee che poi possono portare verso lidi incontrollabili. Diciamo cose che almeno per Barga avranno un riscontro alla fine del periodo francese, quando il Teatro, scusate il gioco di parole, sarà teatro di scompiglio, politico o pseudo tale.

Detto questo per ora il Teatro di Barga, ora che siamo con quanto, andremo raccontando ai finali anni ottanta del Settecento, esattamente al 1787, ha chiuso le porte agli spettacoli ma è sempre lì, in attesa di tempi migliori e si baderà a dotarlo nel successivo 1789 dell’immagine dell’ex protettore, il Granduca Gian Gastone. Ovvio che quest’ultimo particolare ci dica che era ancora Teatro a tutti gli effetti, non un qualcosa in attesa di essere smontato, tristemente, però, bloccato e non utilizzabile per i fini per cui era stato costruito. Con queste premesse è chiaro che ogni accademico non ha nessuna intenzione di mollare circa il suo futuro e per ora si accontenta di pensare a qualche sala privata dove potersi ritrovare e continuare quel sogno di parole che a volte fanno ridere e sorridere, altre, anche piangere. Continuare anche in quel mondo di suoni, che da un violino, vanno per la dantesca aere per poi rinchiudersi, come carezza, nei cuori.

Pare dai documenti che chiuso il Teatro si fosse aperta in Barga una gara per ospitare in sale private delle rappresentanze, spettacoli di commedie e altro. A Firenze, ai ministri del Granduca, arrivano da Barga le dovute richieste di potere eseguire spettacoli ma, almeno per ciò che noi conosciamo, le risposte sono negative, perché concessioni contrarie al Motuproprio del 1785. Addirittura, come accennato, pare che in Barga si sia aperta una competizione a richiedere permessi, così come appare da una risposta proveniente dagli uffici fiorentini in data del 10 agosto 1787. Lì si dice che si nega il permesso anche Per togliere le gare e le picche nate tra i consaputi Tallinucci, Bertacchi e Mordini, ed anche per tener fermo il Regolamento vegliante”. La data 10 agosto ci fa capire che il permesso era stato richiesto in concomitanza con le feste di mezzo agosto, Santa Maria e San Rocco ma ai richiedenti gli s’impone di non dare “luogo a recite in qualunque luogo e tempo”.

Ciò che stiamo narrando, che si sappia, non è mai stato fatto notare da nessuno e lo scrivente lo dice perché mancando riscontri, il suo momento ricostruito, potrebbe risentire di un qualcosa che gli sfugge in qualche passaggio e altro. Riprendendo il nostro discorso vediamo che, nonostante che la concessione sia stata negativa, a Barga accadde qualcosa di molto importante che a prima vista pare assuma un carattere di disubbidienza ai voleri granducali, certamente ci fu un bell’ardimento, infatti, si allestì uno spettacolo e chi lo fece eseguire, fu Antonio Mordini e Scipione Bertacchi, mentre il nome di Tallinucci è sparito.

 

I due caddero però nella denuncia esposta al Vicario Regio da Luigi Nenci, caporale della Squadra (i birri) del Tribunale di Barga. Nei fatti, dopo due recite dovettero smettere per l’inibizione imposta dallo stesso Tribunale. Si trattava di una commedia di Goldoni “Il cavaliere di spirito o sia la donna di testa debole”, data in una sala vicina a dove abitava il cancelliere della Comunità Vincenzo Damiani. Qui sarebbe molto interessante capire dove fosse stata questa sala, che per quanto andremo a vedere, doveva essere anche assai grande, perché furono invitate diverse persone. Volendo provare a rintracciarla si potrebbe pensare ai palazzi maggiori di Barga che potrebbero avere avuto una tale e ampia sala, dove i due personaggi rammentati avrebbero potuto avere accesso, se non addirittura sala o dell’uno o dell’altro. Sia i Bertacchi di via di mezzo, come i vicinanti Mordini, è possibile avessero affittato al cancelliere Damiani, proveniente da fuori, un qualcosa di loro proprietà, dove ci fosse vicino una sala che poteva essere usata a loro piacimento. Altra sala poteva essere quella che oggi ospita il Capretz, mentre il cancelliere Damiani abitava le stanze adiacenti, oggi una parte del Comune di Barga.

Quella sala, per l’occasione della commedia, era stata attrezzata come un teatro, con tanto di scene con Bertacchi e Mordini, erano stati attivi, Francesco Galgani di Pescaia (ndr: Pescaglia) Stato di Lucca, Francesco Carlini, Parduccio Carlini, Antonio Carlini, Luigi Bonanni e Giuseppe Lucchesi di Lucca e altri di Barga. Tra questi c’è senz’altro il capo della compagnia che rappresentò la commedia, poi chi fece le scene e attrezzò in genere la sala.

Quando tutto fu pronto, probabilmente in nome dell’Accademia Differenti o in veste di capi serata e padroni del locale, cioè, Bertacchi e Mordini, affidarono l’incarico a Giuseppe Verzani e Gio. Batta Cardosi, di recarsi con “viglietti” d’invito, a casa di famiglie di Barga, quasi certamente appartenenti o vicini all’Accademia, di cui il Caporale del Tribunale, nella sua denuncia, ne fa anche i nomi nel capo famiglia:

Il Dott. Ciarpi, i canonici Giannelli, Salvi, Cardosi con le loro famiglie, Cavalier Sigismondo Bertacchi e tutti i suoi, i Pieracchi, Tallinucci, Niccoli, Carlini, Mazzolini, Pistoia, Bertolini, Menchi, Guidi, Bonanni, i dottori Verzani e Giannetti e altri di altre famiglie che hanno il solito cognome di alcuni dei già citati.

Le sere incriminate furono le due rappresentazioni della commedia di Goldoni, cioè, il 15 e 16 agosto di quei 1787, dopodiché, ci fu l’imposta inibizione del Tribunale di Barga a poterle continuare. Entrando nei fatti, si arrivò a una sorta di giudizio in cui si fece notare l’inosservanza, il mancato rispetto, del dettato contenuto nel Motuproprio o Regolamento circa i teatri in toscana del 1785.

Mordini e Bertacchi si difesero appellandosi al Punto VIII del Regolamento or ora citato, dove si dice: “Sarà anche proibita in avvenire qualunque Rappresentanza Scenica in Case private sotto qualunque titolo o pretesto anche di puro divertimento delle rispettive famiglie particolari, quando sia fatta a pago, nomine e viglietti, volendo che tali spettacoli come sopra si faccino unicamente nei teatri, che come sopra vengono permessi”. L’appiglio cui si attaccarono per giustificare l’accaduto e di ciò erano convinti i due barghigiani, fu al punto del paragrafo VIII in cui si specifica “quando sia fatta a pago”, e a dire il vero, una qualche ragione poteva pretendersi, perché si presume che nessuno avesse pagato, seppur i biglietti d’invito fossero stati distribuiti.

Non si sa come finisse questa storia, ma è pensabile che tutto si risolvesse con la sola sospensione delle recite e forse una multa. Ci fu anche il tentativo della prova del nove, perché nel dicembre sempre di questi 1787, ancora Antonio Mordini e Scipione Bertacchi, scrissero una lettera agli uffici fiorentini con cui, abbastanza in anticipo, per il Carnevale 1788, chiesero il permesso per dare delle recite, forse nella solita sala del passato agosto. Probabile che lo avessero fatto molto in anticipo per poi non trovarsi ad avere impegnato una compagnia che, se non ci fosse stato il nulla osta, probabilmente alla fin fine doveva essere pagata. Il 26 dicembre arriva a Barga la risposta da Firenze e il ventinove dello stesso mese si comunica da parte del Vicario Regio Claudio Masini ai predetti Mordini e Bertacchi. Da Firenze si ripete, se in Barga non si fosse ben capito, questa volta con più chiarezza e a scanso di equivoci: “Che i Regolamenti veglianti su tal particolare sono bastantemente chiari; onde si uniformino a questi interamente”.

Come si è visto, a Barga il problema Teatro, in questi anni di cui si è parlato, fu una delle cose più assillanti, anche perché, non si permetteva neppure in privato di poter svolgere una certa attività, seppur, e questo va detto, ci fosse la possibilità di concedere i permessi, però, con un fondamentale passo, la preventiva e totale fiducia degli uffici granducali nelle persone cui gli stessi permessi erano concessi. Di questo stato delle cose Barga ne soffrì assai ed è facile arguirlo, perché di momenti di svago cittadino ce n’erano ben pochi e, salvo che partecipare alla vita religiosa, non restasse che convocarsi a veglio ma ben attenti alla legge, per delle occasionali e piccole rappresentazioni familiari, probabilmente incentrate sulla poesia e letteratura.

 

La cosa andrà  avanti così ancora per non molto perché l’anno 1792 arriva all’Accademia Differenti la comunicazione che finalmente può metter mano al Teatro. Prima, però, c’era stato il passaggio della reggenza granducale, da Leopoldo I, che dal 30 settembre 1790 era salito al soglio del Sacro Romano Impero, al figlio Ferdinando III. In questi frangenti, se n’è già accennato nel precedente articolo, potrebbe esserci stata la volontà da parte del nuovo Granduca di chiudere in qualche modo e positivamente la questione del Teatro di Barga. In Firenze non mancava chi di Barga potesse intervenire per i buoni uffici, per esempio il medico dell’ospedale di Santa Maria Nuova Michelangiolo Giannetti, dal Granduca nominato l’anno 1787 per la cura del ritorno alla Comunità di Barga delle macchie granducali, la cosiddetta Alpe di Barga, sottrattegli nel 1562, al tempo della fondazione i Cavalieri di Santo Stefano. Il tredici novembre di quell’anno arriva a Barga a cura dell’Ufficio dei Fossi di Pisa, l’invito diretto alla Comunità a celebrare il nuovo Imperatore, con feste solenni dove non mancò la musica, seppur suonata nel Duomo, pane e vino per i poveri, fuochi artificiali, curati dal solito Antonio Mordini, operaio della chiesa, dal dott. Francesco Verzani e Jacopo Pieracchi.

 

Altro passaggio importante fu il tributo di omaggi a Sua Altezza Reale Ferdinando III, deliberato dalla Comunità barghigiana il 21 maggio 1791, che prevedeva la spedizione a Firenze di due deputati con un presente del Magistrato di Barga, allora retto dal gonfaloniere Lucantonio Giannotti. Un deputato fu il solito Antonio Mordini, mentre l’altro il dott. Michelangiolo Giannetti, probabilmente già a Firenze per il suo lavoro, ambedue ebbero l’incarico di portarsi al trono granducale. L’occasione fu certamente buona per accennare al Granduca i problemi e bisogni di Barga.

L’anno 1792 accadde che il primo marzo morisse l’Imperatore Pietro Leopoldo già granduca di Toscana. Il venticinque giugno ci furono a Barga le solenni esequie nel Duomo, con musica e grande pompa funebre.

Quello che resta di questa data 1792, oltre ai ricordi, è che l’Accademia dei Differenti avrà il beneplacito granducale di poter mettere mano al suo Teatro e questo prevederà un periodo di studio che poi sfocerà con l’inizio dei lavori l’anno 1793.

Per chiudere questo settimo articolo si crede sia interessante tentare di capire cosa potrebbe aver fatto decidere Ferdinando III a dare in quei 1792 il beneplacito per la ricostruzione del Teatro. Prima di farlo, però, dobbiamo porre una domanda e poi andremo alla risposta: In Barga e territorio, quali erano gli svaghi popolari alla data 1792?

Per rispondere andiamo a circa venti anni dopo, a un questionario che in epoca francese, anno 1811, fu posto al sindaco, Maire della Comune di Barga, circa la situazione sociale della popolazione da lui amministrata. La risposta è molto semplice e non comporta un gran dispendio di parole. Infatti, alla precisa domanda circa le feste popolari, siano esse civili o di altra natura la risposta fu: che a Barga non c’era nessuna festa, soggiungendo che c’era solo un Teatro gestito da una Società Accademica.

Questo stato delle cose è pensabile fosse simile al tempo della forzata chiusura del Teatro e forse fu il punto su cui i barghigiani socialmente più avveduti intesero far ragionare il neo granduca Ferdinando III, probabilmente aggiungendo: se si continua, a tener chiuso quel teatro, così come volle la buona memoria di suo padre Pietro Leopoldo I, chi abita nella Vicaria di Barga continuerà ad avere una vita ben grama. Non che tutti possano giovarsi del Teatro ma altresì è anche vero che a loro si tolga ogni speranza.

 

 

 

 

 

              

 

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