Il derby

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Come ogni domenica, insieme alla nonna Anita, avevo preso l’autobus del Nardini per andare a Barga dallo zio Vittorio. Quello, però, doveva essere un giorno speciale perché dopo pranzo lo zio, tifosissimo della squadra di calcio di Barga, annunciò: «Oggi si va al campo sportivo che c’è il derby col Fornaci!».
Per mano allo zio io e il mio cugino Paolo entrammo proprio mentre iniziava la partita e, col tifo che mi rimbombava negli orecchi, passammo sotto la tribuna di tubi Innocenti (ricordate lo stadio vecchio?) piena di tifosi e ci sistemammo dietro la porta del Barga che, nel primo tempo, era quella dalla parte degli spogliatoi.
Non avendo mai visto una partita dal vero, non conoscevo nessuno dei giocatori in campo, tuttavia rimasi colpito da un tipo non molto alto ma ben piazzato che giocava nel Fornaci.
Tra rinvii, lanci e respinte, il pallone finiva sempre tra i piedi di quel giocatore in maglia rossoblu che ogni volta l’addomesticava e riavviava l’azione con autorevolezza.
Come spesso succede nei derby più sentiti, la partita andava avanti sullo zero a zero senza che, a parte qualche fuoco di paglia, succedesse nulla di decisivo.
Dalla voce dello zio sentivo i nomi dei giocatori del Barga tra i quali ricordo l’Emiliano che mi stupì con un bel colpo di testa in tuffo, il Morganti che giocava mezz’ala ed era molto bravo, e uno soprannominato “Babbone” che era un vero baluardo della difesa ma parlava sempre e aveva da ridire su tutto.
Il gioco si stava dipanando senza sussulti fino a quando l’arbitro fischiò una punizione dal limite dell’area per il Fornaci.
Dal gruppo che si assembrava nel punto dov’era avvenuto il fallo si fece largo proprio quel giocatore che ho descritto prima e sistemò la palla a terra.
«Vedi, bimbo? Quello è il Cia… sta’ a vede’ che botta che tira!!!»
disse lo zio Vittorio mettendomi una mano sulla spalla e, benché parlasse di un giocatore della squadra avversaria, dalla sua voce trasparivano rispetto e ammirazione.
Finalmente, dopo le consuete scaramucce per far stare la barriera alla giusta distanza, l’arbitro fischiò.
Un lampo! Non feci a tempo a udire il suono della scarpa che impattava il pallone, che questo già si stampava sulla traversa e rimbalzava lontano, in un boato di generale meraviglia.
L’arbitro interruppe il gioco, la scricchiolante traversa venne ispezionata a lungo e, infine, giudicata idonea ma il portiere del Barga continuò a guardarla con una certa diffidenza anche perché, toccandola, si muoveva in modo tutt’altro che rassicurante.
Alla fine arrivò il triplice fischio a decretare la fine della partita, ma non chiedetemi il risultato perché questo episodio saturò talmente la mia memoria da non lasciare posto per altri ricordi e, credetemi, se dopo tutto questo tempo ne parlo ancora è perché fu qualcosa di davvero indimenticabile.

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