Sistemato l’aspetto paesaggistico del presepio, bisognava popolarlo dando sfogo alla nostra creatività.
Aprire lo scatolone che conteneva le statuine di gesso era come ritrovare vecchi amici che ogni anno tornavano per trascorrere con noi il periodo delle feste più belle.
Li riconoscevamo tutti alla prima occhiata perché erano nella nostra famiglia da sempre e nel rivederli ci prendeva un moto di inconfessabile affetto:
il pastore col bastone e la barba, quello con l’agnellino sulle spalle, quello col cane attaccato alla gamba, quello con le brocche dell’acqua e quello che portava le pecorelle ad abbeverarsi nel piccolo stagno creato con uno specchio che spuntava da sotto il muschio.
E poi il falegname, l’arrotino, il fabbro, la lavandaia e ancora e ancora…
A forza di venir maneggiati, specialmente dalle mani un po’ maldestre dei bimbi, questi fragili personaggi finivano per riportare dei traumi anche gravi ma, in un’epoca in cui non si buttava via nulla e si cercava di aggiustare anche l’impossibile, venivano compiuti autentici miracoli di ortopedia.
Gambe e braccia venivano riattaccate come nulla fosse e, a volte, persino qualche testa riprendeva il suo posto sulle spalle dei malcapitati senza che si vedesse troppo la mano del chirurgo.
Quando poi non era proprio possibile rimediare al danno, ci veniva in soccorso la fantasia. Impedireste a un vostro familiare di partecipare alla festa più bella solo perché non è più in forma come una volta? Lo stesso valeva per questi personaggi da noi tanto amati, e allora studiavamo posizioni e ambientazioni che, mascherandone gli handicap, permettessero loro di continuare a partecipare alla nascita di Gesù come quando erano perfettamente sani.
Ricordo che avevo un pastore talmente malridotto che per continuare a metterlo nel presepio dovevo farlo spuntare da un cespuglio.
E poi le casine, che erano più piccole delle figure al fine di sembrare in lontananza sui monti innevati dalla farina, i ponticelli, le palme, i mulini ad acqua e le fontanelle: tutti elementi che contribuivano a formare un paesaggio tanto caro e suggestivo quanto ingenuo e lontano dal reale aspetto della Palestina di Gesù.
E quei Re Magi d’Oriente che, di giorno in giorno, facevamo avanzare verso quella capannina sormontata dagli angioletti dove, riscaldati dal fiato del bue e dell’asinello, la Madonna e San Giuseppe aspettavano raccolti in preghiera.
Ormai mancava poco a Natale e guardavamo il nostro piccolo capolavoro con evidente orgoglio; mancava solo Gesù Bambino ma per metterlo nella mangiatoia c’era da aspettare che nascesse nel gelo della Notte Santa.
Le statuine del presepio
- 1 di Daniele Capecchi
Alberta
17 Dicembre 2022 alle 21:42
Bravo Daniele, sei bravissimo!!!
I miei presepi erano sempre piccini picció: non avevamo “posto” in casa. Mio babbo Sergio, circa 60 anni fa, acquistò una capannuccia di legno con il tetto verde tutto”brilloso”; non mi pareva vero di avere una capanna così importante, quasi non ci credevo…..oltre i personaggi brillava una cometa con una lucina bianca centrale! La capannina la ho tenuta, come diciamo noi toscani, come “pane e cacino” , insomma ancora a Natale la metto sul camino!🎄