È il titolo di un bell’articolo dell’allora giovane Prof. Antonio Corsi, che pubblicò quasi settant’anni fa su Il Giornale di Barga N° 57, del 20 dicembre 1953. Lo accompagnava l’immagine della Madonna del Molino, legata a Barga al culto della Concezione, di cui in questo 2022 ricorrono i 500 anni del suo doppio di un’ora la sera della vigilia, il 7 dicembre.
La foto, ovviamente, sul giornale è in bianco e nero, eseguita sull’originale dal fotografo di Barga Pietro Rigali. Noi oggi abbiamo scelto una foto a colori che maggiormente fa risaltare la bellezza della Madonna che reca tra le braccia il Bambino; un’opera di notevole antichità, si dice del secolo XII, che fu portata e messa in un tempo sconosciuto su di una parete al molino dell’Opera San Cristofano che stava ed è ancora sulla Corsonna.
La storia ci dice che correndo l’anno 1512, il mugnaio, il 5 settembre la vide sudare copiosamente e, pensando a un evento miracoloso, ne informò l’Operaio del Duomo. Il giorno 8 di quel mese, ricorrendo la Natività della Madonna, tutto il popolo e clero di Barga, andò al molino e processionalmente la Madonna fu portata nel Duomo di Barga.
Vicino all’articolo di Corsi, che è pubblicato sulla prima pagina de’ Il Giornale di Barga, appare anche l’annuncio della morte di Maria Pascoli, avvenuta il giorno cinque di quel mese. L’articolo fu scritto dell’indimenticabile Prof. Angelo Duilio Arrighi: “È morta Mariù”.
L’Arrighi fu preside alle allora Magistrali di Barga, ma più che altro fu uno scrittore e poeta considerevole ma soprattutto, un vero e proprio amante di Barga e delle sue cose più belle, come la Madonna del Molino, per la quale scrisse “Inno alla Madonna del Molino” che poi metterà in musica il proposto di Barga Mons. Alfredo Baroni.
Purtroppo la musica dell’Inno è andata perduta ma chi sapesse, dove trovarla o ne avesse una copia o sapesse dove ricercare quel testo musicale, lo faccia presente in un qualsiasi modo al Giornale di Barga, affinché la sacra immagine della nostra venerata Madonna possa riavere il suo dolce e invocante inno, magari cantato dal Coro del Duomo di Barga.
Ora però rileggiamo insieme questo delicato e bell’articolo di Antonio Corsi, cui facciamo giungere gli auguri più affettuosi di Buone Feste a lui e alla moglie, da parte di tutta la famiglia del Giornale di Barga, che lo vide solerte collaboratore, mai dimenticando il suo vulcanico vicino di casa e direttore del Giornale: Bruno Sereni.
Pier Giuliano Cecchi.
TEMPO DI NATALE
Nessun’altra, delle feste sacre, sa darci nettamente come il Natale, la sensazione d’essere fuori dal tempo, di vivere l’eternità.
Nemmeno la Pasqua, che pure è celebrazione della vittoria divina sulla morte, ma che è una festa mobile, e mobile proprio nel tempo.
Per Natale invece, ogni volta, il tempo i mesi gli anni i secoli si allontana da noi, come nelle nebbie di un sogno meraviglioso.
E attorno a un presepio ritorniamo tutti, in ogni parte del mondo cristiano, alla notte miracolosa che nel cielo sereno, fra le stelle tremolanti, s’inseguivano i canti soavi degli angioli, mentre nella grotta si compiva il prodigio.
Come se non fossero mai passati questi anni.
Da noi, a Barga, il tempo agonizza fin dai primi di dicembre quando comincia a tornare alla memoria quella filastrocca dell’infanzia:
“Il primo di dicembre è sant’Ansano, e il 4 è Santa Barbara beata. Il 6 San Nicolao ne vien per via, il 7 è sant’Ambrogio da Milano e l’8 Concezion Santa Maria. Il 9 mi cheto, ché il 10 è la Madonna di Loreto. Il 12 convien che digiuniamo, che il ventun, San Tommaso, la Chiesa canta, ché il 25 abbiam la Pasqua Santa.
E la vigilia della Concezione, appena che nell’aria fredda della sera si diffondono le note del “doppio”, che durerà per tutta un’ora, a Barga il tempo muore.
Chi sa più allora che tempo viviamo? E i campanari lassù chi sa se sono il Nello del Covo e il Cecchi e il Nesi, oppure il Poppino e il Rombò e il Michele? Quella sera potrebbe essere che a suonare sia tornato anche, con qualche fiasco del più “bono” per i campanari titolari, il “sor” Emilio Nardini.
Nel segreto delle case, di certo qualcuno piange, quella sera. È come se nelle campane a distesa la voce di Dio risuonasse, per dirci ancora un messaggio di bontà.
Poi cominciano le Novene e allora, ogni giorno, è tutto uno scampanio festoso e solenne, dalle chiese minori: l’Annunziata, la Fornacetta, i Frati, San Rocco… E ogni sera il Duomo s’illumina di tanta luce, e riecheggia per le vallate la voce delle nostre campane.
Nella notte Santa è ancora così: canti soavi di chiesa, cori di angeli fra le stelle, nel cielo, dove è fatto di ricercare la cometa; e campane, tante campane, da tutti i paesetti illuminati, sui monti lontani.
È il miracolo della povertà nobilitata, santificata dal Dio, fatto uomo in mezzo alla povertà; l’inizio del sacrificio di un Dio sceso dal cielo per rendere la felicità agli uomini infelici.
Per Natale è sempre così. Perché per Natale muore anche la cattiveria, e tutti si vive l’eternità.
Che è come vivere in un angoletto del Paradiso e ritrovare un poco, almeno di serenità.
Antonio Corsi
Gloria
4 Dicembre 2022 alle 19:00
Bello!
Gloria
4 Dicembre 2022 alle 19:01
Sempre interessante