La vittoria più bella

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A due chilometri dal traguardo, i due corridori in fuga avevano circa un mezzo minuto di vantaggio sul gruppetto degli inseguitori, e ormai i primi arrivati sarebbero stati loro. Ambedue indossavano la maglia verde della società ciclistica “Folgore”.

“Allora, me lo dai il cambio? – disse quello che era in testa – E’ un bel po’ che tiro io: non ce la faccio più a reggere quest’andatura!”

“Forza Aldo – gli rispose il secondo ciclista -:  io sono spremuto”.

“Non è vero – replicò l’altro -, tu Piero non sei leale e so bene che ti risparmi per poi battermi in volata, ma questa vittoria interessa molto pure a me”. E così dicendo rallentò il ritmo delle pedalate. Intanto un gruppetto di cinque inseguitori si stava avvicinando ai due fuggitivi, quando ormai mancava meno di un chilometro dall’arrivo.

“Sei matto? – gridò Piero – Ci stanno riprendendo: dài, sennò me la pagherai cara!”

“Mi ricatti, dunque?”

“No, ascolta: so che in volata mi batti; se mi fai vincere ti regalo una motocicletta”.

“A questo punto sei, dunque? – reagì Aldo – Non lo avrei creduto; ma io sono un vero sportivo e non mi vendo: vincerà il più forte!”. Indi cambiò rapporto, si chinò sul manubrio e spinse i pedali a tutta forza. Lo striscione d’arrivo era vicinissimo e Piero gli era incollato alla ruota. Ai trenta metri tentò di superarlo: egli era più riposato e quasi si affiancò a Aldo; ma questi, con ultimo scatto, vinse di mezza ruota.  Il vincitore ebbe grandi ovazioni ed inoltre la vittoria gli apriva grandi speranze perché quella era un corsa molto importante, di dilettanti di prima categoria, e presto sarebbe passato al professionismo. Ma pochi minuti dopo ebbe una terribile sorpresa: fu chiamato dalla giuria e gli dissero che il suo capitano di squadra, Piero Vietti, aveva sporto reclamo contro di lui perché si riteneva danneggiato nella volata. Sosteneva infatti che Aldo gli aveva impedito il sorpasso, tagliandogli la strada per cui, onde evitare l’investimento, aveva dovuto frenare, rimanendo secondo. Purtroppo, i dirigenti della società che erano al traguardo sostennero l’accusa e il povero Aldo, nonostante le sue proteste, fu privato della giusta vittoria , che venne assegnata a Piero.

Piero Vietti, ricco possidente di vasti terreni, era stato il promotore ed il fondatore della società ciclistica “Folgore”. Egli era molto appassionato di ciclismo e, quasi tutto a sue spese, aveva costituito la società, unica esistente in quel comune di provincia.

Aldo Benni era invece un modesto contadino e anch’egli, valente ciclista, aveva accettato con entusiasmo di far parte della società. Questi due corridori si erano nettamente staccati da tutti gli altri per la loro forza  e bravura, avevano vinto molte corse e, a questo punto, avevano forti speranze di essere ingaggiati da qualche grande società ciclistica. Ma Piero, vigliaccamente, aveva rubato all’amico la vittoria decisiva, facendolo squalificare, imponendo sulla testimonianza dei dirigenti della “Folgore” il peso della sua qualifica di pressoché padrone della società.

Aldo si era molto abbattuto e non voleva più correre ed inoltre la mamma e la fidanzata, temendo qualche disgrazia durante le gare, in fono in fondo erano contente di quella decisione.

“Suvvia, caro, se ormai hai deciso di abbandonare la bicicletta, non ci pensare più. Non essere così triste: pensiamo a noi, al nostro prossimo matrimonio”.

Il giovane guardò la fidanzata, una robusta campagnola, semplice e dagli occhi sinceri, e le rispose: “Sai bene quante speranze avevo riposto nel ciclismo e quindi mi è doloroso rinunciare ad esso, ma capisco che da solo non posso far nulla. Ho da lavorare duramente per andare avanti e per preparare la nostra casa futura. Aiutami tu a superare questo periodo difficile”.

La ragazza lo strinse a sé e riprese: “Saremo felici anche se non diventerai un famoso corridore ciclista, e forse lo saremo di più!”

I due corridori procedevano velocemente. Stavano allenandosi, avevano già percorso una cinquantina di chilometri e arrivarono ai piedi di una salita non troppo dura, ma lunga. La scalarono agevolmente e, giunti al culmine di essa, si gettarono a capofitto nella susseguente ripida discesa; ma ad una curva il primo corridore si trovò improvvisamente davanti un camion che occupava quasi tutta la carreggiata. L’autista deviò bruscamente e il ciclista passò sfiorando il camion; ma in quel momento giunse l’altro corridore che urtò nell’automezzo e cadde malamente, lesionandosi gravemente un ginocchio. Questi era Piero Vietti.

Da quel giorno, lo sfortunato giovane vagò, per settimane e mesi, da un ortopedico all’altro, da un ospedale all’altro, ma senza ottenere alcun miglioramento. Finché, come ultima speranza, si recò in una clinica ortopedica fra le più importanti a livello nazionale, ed oltre.

“Dopo la caduta mi ingessarono la gamba ma, trascorso il tempo opportuno non ero guarito; infatti non riuscivo a piegarla. Subii una delicata operazione al ginocchio, ma il risultato è stato negativo. Ed ora, professore, sono da lei”. L’illustre medico osservò tutta la documentazione clinica e visitò minuziosamente la gamba del paziente, poi sentenziò:

“Mi dispiace doverle dire che l’articolazione è ormai irrimediabilmente perduta: Non credo sia il caso di tentare un’altra operazione”.

Piero aveva così forzatamente troncata la sua carriera ciclistica e accusò fortemente il colpo. Il suo carattere peggiorò diventando insopportabile persino ai suoi familiari.

Sua zia Gina era giunta, dalla città dove abitava, a fargli visita. Essa era maestra, di animo gentile, e si preoccupò subito di migliorare l’intrattabile nipote. Gli parlò decisamente:

“Pensa a quanti malati, invalidi, magari con il peso di una famiglia da mantenere, lottano serenamente la battaglia della vita senza perdersi di coraggio e soprattutto senza prendersela con alcuno. A seconda della durezza di come il destino ci colpisce, possiamo dare la misura delle nostre qualità. E’ facile essere contenti quando tutto va bene; ma nel corso della vita non sempre tutto può andare liscio. La nostra esistenza è un continuo banco di prova, un esame prolungato. Bisogna essere sempre all’altezza delle situazioni, civilmente e cristianamente. Tu hai reagito negativamente alla disgrazia che ti ha colpito: capisco che hai visto infrante le speranze per la tua grande passione, ma infine anche con una gamba rigida puoi lo stesso vivere quasi normalmente. Hai denaro, non hai preoccupazioni di sorta per vivere e perciò sei quindi più fortunato di moltissimi altri. Perché dunque essere così cattivo con tutti? Rispondere sempre male ai tuoi familiari: forse che essi sono colpevoli della tua caduta? Ricordati che tu, così facendo, li fai soffrire due volte. Inoltre, per concludere, ti voglio dire che la tua intenzione di sciogliere la società ciclistica è veramente cattiva: sei un egoista e non uno sportivo vero. Ti ho detto queste cose per il tuo bene e spero che possa trarne profitto…”.

La zia tacque ed il giovane, che l’aveva ascoltata con attenzione, dato anche il certo ascendente che essa aveva sempre esercitato su di lui, stette un po’ pensoso; indi ,dolcemente, replicò:

“Forse hai ragione, zia, ma perché dovrei ancora aiutare la ‘Folgore’? Ormai io non posso più correre e quindi preferisco non occuparmene più”.

“Ti ripeto che sei un egoista! Ma non sai che c’è più soddisfazione nel donare che nel ricevere? Tu ti vuoi isolare e sei il primo a soffrirne!”

“Ma, allora, cosa dovrei fare, secondo te?”

“Occuparti ancora del tuo sport preferito, dirigere la società, indirizzare e aiutare gli atleti. Le vittorie di essi sarebbero vittorie tue e la stima e l’affetto degli sportivi della zona ricompenserebbero i tuoi sacrifici”.

La zia aveva centrato il cuore del nipote. Il buon sentimento prese il sopravvento in lui, ed egli riprese ad occuparsi attivamente della società ciclistica. Fu nominato presidente e, nell’organizzare la squadra, il primo pensiero fu per Aldo.

Lo trovò nei campi intento al lavoro. Erano parecchi mesi che non si parlavano, da quella volta famosa, durante l’ultima corsa a cui avevano partecipato insieme.

“Salve, Aldo! – e Piero gli si avvicinò – Sto preparando la nuova squadra della ‘Folgore’. Come già saprai, ne sono il presidente. Abbiamo dei ragazzi in gamba e faremo furori: ti invito a farne nuovamente parte, e tu sarai il caposquadra”.

Aldo lo guardò e non rispose.

“So di avere agito molto male con te e me ne vergogno – riprese Piero -. Ti prego di dimenticare tutto: da ora voglio essere il tuo migliore amico!”  E gli porse la mano.  Aldo, dopo qualche attimo di titubanza, la prese e calorosamente la strinse fra le sue sue.

I corridori della “Folgore” ebbero moltissime affermazioni durante il corso della stagione ciclistica ed in particolare Aldo vinse alcune gare importanti. Piero, come presidente, ebbe così tante soddisfazioni, quante mai ne aveva avute quando correva. La sua più grande gioia fu però quella quando un giorno chiamò Aldo e gli disse:

“Sono felice di darti una notizia straordinaria: sono riuscito ad ottenerti un ingaggio presso una grande casa ciclistica, e sarai professionista! Tieni, leggi!”  E gli mostrò un documento.  Aldo lo lesse e, con le lacrime agli occhi dalla gioia, abbracciò l’amico: la prossima stagione avrebbe partecipato a gare nazionali, fino al Giro d’Italia, insieme a grandi campioni italiani ed esteri, compreso  Gino Bartali, del quale era tifosissimo!

 

 

 

 

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