Si presenta il libro della “Nuova Barga”. Una storia incredibile della gente di Barga e del suo territorio

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Un’affascinante cavalcata tra Villini e Ville che con l’inizio del secolo XX iniziarono a farsi vedere al Giardino di Barga, in Canteo, giù per il Piangrande, sulla via per Barga da Fornaci, nelle coste di Santa Maria, Catagnana, alla Moma, Castelvecchio Pascoli, Albiano, perfino a Sommocolonia, San Pietro in Campo, Mologno, lungo la strada che da qui arrivava alle Fornaci di Barga, lo stesso Paese che iniziò a divenir grande con l’arrivo della SMI (1915), la via per Ponte all’Ania e lo stesso Paese, Filecchio, Loppia, addirittura i segni entrarono in Barga Vecchia, tra le antiche mura, e nei casolari rinnovati qua e là.

Una ventata di Nuova Arte che finì per investire gli stessi cimiteri urbani di ogni luogo, per noi quelli di Barga – San Pietro in Campo, Loppia, Albiano, Castelvecchio Pascoli, Renaio e Tiglio. Qui esistono delle vere e proprie opere d’arte del periodo (alcune perse) che meriterebbero di essere codificate, censite con accuratezza, perché mostrano tutta la forza espressiva di un periodo che avrà un simile nel tempo? Riavrà una stagione così affascinante di Scultori nel marmo, nel bronzo, ceramisti, decoratori, pittori e altro?

Le stesse chiese, oratori pubblici e privati, piccole cappelle (Casa Pascoli) mostrano esempi di quest’arte che trasse inizio dalla grande stagione artistica del Liberty, tradotte in loco e in ogni espressione, da tecnici, imprese edili e artisti di grande genio.

Storie di gente emigrante, che, partita con delle conoscenze insufficienti ma ricchi di un’indomabile volontà, fece fortuna in ignote terre, poi, che tornati a casa, qui vollero la propria abitazione, entrando per ciò in sinergia con il fattore locale poc’anzi ricordato, insieme, inseguendo il bello, dopo averlo ricercato, discusso e ora commissionandolo. Avevano poca istruzione ma non gli mancava assolutamente il buon far di conto, imparato nel loro pellegrinare per le vie Mondo.  La vecchia notabilità locale, arroccata tra le mura del Castello, vedeva questi arricchiti, un tempo loro contadini che con gli “zoccoloni” batteva agli usci perché le mani erano impegnate nell’omaggio in natura al padrone, a malapena li salutava e nel sentirli conversare, li appellavano, con malcelata alterigia: “Gli asini d’oro”. Erano sì ignoranti ma ora, seppur non tutti, eccoli diventati ricchi e volevano anche contare nella società.

Questo è anche il messaggio che ci arriva dal libro LA NUOVA BARGA che venerdì 9 settembre andremo presentando alla Fondazione Ricci di Barga.

Nessuno, prima della Fondazione Ricci e Istituto Storico Lucchese, aveva mai intrapreso con tanta decisione un simile percorso, meglio sarebbe dire, avventura culturale di più di tre anni di lavoro, tra arte ed emigrazione. Nessuno ha mai intrapreso un simile progetto, cercando di capire cosa mosse tanta volontà e bellezza, che pian piano dette il via a LA NUOVA BARGA.

Chi era (sia pure inconsapevolmente) che stava dietro a questa vicenda e la volle. Chi appoggiò con determinazione la sua nascita, tra conduzioni politiche-amministrative, tecnici progettisti, maestranze operanti in valide ditte edili, fabbri che rispondevano alle commesse, falegnami, pittori, ecc.

Il secolo cosiddetto “Breve”, tra le distruzioni morali delle due guerre (morti a dismisura), temporalmente anche prima e con strascichi d’arte anche posteriori, ha segnato anche la storia di Barga ma con un tratto destinato a durare a “Lungo”.

 

 

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