Cuori  scolpiti

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La nave navigava con due giorni di ritardo, a causa di un’avaria alle macchine avvenuta il giorno della prevista partenza da Santos, in Brasile.

Un uomo, appoggiato ad una lancia di salvataggio sul ponte del piroscafo, scrutava l’orizzonte: fra poche ore avrebbe rivisto la sua cara Patria.

Marco Roselli, un bel giovane di ventisei anni, era emigrato cinque anni prima nella grande nazione sudamericana.  A quel tempo, quasi all’inizio degli anni Venti, la vita nel suo paese, nell’interno della lucchesìa, in Garfagnana, non era bella per le famiglie di poveri contadini come la sua. Egli era  terzo ed ultimo figlio di una coppia di onesti lavoratori agricoli: suo fratello era già sposato e si era trasferito, con la moglie, nel nord Italia, dove lavorava in uno stabilimento. Sua sorella, Corinna, era una lavoratrice della terra, così solerte da gareggiare con gli uomini. Ma nonostante le fatiche di tutti i quattro familiari, i guadagni erano magri e Marco, consigliato dal fratello, che a Torino aveva raggiunto un tenore di vita migliore, decise di emigrare in Brasile dove, si diceva, c’era molto lavoro e la retribuzione degli operai era buona.

Su questa sua decisione aveva però pesato soprattutto un motivo sentimentale: egli era fidanzato in segreto con una giovanissima ragazza diciassettenne, Margherita Tonioli; ma i di lei genitori si opponevano alla relazione, della quale avevano avuto sentore, data la giovane età della figlia, ma ancor più per la scarsa fiducia nelle possibilità economiche di Marco, il quale decise di tentare di far fortuna in Brasile, onde poter sposare la ragazza del cuore.

Così, i due giovani si ritrovarono la sera prima della partenza di Marco, come già tante altre volte, furtivamente, presso il pozzo nell’orto-giardino dei Tonioli. In precedenza, il giovane aveva inciso, con uno scalpellino, due cuori su una pietra del pozzo stesso; e lì, quella sera rinnovarono le loro promesse d’amore, si giurarono eterna fedeltà e Marco promise solennemente che non appena avesse fatto un gruzzolo sufficiente, sarebbe tornato a sposarla e avrebbe aperto un negozio di ortofrutticoli nel centro del paese: anche questo era un suo sogno. Poi, dopo un ultimo abbraccio, piangendo, si separarono. In Brasile, Marco, dopo un duro e tormentoso lavoro nell’interno del Paese, aveva trovato un buon lavoro a San Paolo, in un cantiere edile, ed inoltre talvolta di sera lavorava fin oltre la mezzanotte, come sguattero, in un grande ristorante. I facili divertimenti che gli si presentavano, gli amici che cercavano di smuoverlo, la sua vitalità, solo in una grande città, non avevano ragione della sua volontà e del suo forte animo di ragazzo per bene, che voleva tener fede ai propri principi ed ai propri impegni. Ed egli lavorava così tanto, solo per poter tornare più presto in Italia, rivedere i suoi cari e sposare Margherita.  Della quale aveva notizie saltuarie da parte di alcuni amici e da Corinna che, con discrezione, faceva da riferimento e tramite per le lettere che i due innamorati si scambiavano.

Prima di stabilirsi a San Paolo, Marco aveva lavorato alla costruzione di una ferrovia, molto all’interno della regione. Laggiù aveva incontrato un gruppo di missionari italiani: essi gli  ricordavano e rinforzavano i suoi doveri di uomo e di cristiano, ed egli aveva collaborato con loro, aiutando anche materialmente quei Padri.  Anche a San Paolo aveva attinto alla forza della fede e della preghiera, specie nei momenti difficili che non gli erano mancati e finalmente, dopo circa cinque anni, rimpatriava con un bel po’ di soldi che gli avrebbero permesso di sposarsi e di avviare un negozio. Ma un velato leggero sentimento di mestizia aleggiava in lui, ché durante la sua permanenza in Brasile, breve ma intensa e importante, si era affezionato ai luoghi e a molte persone.

Tutto il suo essere era però preso dal felice pensiero di riabbracciare i suoi cari, Margherita, gli amici…Già, Margherita: erano  tre mesi che non aveva notizie di lei, ed anche le aveva sollecitate a sua sorella, che però non gli aveva dato alcuna spiegazione. Come mai? Cosa si nascondeva dietro questo silenzio? Negli ultimi tempi questo interrogativo a tratti lo angosciava, ma rifiutava di pensare a cose non belle.

Genova, finalmente, l’Italia; l’entusiasmo era sommo fra i passeggeri: Marco aveva le lacrime agli occhi, abbracciò, sulla banchina, il padre, la sorella e un paio di amici: era il 10 dicembre 1924; quell’anno il Santo Natale l’avrebbe trascorso con i suoi cari! Grandi accoglienze per lui al paese, al suo arrivo. Gli amici (molti dei quali erano stati da lui aiutati con pacchi e denaro) lo portarono addirittura sulle spalle fino a casa e stabilirono con lui una cena per l’indomani sera. La mamma lo abbracciò piangendo poi, fino a tardi, a raccontarsi tutto, anche con amici e vicini di casa.  Di Margherita non riuscì a sapere gran che: lo chiese agli amici e, soprattutto alla sorella che, elusiva, gli rispose:

“Ora non è momento, con tutta la gente che c’è; quando saremo soli ne parleremo a modo”.

Ma quando gli ultimi amici uscirono di casa  era ormai notte, ed i genitori e Corinna si erano già ritirati; perciò il nostro giovane andò a coricarsi con l’angoscia del mistero delle informazioni mancate su Margherita. E pensando e pensando, durante la notte, arrivò a convincersi che la ragazza era ammalata seriamente: “Sì – fece tra sé -, non ci può essere altro motivo che questo. Ecco il perché di tante reticenze”.

La mattina seguente, alla colazione Marco si rivolse subito a Corinna:

“Dunque, sorella, Margherita…è ammalata?”.

Corinna lo guardò con commiserazione e con dolcezza gli rispose:

“Mi dispiace dover darti una notizia che ti farà male; ma Margherita…”

“Margherita, cosa?”. La interruppe lui alzandosi in piedi.

Al che la sorella, bruscamente:

“Da qualche mese si è fidanzata con il figlio del fattore, Pasquale Ferroni!”.

Un fulmine a ciel sereno, una mazzata sul capo: Marco si sentì smarrito come non gli era mai capitato. Uscì dalla stanza, si ritirò nella sua camera.

La sera, un’ora prima dell’inizio del festino in suo onore, Marco si aggirava nei pressi della casa dei Tonioli, quando Margherita uscì di casa e si avviò nell’orto. Egli corse e le si parò davanti:

“Margherita…”, e la voce gli mancò.

“Tu! – disse lei – Non dovevi cercarmi, lo sai, vero?”.

“Sì, ma come è possibile? Perché l’hai fatto?”.

“Marco devi capirmi, erano già diversi anni che eri andato via; qui in paese si diceva che stavi per sposare una ricca brasiliana, Pasquale mi faceva la corte incessantemente; infine anche i miei mi hanno spinta  ad accettare”.

“No – esclamò il giovane -, non è vero; è perché tu non mi amavi, io ti ho sempre amata, mi sono sacrificato ed ho sofferto per te, mentre tu ti sei lasciata comprare; già, i tuoi genitori hanno piacere che tu sposi il figlio del loro fattore…Miserabili!”.

“Non dire così – gli replicò lei -; essi non c’entrano più di tanto ”.

Marco le si avvicinò: “Allora, se mi vuoi ancora bene, io ti perdono e possiamo ricominciare il nostro amore”.

“No – esclamò fermamente la ragazza -, ormai voglio bene a Pasquale, ed egli se lo merita: io ti ho voluto tanto, tanto bene, Marco, ma ormai le circostanze hanno superato quello che era…Ti ricorderò sempre, ma niente di più”.

“Come? – riprese Marco, tremando – E le promesse che ci siamo scambiate sono solo un ricordo? Guarda questa pietra – e le indicò, illuminata dalla luna, la pietra del pozzo su cui erano incisi due cuori – , Ricordi? Li ho fatti io, ti dovevano ricordare me nel tempo che sarei stato lontano: essi sono ancor lì ed io ti amo e ti desidero più di prima!”. E così dicendo, sconvolto, cercò di abbracciarla, ma ella si divincolò e fuggì via.

La cena si protrasse fino alle due del mattino. Marco dette un triste spettacolo di sé, si ubriacò e fece lo spavaldo irritando un po’ tutti.

Quando rientrò a casa, la mamma l’attendeva.

“Mamma, come mai ancora alzata?”.

“Figlio mio so della tua delusione. Corinna mi ha detto tutto”. E gli parlò con tenerezza e bontà come solo una madre può fare.

Marco si commosse: “Madre cara, poco fa avevo deciso di tornare in Brasile… Per sempre!”.

“Mi avresti ucciso: non abbandonare più i tuoi genitori, abbiamo tanto bisogno di te. Ci sono tante brave ragazze qui, e tu sei ancora così giovane: ne troverai un’altra, meglio di Margherita!”.

Molti anni erano trascorsi da quel giorno: Margherita e Pasquale avevano tre figli, due maschi ed una femmina: Elvira, di diciotto anni.

Marco era proprietario di un avviato negozio di generi alimentari, i suoi vecchi genitori stavano bene, Corinna ormai era una zitella, ed egli era sposato con una non tanto bella, ma buona e simpatica sua compaesana. Essi avevano due figli maschi: il maggiore, Giuseppe, aveva vent’anni.

Da poco era passata la bufera della guerra, che aveva infierito a lungo nel territorio Val di Serchio-Garfagnana, ma il loro paese ne era stato risparmiato. Elvira e Giuseppe si  conoscevano fin da bambini, ma quella sera di carnevale, al veglione della ‘pentolaccia’, qualcosa di importante era avvenuto fra loro: avevano scoperto di amarsi.

Giuseppe parlò al proprio padre: “Babbo, ho deciso di fidanzarmi!”.

“Bene, e chi è la ragazza, figlio mio?”.

“Elvira Ferroni: spero che approverai la mia scelta”.

Marco trasalì e si appoggiò a una sedia. Elvira era bionda, bella: sembrava Margherita da giovane, come quando egli se ne era innamorato.

“Che hai babbo? Non sei forse contento?”.

“Sì, Giuseppe: ti do la mia approvazione, ma anche ti do un consiglio: non lasciarla mai…E sposala presto!”.

Grazie, babbo: è quel che desidero”.

Giuseppe e Elvira camminavano nell’orto dei nonni materni di lei: i vecchi Tonioli. I fidanzati si fermarono al pozzo.

“Guarda – disse lei – su questa pietra ci sono incisi due cuori. Certamente li avranno fatti due innamorati, chissà chi, chissà quando…”.

“Poi avranno coronato il loro sogno d’amore – disse lui – e saranno stati felici”.

“Ma non come noi!”, dissero insieme, e si abbracciarono teneramente.

Le nozze furono un avvenimento per il paese: le famiglie Roselli, Tonioli e Ferroni erano molto stimate e abbastanza danarose. Gli sposi erano raggianti di felicità: il corteo nuziale, a piedi  transitando per la strada principale del paese ricevette l’omaggio festoso di tutti gli abitanti, ed in chiesa le nozze furono celebrate in modo solenne, con tanto di suono di campane e con l’Ave Maria cantata da un tenore. Dopo lo sposalizio tutti i convitati nel percorso dalla chiesa al vicino ristorante, presero per una stradina e transitarono nell’orto dei Tonioli. Al passaggio presso il famoso pozzo, Margherita e Marco, istintivamente, volsero lo sguardo verso la pietra con su effigiati i due cuori. Col pensiero andarono indietro nel tempo di un quarto di secolo, ed una lacrima spuntò dai loro occhi mentre si incrociavano lo sguardo: fu un istante; poi si distolsero stringendosi al braccio dei loro rispettivi coniugi.

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