Notizie biografiche su Teresa Lucignani, Musa barghigiana di Leopardi a Pisa.  

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Pubblichiamo a seguire l’intervento che Pier Giuliano Cecchi tenne alla Fondazione Ricci di Barga, Notizie biografiche su “Teresa Lucignani, Musa barghigiana di Leopardi a Pisa”, in occasione della visione del cortometraggio di Roberto Merlino. Si tratta di: Pisa, donne e Leopardi, in cui ha il suo importante spazio anche la nostra Teresa. Era il giorno venerdì 20 maggio 2022.

 

Quando Giacomo Leopardi (Recanati 1798- Napoli 1837) arriva nel 1827 a Pisa, in Lui c’è già il nome Teresa e tutti sanno che è un suo dolce ricordo di Recanati, più che familiare di giovanili palpiti. Solo e purtroppo una memoria ma, ecco che ora che ha ventinove anni un’altra dal simile nome, gli viene incontro come un fulmine che sorprende, lasciando dietro di sé, nell’aria dei suoi pensieri, una scia dorata che non si attenua e gli perdura.

Sull’Arno quella scia dorata gli scivola con l’ultimo Sole? Per le vie di Pisa la vive negli innamorati che il Poeta osserva e memorizza in ogni particolare? A notte corre la scia, mentre che fissa quei travicelli prima di spegnere il lume e così addormentarsi?

Poi, all’alba, nell’ultimo sogno che lo sveglia ecco che torna e prende consistenza all’udir quel lento frugar di cose che gli viene dalle stanze intorno.

Siamo al pensionato che gestisce Giuseppe Soderini di Pisa che lavora anche come impiegato presso un avvocato e che ha sposato una barghigiana, Anna Lucignani.

Anna è pensabile che da Barga sia giunta a Pisa seguendo qualche facoltosa famiglia del luogo che in Pisa aveva i suoi interessi, potrebbe essere stata una delle famiglie Verzani oppure Bertacchi. Qui Anna ha incontrato l’aitante Soderini, appunto, detto “Nocciolo”. Si erano innamorati e poi uniti in matrimonio.

Da Barga, per aiutare i due nel gestire il pensionato, esattamente da Giuncheto, località che sta là nei colli dietro al millenario Duomo, i due coniugi vollero venisse una sorella della stessa Anna, Teresa, più giovane di lei di diciassette anni. Anna, infatti, è nata il 2 gennaio 1790, mentre Teresa il 22 febbraio 1807. Siamo all’ingresso dell’inverno 1827, Anna ha trentasette anni, mentre Teresa venti, quando da qualche giorno il pensionato ospita una persona già molto nota: il conte Giacomo Leopardi.

Alla mattina nella stanza che occupa Leopardi, volta a ponente, è pensabile che giungesse dalla sottostante via, lento, ovattato e quasi solenne, il cupo sferragliar dei carri, mentre più leggiadro è quel tintinnio di una carrozza. Ecco ora che di quella ragazza ventenne, Teresa, che Leopardi ha notato con interesse per la sua contagiosa e vispa allegria, sente venir piano un fievole canto. La immagina com’è veramente:- bella tra i suoi riccioli d’oro, con quegli occhi celesti come il mare, dove Giacomo ha forse sognato di esservi tuffato e perdendosi ora vi nuota. Piano e leggero è quel canto, bisogno naturale di un’età verde, però, educatamente è fievole, proprio per non disturbare chi pensa che ancora dorma. È forse uno degli stornelli barghigiani che dice: Fior di rugiada, tutti mi vogliono fidanzata, fiorin fiorello, ma se ne piglio uno che almen sia bello!

Il canto, ripetuto a tratti, è come venisse da un altro mondo, fievole, leggerissimo, però in Giacomo è dolorosamente amplificato, perché sa che alla sua mente non ha seguito il fisico e la speranza di far colpo su di lei è sulla via del nulla.

Canto lontano che gli suona dentro e viepiù ai suoi pensieri si affacciano sentite parole da un ricordo uguale? Che or si è fatto nuovo? E come poter dire di ciò che ora sente o risente se non usando chi passata ora non è più presente?

Il passato, dolore ormai indolore e solo ricordo, cioè poesia, ora si è magicamente reincarnato in un sembiante che gli avvolge nuovamente il cuore, ma sa che non potrà, come forse allora, con quella gaia lei che canta, condividere i suoi sentimenti, perché preda di ciò che la vita a piene mani gli ha riservato.

Giacomo si è voltato nel letto e quasi non vuol udire ciò che lo riporta alla sua attuale esistenza. Teresa, or che son passati assai minuti, nel suo canticchiare si ode meglio e lui vorrebbe correre alla vicinanza con Lei? Sente che gli farebbe bene? Forse, però ecco che giungono alla sua mente con l’emozione, delle belle parole ma nessuno dovrà sapere a chi son dirette espressamente e allora non a Teresa, cosicché, dopo cinque anni di silenzio, il prossimo componimento poetico sarà dedicato A Silvia. Nome che unirà ieri all’oggi in un simile sentire.

Queste mie povere parole romanzate mi servono per introdurmi a dare alcune note che attengono per lo stato civile a Teresa Lucignani di Barga, ma per quello religioso lei è della parrocchia di Tiglio compresa nel vicariato pisano della stessa Barga.  Teresa è di Giuncheto, di quel gruppo di case che è là dietro al Duomo di Barga, a mezza strada tra il capoluogo e l’antica frazione di Tiglio.

Tiglio, frazione che fa parrocchia, è diviso nel paese basso e quello in alto, che poi era una fortezza di Barga, però cambiata dal secolo XIV in una chiesa dedicata alla SS. Annunziata (Nunziata di Tiglio) oggi San Giusto, questo in virtù dei trattatati di pace allora intercorsi tra i pisano-lucchesi e Firenze cui Barga apparteneva.

I pisano-lucchesi nel mezzo di quel secolo volevano riprendersi Barga, che dal 1342, ufficialmente era passata da Lucca a Firenze; si posero all’assedio del Castello, uno di quei martiri, lunghi e snervanti, che per la libertà della Garfagnana, ogni tanto Barga doveva sopportare, finché da Firenze arrivarono i rinforzi, che, rotte le truppe pisane lucchesi che si erano parate a Borgo Mezzano (Borgo a Mozzano), poi Barga fu liberata. Nei trattati di pace con i pisano-lucchesi però, questi, vollero che fosse dismessa quella fortezza del Tiglio perché era troppo minacciosa contro il loro e dirimpettaio castello di Coreglia. Da lì la chiesa che era del Comune fatta sulla dismessa rocca della fortezza.

Chissà se Teresa sapeva tutta questa storia mentre che ancor ragazza menava le vacche o le pecorelle al pascolo? Lì accanto alla casa sua c’era Boldrino che aveva gli anni suoi e, forse, chissà se anche lui aveva sentito narrare quella storia mentre, pastore anche lui, se ne stava lì a guardarla in estasi, come avesse visto la bionda Madonna dagli occhi celesti, uguale a quella in chiesa, però dalla chioma riccia.

Siamo alla fantasia indotta da una storia che non conosciamo se non solo tramite i ricordi di Teresa Lucignani ormai vecchia che era cosa risaputa in città, a Pisa, avesse conosciuto Leopardi. Finalmente, il poeta e critico letterario Ettore Botteghi, saputo del suo singolare passato, la va a trovare all’Ospizio dei Vecchi di Pisa per intervistarla circa la sua conoscenza con Leopardi che avvenne quando, appunto, il Poeta andò a svernare da Firenze a Pisa, tra il novembre 1827 e il giugno 1828.

Siamo al 1897 e Botteghi scrisse nel suo articolo: “Giacomo Leopardi a Pisa” che era stato un pochino sfiduciato dall’idea di andare a intrattenersi con una vecchia che pensava decrepita e che magari aveva perso, se non del tutto almeno buona parte della memoria, questo perché seppe che aveva oltrepassato i novant’anni. Invece, quando gli fu portata al cospetto appoggiata al braccio di una sorta d’infermiera, ecco che prima di tutto si rese conto, nonostante l’età, perché circolasse voce in Pisa che a suo tempo, settant’anni prima, Leopardi se ne fosse invaghito.

Aveva poche rughe, gli occhi celesti, solo due bianchi denti ma un profilo dolce e bello, e poi è vogliosa di confidare ufficialmente quel suo, tra virgolette, “segreto”, cioè di comunicarlo a tutto tondo e Botteghi capisce che la sua memoria è perfetta e allora: via con le domande.

Fortuna volle che andasse a trovarla in quell’anno, perché se avesse aspettato poco tempo ancora, Teresa, così pare, se ne andò per sempre. Infatti, si vuole e si narra che morisse in questo 1897.

Alle domande di Botteghi inizia a rispondere con tanti particolari, che tutti non finirono nell’articolo, ma restarono sugli appunti del letterato, comunque eccoci all’uscita dell’articolo, che apparirà sul giornale Il Ponte di Pisa nel settembre 1897.

Botteghi in quest’anno 1897 aveva scritto anche qualcos’altro per La Gazzetta Letteraria, circa Pascoli e Leopardi in un certo senso definendo il primo allievo del maestro d’emozione poetica. Pascoli, che aveva casa a Castelvecchio di Barga, seppe di quest’articolo che lo riguardava criticamente, ma forse mai dell’altro in cui si parla di questa ragazza che nel fiore dei suoi anni, settanta stagioni prima, aveva scosso nel dentro Leopardi, che da qualche tempo non aveva scritto più poesie ma ora gliene viene una straordinaria: A Silvia.

In questa poesia cambierà nome alle due Teresa, la giovane Fattorini che a vent’anni muore ed ecco che ora è rinata nei vent’anni di Teresa Lucignani, la bella ragazza che gli rese eccezionale il soggiorno pisano, non d’amore pratico ma del cuore, quello dell’emozione pura, quello che scaturisce da: “Un non so che di divino”, che la bella di Barga gli infonde e in lui risponde.

A Silvia, potrebbe essere letta, interpretata, come un preciso ricordo che ora è assoluto presente: tu eri e ora sei ancora nella mia mente. Anzi sei viva e vere ancora come allora sento quelle emozioni. I poeti hanno un mondo dentro che vivono come loro stessi, sono, cioè, persone speciali. Emozioni, però, che fino in fondo nessuno potrà mai capire, ed essi stessi, anche se presenti, per ritrosia, forse, mai rivelerebbero.

A questo punto dobbiamo dire un poco chi era la famiglia Lucignani di Teresa ma anche della sorella Anna?

Qualcosa si è già detto, cioè, che stavano in Giuncheto, un gruppo di case dietro Barga ma appartenenti alla parrocchia di Tiglio. La famiglia era possidente, certamente di una casa e di un piccolo podere, perché si trova con la Restaurazione 1814, esattamente con l’Editto del 27 giugno di quell’anno, inserita nel nome del capo famiglia dentro la borsa per l’incarico a sorte di Consigliere Comunale a Barga. L’incarico avveniva con l’estrazione dalla borsa di una cedola su cui era scritto il nome del capo famiglia. Le borse erano tre e, secondo il censo, per ordine d’importanza queste contenevano tutti i possessori, allora 1007 famiglie, per comporre il Consiglio. Di queste famiglie sessantanove erano inserite anche nella borsa dei Priori e infine, cinquanta, i più ricchi, in quella per l’estrazione del Gonfaloniere (l’attuale sindaco). Le borse andavano avanti sino all’esaurimento delle cedole, per poi essere ricomposte.

Nel Comune di Barga di famiglie Lucignani inserite nella borsa dei consiglieri, ce ne erano diciassette, però è chiaro chi fosse il capo famiglia di questa che comprende Anna e Teresa. Infatti, si chiamava Domenico del fu Cristofano, poi vedendo che il primo nome di battesimo fosse Giovanni.

Dal Dazzaiolo dell’anno 1810, Impero Francese, vediamo che Domenico Lucignani pagava di tassa Franchi 11,16, che pone questa famiglia in una posizione mediana tra i possidenti.

Andando ancora indietro, vediamo come fosse composta allora la famiglia, traendo le notizie dallo Stato delle Anime della Parrocchia San Giusto a Tiglio del 1797:

Giuncheto – Casa propria.

Giovanni Domenico di Cristofano Lucignani 30 anni e

Maria Lucia di Francesco Giannatelli di 27 anni.

2 Figlie: Maria Anna di 7 anni e Maria Annunziata di 4 anni.

Teresa nascerà tra 10 anni.

Tutte le figlie avranno come primo nome Maria, però erano chiamate con il secondo: Anna, Annunziata e così pure sarà per Teresa. Se poi questa famiglia avesse avuto altri figli, non lo sappiamo.

A noi interessa Teresa e allora vediamo il suo battesimo, ricevuto nella sua chiesa di San Giusto di Tiglio, che poi, sempre gli spenderà agli occhi o nella memoria. Lo scritto del rettore Giorgetti ci presenta il nome di Teresa con la lettera “i” a comporre Teresia, ma questo è quasi certamente solo uno scrivere per pronuncia e quindi un errore:

 

 

BATTESIMO TERESA

A dì 22 febbraio 1807

Maria Teresia Rosa Erminia

Nata il dì suddetto del predetto mese e anno da

Gio. Domenico di Cristofano Lucignani e da Maria Lucia di Francesco Giannatelli sua legittima moglie ciascuno di questa cura – fu battezzata da me prete Gio. Vincenzo (Giorgetti) parroco in questa chiesa di San Giusto di Tiglio e – Padrini furono: Gio. Battista Boroni di Reggio Emilia e Rosa di Antonio Batozzi della cura di Comano.

 

Qui si chiude la mia nota con un altro interrogativo: chissà se Teresa Lucignani avesse sentito in sé la consapevolezza di esser riuscita a dare a Giacomo Leopardi la sua rinascita poetica? Certamente si accorse di qualcosa la sorella di Giacomo, Paolina, quando nel 1868 la volle conoscere e andò a trovarla. Teresa aveva sessanta anni, e chissà cosa si dissero e come si salutarono.

 

Per certo possiamo solo dire che Teresa, nonostante la sua quieta bellezza, solo in assai tarda età si sposerà e chissà perché! Altra certezza è il nostro presente, cioè, che tramite Teresa Lucignani, Giacomo Leopardi si è maggiormente avvicinato a noi barghigiani.

Qual era il volto, il sembiante di Teresa Lucignani? Mai lo sapremo ma a noi è piacevole prestarle il volto di Santa Fennina, una barghigiana, che in quell’assedio dei pisani-lucchesi del sec. XIV, perse la vita sulle mura di Barga, perché si accorse dalla sua casa che era sulle mura, che i predetti assalitori volevano entrare nel Castello di notte e dette l’allarme. Gli assalti notturni erano un uso proprio dei pisani e da noi ancora si può sentir dire ai bimbi che non vogliono andare a dormire la sera: Bimbi a letto che arrivano i pisani!

 

Santa Fennina, tale per elezione popolare, ha il suo busto nel corridoio che porta al campanile e a un secondario ingresso alla chiesa di Tiglio, oggi di San Giusto, un tempo, era la Nunziata. Un luogo religioso che nei tempi più lontani il Comune di Barga concedeva per l’ufficiatura, quando ai frati di San Francesco e quando a quelli di sant’Agostino, sempre di Barga, oppure ci nominava egli stesso un cappellano di quelli dell’Opera del Duomo di Barga, direttamente retta dallo stesso Comune.  Ecco allora che l’immagine di Santa Fennina la prendiamo in prestito per dare anche un sembiante a Teresa Lucignani e pensiamo che possa meritare questo prestito, per aver saputo, certamente a sua insaputa, avvicinato a noi tutti di Barga il grandissimo Poeta.

 

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