Storia del Teatro Differenti. 1795: la storia del nuovo Teatro. (quinta parte)

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Si riparte con questo quinto articolo sulla storia del Teatro Differenti, soffermandoci essenzialmente sul periodo che intercorse dal primo a secondo Teatro. Nella nostra disamina vedremo passare delle cose che sino ad ora non erano mai state osservate, facendo anche capire al lettore che non fu assolutamente un passaggio facile dalla prima alla seconda struttura teatrale e che non fu una decisione locale ma imposta con un passaggio che lasciò di stucco gli accademici, così come vedremo. Intanto, vediamo di proseguire la nostra descrizione storica.

Prima del nuovo Teatro, inaugurato l’anno 1795, si vedrà che nel corso del secolo XVIII si rappresenteranno negli anni varie commedie, atti scenici, musica; l’autore più “gettonato” ovviamente fu Goldoni (Venezia 1707 – Parigi 1793). Altra attività similare si era svolta, dalla fondazione, anche nel breve corso del secolo antecedente, il XVII, dopo che nel 1690 s’inaugurò il primo Teatro. In questo lungo tempo che investe i due secoli, non si allestirono unicamente cose importate e rappresentate da compagnie erranti di buona levatura, ma, bensì, ci fu anche tutto un movimento culturale che traeva vita proprio dentro l’Accademia, pian piano assurta a un carattere inclusivo, come vedremo e capiremo nella citazione di certi nomi, da definirsi vicini, più che appartenenti alla storia accademica.

Va detto ancora, ma si è già capito, che al sorgere dell’Accademia, Barga, nell’ambito culturale, aveva ricevuto uno scrollone molto importante che ora, con il nuovo Teatro di cui andremo a descriverne la genesi, inaugurato l’anno 1795, ecco che tutto questo movimento dà i suoi frutti. Infatti, in questo stesso anno prende avvio, con tanto di capitoli statutari, un’Accademia di dilettanti amanti della musica, che certamente si costituì traendo stimolo nel vedere rinascere il Teatro, luogo in cui non solo le commedie e opere musicali avrebbero trovato esecuzione e resa nobile l’anima del barghigiano, bensì, che lì si potesse gioire ancora dell’ascolto di musica detta classica. Non sappiamo quale e quanta vita ebbe questa nuova Accademia, della cui esistenza siamo grati a notizie raccolte dallo storico barghigiano Lodovico Verzani, nato a Barga circa gli anni settanta dell’Ottocento e morto a Firenze nel 1939.

L’idea verteva sulla decisione di un gruppo di persone barghigiane che aveva preso accordi con un certo professore di violino di Pistoia, Francesco Rafanelli, il quale, avrebbe dovuto “suonare ad un’accademia da farsi una volta la settimana”, di detta idea ne furono tirati giù dei Capitoli. Si doveva tenere tutti i mesi, da ottobre a marzo, “la sera da un’ora di notte per fino a quattro ore”, mentre per i restanti mesi “dalle dieci alla un’ora pomeridiana”. Il giorno fu stabilito il giovedì ma se per qualche motivo non fosse stato possibile, si rimandasse tutto al giorno successivo, cioè, venerdì. Ogni persona che avesse firmato questi Capitoli era obbligata alla presenza, e perché fosse rispettata, chi fosse mancata avrebbe dovuto pagare, salvo giustificazione plausibile, la penale di due lire. Inoltre, ogni sottoscrivente i Capitoli, avrebbe dovuto versare una quota mensile di una lira fiorentina, questo per far fronte alle “Spese di olio per la sera, musica ed altro.” Se uno si fosse allontanato dal Paese, era esentato dalla penale ma non dalla mensile contribuzione.

Nel testo della stesura degli accordi si fa da subito il nome del segretario che avrebbe dovuto essere il Sig. Antonio Pieracchi, anche quello del presidente nel Sig. Scipione Bertacchi. L’attività dell’accademia musicale era soggetta, questo è interessante per il nostro discorso sul Teatro Differenti, all’apertura al pubblico dello stesso Teatro, cioè, se ci fossero state delle rappresentazioni, i concerti musicali non ci sarebbero stati, oppure, nel caso ci fosse stata una forzata assenza del violinista Rafanelli. Tutto quanto accordato avrebbe avuto validità per una durata di cinque anni. Dopodiché, concordi su questo, si passò alle firme di questa privata scritta rogata da un pubblico notaro. Una copia rimase in loco mentre una fu inviata agli uffici fiorentini, documenti recuperati dal nostro storico Verzani che la descrive. I nomi dei firmatari sono: Scipione Bertacchi – Giuseppe Bertacchi – Antonio Pieracchi – Francesco Carlini – Cristoforo Verzani – Antonio Vincenzo Salvi – cav. capitano Antonio Mordini che per suo ordine firmò in sua vece Scipione Bertacchi – Giorgio Gianetti – Francesco Mordini. Si noti che essenzialmente sono uomini discendenti di famiglie che già avevano contribuito cento anni prima all’edificazione del primo Teatro a Barga e poi anche per il secondo che s’inaugurò in questi 1795. Del resto Barga era un paese, sì, con aspetti cittadini, però non di grandi dimensioni, questo per dire che, ovviamente, ogni cosa si muoveva con le solite famiglie più facoltose.

Lodovico Verzani annotava che non era in grado di dire se l’Accademia di Musica dopo i cinque anni avesse avuto altra vita. Sull’argomento chiosava che quelli erano i tempi in cui “i nostri avi in parrucca e calzon corti (ndr: moda dell’epoca), si interessavano per metter su qualche cosa onde ricrearsi un po’ lo spirito e procurarsi un godimento intellettuale.”

 A ben vedere si nota un distinguo tra i firmatari che s’impegnarono per far fronte alle spese dell’Accademia di Musica, un particolare aggiunto che ben giustifica l’idea di Verzani, ossia, che quest’Accademia sia stata alla base della futura Società Filarmonica e Banda cittadina. Infatti, Antonio Pieracchi dopo la firma aggiunse: “m’obbligo a quanto sopra, e fino a che non sarò capace di sonare non intendo di pagare l’appunto mancando d’intervenire a detta Accademia.” Questa firma Pieracchi, il contenuto, lascia intravedere due cose importanti, una, che l’Accademia intrattenesse del pubblico con brani suonati dai suoi membri, mentre la seconda, che svolgesse a priori un compito di scuola musicale per allievi suonatori, insegnante e direttore il violinista Rafanelli.

Tornando alla nostra Accademia letteraria Differenti, vediamo nel corso di questo primo secolo di vita, dei personaggi locali che si dilettavano in recite di farse o commedie di autori in parte affermati, come anche nel comporne essi stessi, che noi pensiamo fossero raccolti in una sorta di filodrammatica. Per il Seicento è un aspetto di cui ci resta solo una vaghissima traccia, comunque non difficile credere all’ultima affermazione di prodotti letterari locali, però, a volte con una particolarità circa gli autori, spesso taciuti da essi stessi, perché magari erano ecclesiastici, preti cui non era dato di esporsi a tanto. Tra l’altro, salvo ritrovamenti, testi che in Barga non sono più rintracciabili.

Che ci fosse dei preti, ceto sociale tra i più acculturati, che girassero intorno o fossero dentro l’Accademia, è cosa innegabile. Infatti, se noi torniamo all’elenco di chi volle il primo Teatro, vediamo che ci sono delle presenze di quella natura, dicendo ancora che ogni famiglia importante di Barga avesse nel suo seno dei preti, a volte frati e così dicendo.

 

Tra i casi di autori locali taciuti o meglio, secretati a metà, cioè, alla fin fine riconosciuti ma non firmanti i lavori, c’è quello del proposto di Barga Niccoli (dal 1684 al +1723), che dal segretario degli accademici si annotò sui documenti in forma di mistero svelato: Autore incognito ma la verità è … e via il nome nero su bianco. Il soggetto di un lavoro del Niccoli: “Amore non ha legge” si poteva prestare a fraintendimenti ed ecco forse un altro aspetto circa il silenzio dell’autore.

Di là da quest’appunto di carattere prettamente locale, tra le opere rappresentate al Teatro nel corso del Seicento, si distinguono due autori principali, un pisano – fiorentino Giovan Battista Ricciardi (Pisa 1623 – +1686), che poi è l’autore delle commedie con cui si aprì il Teatro di Barga l’anno 1690 (14). L’altro autore di commedie date a Barga fu Giacinto Cicognini (Firenze 1606 – Venezia 1651), importante nel suo tempo per il dramma in musica e allora tra i maggiori poeti dell’epica cavalleresca (15).

Nel successivo Settecento, oltre a Goldoni si fa notare anche Metastasio con L’Artaserse, opera seria in cui recitò il dott. Michele Antonio Giannetti, segno evidente che andò in scena con una compagnia locale, ma ciò accadeva assai spesso. Altra rappresentazione fu Il Potestà di Colognole, eseguita con un intermezzo musicale e il segretario dell’Accademia, quasi per lasciarne un segno a futura memoria, nel censirla tra gli atti accademici disse che era stata la più bella recita in Teatro, correva l’anno 1749.

Poi ci sono tutte le rappresentazioni per i vari Carnevali di certi anni barghigiani, in cui troviamo sempre all’opera, gli elementi locali, come il dott. Pietro Tallinucci, però, attenzione che è solo l’antenato del celebre Dottore che nell’Ottocento, correndo gli anni 1849, al chiamo di Padre Bernardino da Siena, scese dal Castello al Convento di San Francesco per dare l’avvio sanitario all’Ospedale di Barga.

Al Teatro però tutto non andò sempre liscio, infatti, l’anno 1761 accadde che per la prima di una commedia che si dette il 31 gennaio, da ripetersi altre sere a febbraio: La moglie in calzoni, di Jacopo Angelo Nelli, al termine si poté assistere a uno scontro tra i capi della compagnia e il podestà di Barga. Entrando nei fatti, questa commedia era recitata da una filodrammatica locale che sul palco, oltre gli altri sette personaggi della commedia, vedeva i dottori Giovan Battista Cardosi e Michelangiolo Giannetti. Questi erano i due giovani capo compagnia che avevano richiesto il permesso alle autorità per poterla rappresentare, ma al termine dello spettacolo furono severamente ripresi dal podestà di Barga Niccolò Antonio Gentili. Questi, a discapito del cognome, si lamentò notevolmente con i due giovani filodrammatici perché quando era arrivato a Teatro, lo spettacolo era già iniziato, una lesa maestà che chissà come andò a finire.

Siamo tornati ora al nostro Teatro e vediamo che l’anno 1772 si è deciso di rendere una rinnovata visibilità agli esterni dei palchetti e per fare ciò si è chiamato un pittore di Bologna, certo Carlo Corsini. Questo tipo d’intervento ci porterebbe a far credere che i palchetti o casini fossero di legno, ma non lo sappiamo.  Certamente bello pitturato a nuovo, ora che siamo al 1781, vediamo che le serate sono allietate ancora con Goldoni, che fa muovere tante persone verso il Teatro per assistere a tre sue commedie date tra ottobre e novembre e, tanti sono venuti anche da fuori Barga. Pensando a questi due mesi autunnali, ma anche a quando andavano a Teatro in inverno, viene spontaneo chiedersi: ma come lo riscaldavano il Teatro? Chi sapesse faccia conoscere la cosa con un commento.

Siamo arrivati al 1781 e dopo quattro anni i sonni degli accademici Differenti si turbano a dismisura. Questo è il momento in cui dobbiamo sfatare una diceria ormai troppo consolidata ma noi, a ragion veduta, ci proviamo. Riguarda il passaggio dal primo al secondo Teatro di Barga, che tutti dicono sia avvenuto perché il precedente o era divenuto troppo piccolo o avesse bisogno di essere semplicemente rinnovato per le accresciute esigenze culturali di Barga. Ambedue le cose sono plausibili ma né una né l’altra sono il motivo per cui si arrivò al nuovo Teatro; assolutamente fu ben altro il vero motivo.

Intanto, diciamo che da qualche anno il Granduca stava rimuginando il progetto di intervenire circa i teatri in Toscana, sempre più se ne convince e specialmente ora che siamo sul finire del 1784, ecco che da Firenze è giunta a Barga una voce, per ora tale, però sembra molto vera e preoccupante, ossia, di una portata molto terribile per la vita culturale e di svago. Pare che il granduca Pietro Leopoldo I fosse sul punto di emettere un Motu Proprio con un Regolamento che avrebbe riordinato la vita dei teatri in tutta la Toscana e molti sarebbero andati dismessi. Ci sarà tra quelli da abolire anche il Teatro dei Differenti? Questa era la domanda che correva tra uno e l’altro degli impensieriti accademici. Passano pochi mesi e il Motu Proprio granducale è reso noto tramite la Gazzetta Toscana n° 16 dell’aprile 1785 e ciò che si pensava si è avverato.

Per ora si limitano gli accademici di Barga a prenderne atto ma ancora non hanno avuto la comunicazione ufficiale del Vicario Regio e quindi, forse sperano, con qualche intervento mirato, di poter aggirare l’ostacolo. Un’evenienza che solo in virtù di un miracolo si potrebbe avverare, comunque, per ora, tutto è solamente scritto sulla Gazzetta, il Vicario Regio di Barga non ha ancora ordinato niente per scritto, quindi si può ancora sperare. Se è vero che la speranza è sempre l’ultima a morire, nel frattempo gli accademici rileggono attentamente il Motu Proprio che è sulla Gazzetta e facciamolo anche noi:

 

Dato lì 21 marzo 1785 – S. A. R. Volendo rimediare alla dissipazione e mal costume che derivano dalla troppa frequenza de’ Teatri, specialmente nelle campagne …  Vuole assolutamente abolito l’uso delle Maschere di qualunque sorta e in tutti i tempi, in tutti i luoghi, città, terre e castelli e altro luogo del Granducato, tranne Firenze, Siena, Pisa e Livorno. In Firenze resteranno attivi solo quattro teatri, mentre nelle città di “Siena, Pisa e Livorno, come Pistoia, Arezzo, Volterra, Cortona, Montepulciano, Prato, Pescia, Pontremoli, Colle, Empoli e Pietrasanta, non dovrà esistere se non un solo Teatro per ciascheduna.” Gli accademici notano subito che Barga e il loro Teatro non c’è e andando avanti eccoci al punto in cui il suon delle ore che scendeva dalla campanella del duomo gli parve una sonata funebre: “Tutti gli altri Teatri in Firenze, Città, Terre e Luoghi del Granducato, fuori di quelli indicati, restano per sempre aboliti. A questo oggetto viene assegnato ai Proprietari dei medesimi il termine di dieci mesi da decorrere dal dì della pubblicazione di questo Regolamento ad averli disfatti, alienati o ridotti ad altri usi”.

Ecco allora che il funerale del Teatro di Barga è partito ma noi sappiamo che per qualche motivo, sicuramente importante, non arriverà alla fossa.

 

Intanto, rileviamo che non sappiamo perché da Firenze arrivi a Barga, al Vicario Regio Luigi Gardini, un invito all’osservanza del Motu Proprio solo il 7 ottobre, con data di partenza al 1°, cioè dopo ben sei mesi. Comunque la lettera che ricevette il Vicario Regio all’inizio di ottobre dice:

Il 21 marzo 1785 fu fatto un Motu Proprio sopra i teatri … termine di 10 mesi siano disfatti e alienati o ridotti ad altri usi quei teatri situati in codesta sua Giurisdizione Criminale, rendendo conto di quelli che dopo i 10 mesi sono rimasti. Firenze 1 ottobre 1785. Giusti. Ricevuta il 7 ottobre.

Quello che possiamo dire è che gli accademici si uniformarono agli ordini granducali, infatti, non si riscontrano spettacoli da questa data sino alla riedificazione del Teatro di cui s’ignora il passaggio dall’abolizione al permesso di riedificarlo ex novo, con gli accademici che utilizzarono il solito sito del precedente, solo ampliandone con acquisti la complessiva volumetria.

Resta interessante per noi capire quale fu l’elemento decisivo per il passaggio che avverrà, ossia, dall’alienazione del Teatro al permesso di rifarne un altro nuovo. Comunque noi, cercando di trovare un appiglio, intanto rileggiamo il finale della lettera arrivata al Vicario Regio di Barga: “Rendendo conto di quelli che dopo i 10 mesi sono rimasti”, un particolare che gli accademici avrebbero potuto prendere considerazione per non alienare il Teatro, che poi, dal 1793, si rinnovò.

Osserviamo ancora che nell’ottobre del 1790 Leopoldo I è eletto Imperatore, lasciando il trono di Toscana al figlio Ferdinando III. Questo passaggio, il cambio di Granduca, potrebbe aver aperto un piccolo spiraglio per far tornare in campo gli accademici di Barga, sin dal 1785 del Motu Proprio, non intenzionati a recedere dalla volontà di voler mantenuto il loro Teatro, che tanto occorreva a loro e alla pur piccola società della stessa Barga. Certo è che a Barga non si stette con le mani in mano, nel senso che, chiuso il Teatro, arrivavano a Firenze suppliche dirette al Granduca affinché in certe sale si potessero eseguire commedie. Le risposte erano sempre negative, perché il Motu Proprio del 1785 parlava chiaro: “Nelle case private, non si può fare nessuna rappresentanza scenica e neppure in Conventi Religiosi, Conservatori, Collegi, ecc, e se qui esistessero dei Teatri dovranno essere disfatti.”    … Vietate veglie, balli a pago senza licenza dei Giusdicenti, però da darsi a persone di esperimentata probità, con responsabilità al capo famiglia”.  Il secondo caso era l’unico che potesse dare il via, non a commedie, ma almeno a veglie con ballo sì.

Qui si mette ancora un punto per vedere con il prossimo articolo, negli anni di sospensione del Teatro, cosa si muovesse a Barga sullo stimolo degli accademici. Parleremo in particolare di un’iniziativa che fu intrapresa in contrasto con le direttive granducali, segno evidente che in Barga, assolutamente, non ci fu rassegnazione circa il dettato del Motu Proprio sui teatri ma, bensì, si aprì una convinta lotta che possiamo dire finisse per essere vinta. (continua)

 

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14) Maria Grazia Profeti. Commedie, riscritture, libretti: la Spagna e l’Europa. Alinea Editrice; Firenze 2009.
15) Giacinto Andrea Cicognini – Wikipedia.

 

 

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