Anno 1779: le strade della Comunità di Barga (seconda parte). La via Imperiale della Giovicchia

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La cosiddetta via Imperiale che da Barga conduceva nel lucchese e soprattutto, dopo il 1342, a Firenze, partiva da Porta Mancianella o Reale. Il secondo modo di appellarla è molto antico quanto il primo e da sempre sono andati di pari passo, seppur in certe storie odierne si voglia che la porta prendesse nome in Reale dopo che vi transitò sotto il Granduca di Toscana nel 1786. È questa una favola bella che invece, come tutte le fole, non ha il suo riscontro storico, anzi, nel primo libro delle Delibere della Comunità barghigiana che va dal 1393 al 1395, si può leggere che già allora la porta fosse appellata quando in Mancianella e quando in Reale.

Questo rilievo serva per dire che è molto probabile, anzi, ha un suo storico riscontro nel corso del Cinquecento, ossia, la via che partiva da Porta Reale, secondo una Delibera della Comunità, esattamente del 1574, lì si appellasse la via Imperiale. Non una citazione isolata, perché torna anche alla fine del sec. XVII, e questo ci aiuta a capire una cosa espressiva, ossia, che una delle importanti tappe della strada, l’arrivo a Barga, lì alla porta, avesse finito per dare con il diminutivo di Imperiale, cioè, Reale, in qualche tempo a noi sconosciuto, un altro nome alla porta detta Mancianella. Un simile caso successe anche all’opposta Porta Macchiaia che aveva e culturalmente ha ancora due nomi, ossia, Latria, questo derivante, forse, così come si può leggere nello Statuto di Barga del 1414, dal nome Ratria. Questi due antichi modi di appellare Porta Macchiaia: Ratria o Latria, parrebbero condurci al riflettere che i barghigiani avessero aggiustato a un parlare più scorrevole il più antico Ratria in Latria.

La Strada Imperiale giunta a Porta Reale, volendo e, se utile, previo i permessi alle guardie alle porte, il passeggero entrava nella Terra di Barga, magari riposare, poi uscendo all’opposta Porta Macchiaia, e seguitando tramite l’omonimo Ponte di Macchiaia, andava per la via del Capriolo verso Sommocolonia e da lì tramite il Passo del Saltello, finalmente entrando in Emilia; altro tragitto uscendo per la Porta di Borgo.

Potremmo dire che questa via sia una delle importanti memorie che ci conducono lontano, ai tempi dei quali per ora non esiste alcun ricordo, come anche dopo, sec. XI –XII, con Beatrice, Bonifacio e poi Matilde di Canossa. Tempo in cui la Terra di Barga fu decisa il centro per la parte a nord dei loro possedimenti in Toscana, gran parte della Garfagnana, poi combattuti tra Papato e Impero, quindi un Castello da dotarsi con un migliore collegamento viario che dall’Emilia passava per la Via del Saltello, controllato al suo ingresso in Toscana e in uscita, per la parte di Barga, dal ferrigno castello di Sommocolonia.

La via che entrava in Toscana, a quest’ultimo Castello si divideva in due, una andava al Ponte a Popoli sul Serchio per raggiungere l’allora fondovalle e l’altra a Barga, alla sua Pieve di Loppia e poi, come vedremo, entrando nel lucchese che portava al Ponte di Calavorno, un tempo collegamenti che religiosamente erano nella pieve barghigiana di Loppia.  Certamente non erano vie uniche, perché con altri sentieri si poteva raggiungere il Passo del Saltello e viceversa, ma quelle dette erano le vie principali.

Ora siamo a Porta Reale o Mancianella e iniziamo il percorso della via Imperiale, volgarmente detta della Giovicchia, e pian piano arriveremo al confine barghigiano con Lucca situato al Ponte sull’Ania, oggi un’importante frazione, appena ieri, circa cent’anni fa, solo seconda a Barga per le sue attività commerciali e produttive, dal 1915 della fabbrica SMI a Le Fornaci di Barga, pian piano cedendo il passo al futuro nuovo centro barghigiano.

Intanto iniziamo dicendo che allora, tempo del nostro Registro di tutte le Strade appartenenti alla Comunità di Barga, chi fosse uscito dalla prima Porta Reale o Mancianella non sarebbe uscito all’aperto come oggi, bensì entrava nella Loggia che correva sul fronte della stessa porta, che terminava allo spigolo destro guardando la stessa porta e lì c’era la seconda porta, che in questi 1779 dello stesso Registro, è solo evidente nei suoi stipiti. La chiusura però continuava con un muro, un corridoio di alcuni metri che nella sua totalità con la Loggia, costituiva un lato del triangolo che con gli altri due lati costituiva il cosiddetto “rivellino” (vedi immagine d’apertura). Uno spuntone che era stato pensato a difesa delle due porte negli anni 1494-95, quando Firenze rafforza le fortezze del suo dominio, e a Barga, dopo Sarzana e Sarzanella, ecco arrivare l’ingegnere detto, il Francione, chi nei due luoghi citati aveva già sperimentato i suoi rivellini e così ne fece uno anche a Barga. Questo arrivava oltre l’attuale strada che a destra scende al Giardino, mentre a sinistra va a Fornaci. Il rivellino fu smontato proprio per congiungere queste due nuove tratte viarie, ossia, se fosse rimasto, avrebbe interrotto la strada che all’atto praticò, andò a sostituire la via della Giovicchia di cui stiamo parlando. La nuova strada si concretò nei primi decenni del secolo XIX.

Prima del quattrocentesco rivellino, la Loggia era solo un androne chiuso con una possente, porta, un’antica difesa che rimase a cielo aperto sino al 1512, quando fu chiusa a costituire una Loggia. La copertura fu salutata dai barghigiani del Terziere di Porta Reale con grande soddisfazione, ma anche degli altri terzieri della Terra, perché finalmente ebbero un luogo pubblico riparato dalle intemperie, simile alla Loggia di Piazza del Mercato che era nel Terziere di Borgo. Infatti, si ha memoria che quella Loggia s’iniziasse a usarla anche come una sorta di teatrino per certe e ignote rappresentazioni, questo ancor prima che nascesse il primo teatro, erano gli anni 1688, fatto dagli accademici Indifferenti di Barga.

Vediamo cosa dice il nostro Campione delle Strade: Primo- Strada che da Porta Reale arriva fino alla metà del Ponte all’Ania, dove confina lo Stato di Sua Altezza Reale colla Serenissima Repubblica di Lucca. Guardando la Porta a destra, allo spigolo della Prima porta verso le mura, si dice che uscisse lo scolo di una fogna per le acque piovane che da dentro la Terra lì fanno capo.

Andando avanti si arrivava al pozzo pubblico che stava poco dopo l’inizio dell’attuale Piazzale del Fosso, che ha un suo preciso e ufficiale nome che è: Vittorio Emanuele II, però, ancora oggi, la memoria dell’antico fossato che stava dove oggi c’è la piazza, la vince alla grande. Nessuno a Barga si sogna di chiamare diversamente quell’ampio spazio, divenuto una spianata quando s’iniziò a praticare, proprio sul finire di questo secolo XVIII, il Gioco del Pallone, che non era il calcio ma il Gioco del Bracciale.  

Poco dopo il pozzo pubblico (vedi immagine all’inizio), volgendo a destra, iniziava la via Imperiale per Firenze larga Braccia sei, ossia, circa metri 3,60. Prima di prendere la via Imperiale, a sinistra, un poco discosta, c’era la via del Sasso, quella per l’allora chiesa di Loppia, prima una Pieve che i lucchesi negli assedi a Barga del secolo XIII, avevano diroccato e solo dal secolo XVI, riprendendo le sue funzioni religiose. In seguito riebbe il più che meritato titolo di Pieve, quando Barga, che ne aveva assunto in tutto il compito, fu elevata a Propositura.

Poco sotto la partenza della via Imperiale c’erano le tre case dei Carlini, poi i loro possedimenti terrieri e dei Bertacchi, per arrivare alla casa colonica di Betto. Scendendo ancora, a mano destra partiva un tronco di strada che portava verso Fontana Maggio, probabile fosse la strada che ancora oggi sta davanti alla villa dell’ormai cara memoria del Dott. Arrighi, questo lo diciamo perché subito dopo, come scrive Merrighi, siamo arrivati al “Convento dei RR. PP. di San Francesco”, che da lì dista poco meno di cento metri.

Ai Frati, sul muro di cinta del Convento, si annota la presenza dell’immagine di una Madonna, quella robbiana (Madonna che adora il Bambino) che ora è nel Duomo, alla cappella finale a destra, portata lì per salvarla dalla consunzione delle intemperie e da avide mani. Parimenti, con il solito fine, fu per la tavola dal carattere di una robbiana, però rimasta allo stato di cotto, che è nella solita cappella del Duomo, ma questa stava nel primo cortile del convento.

Da questi paraggi partiva a destra una strada che andava in Serra, la piana a lato dell’Ospedale San Francesco, mentre andando ancora avanti, solita mano, ne partiva un’altra che portava al Serchio, mentre a sinistra ne partiva una che conduceva ai Colli. Proseguendo si arrivava alla via di Gragno, chiara citazione, perché il tecnico Merrighi che ci conduce in questa settecentesca passeggiata ci dice che poco avanti si arrivasse al Portone della villetta del Sig. Dott. Filippo Bertacchi, l’arco che portava tramite un viale alla stessa villetta, oggi conosciuta come Biondi e così nominata.

Merrighi continua informandoci che proseguendo la via si arriva all’Oratorio della Giovicchia dei Signori Pieracchi, oggi una casa privata, e qui dice che la grandezza della strada sia di Braccia 4 ½ che nel vero di oggi erano due metri e settanta. Qui ci fermiamo un poco perché essendo andato lo scrivente a visitare il luogo, abbiamo incontrato un Signore, nume tutelare della Giovicchia, questo luogo che ha una storia che merita di essere raccontata e di cui parleremo nel prossimo articolo.

Il personaggio che si è or ora ricordato è Alessandro Lazzarini che abita proprio all’inizio dell’antico Ponte della Giovicchia, poi divenuto il Pontaccio e oggi avente il sembiante di un piccolo dirupo che presenta ancora un muraccio che in antico sosteneva il ponte su di un lato. Come ci dice Alessandro, il fatto di questo franamento è stato causato da una sorta di subsidenza del terreno che in pratica in questi ultimi secoli ha fatto sì che una delle due parti del terreno su cui passa la via della Giovicchia, in pratica quella a valle, si abbassi costantemente. Questo è causa di uno sbalzo sempre più evidente che non dà più continuità come un tempo alla strada, su cui, è sempre Alessandro che parla, un tempo si transitava comodamente anche con una carrozza, provenienti o dirette a Barga, mentre ora non è neanche pensabile. Infatti, il tratto di strada dalla parte superiore a quella sottostante si può fare solo tramite una scala di legno che fu realizzata dal CAI Barga nel 2015 e che oggi andrebbe anche ricontrollata.

Il bisogno della scalinata di legno fu capito e poi realizzata grazie anche a un certo interessamento, avvenuto dopo che nel 2008, parlando allora con il padre di Alessandro, Raffaello Lazzarini, da poco scomparso, questo rivolto a noi, lo scrivente e Cristian Tognarelli, andati lì a scoprire ciò che diremo con il prossimo articolo (le forche) chiese a noi se potevamo portare a Barga la lamentela dello sbalzo della Giovicchia. Infatti, era lasciato lì a se stesso, con solo una corda che aiutasse il passo, messa lì da qualche buona volontà, uno stato che andava mettendo in difficoltà tutte le persone che per svago vi transitavano, locali e turisti. Scrivemmo un articolo per il Giornale di Barga che lentamente produsse i suoi effetti nel ricordato 2015.

(fine seconda parte – continua)  

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