Anno 1779: Barga e le strade della Comunità (prima parte)

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Campione o Registro delle strade della Comunità di Barga del 27 settembre 1779, è un quaderno segnato con un n. 55, di complessive dieci pagine scritte con una buona calligrafia, dove si ha l’occasione di poter leggere, tutte le strade principali che graficamente segnavano un’ipotetica cartina dell’allora Territorio o Vicariato della stessa Barga, mappa virtuale, perché dentro, sono elencate e descritte, però non raffigurate con disegni. Autore il perito comunale Francesco Merrighi del popolo di Loppia che non solo dà in questo elenco, attuato nel precedente 1778, la ricognizione delle vie, ma informa un poco l’allora lettore su alcune specificità del territorio.

Noi lo abbiamo riletto e, dopo quasi duecento cinquant’anni, cercheremo di dare al presente lettore una visione del territorio di Barga secondo le comunicazioni stradali che allora erano al servizio del cittadino, che, seppur superate dalla nostra modernità, resta cosa interessante capire su quali direttrici allora ci si muovesse. Oltre a ciò, quando possibile, aggiungeremo qualcosa di nostro per dare all’intrapreso racconto un maggiore valore culturale.

Intanto va subito detto che Merrighi si avvalse per il lavoro dell’assistenza prestatagli da parte del provveditore alle strade dott. Luigi Bonanni di Barga e del cancelliere della comunità Pietro Sanetti, entrambi deputati per l’affare dal Consiglio Generale e Magistratura. Merrighi e Bonanni in quell’epoca erano assai vicini, perché lo stesso Bonanni voleva soffiare a Giovan Battista Lugani la compera dei poderi barghigiani (Angeli e Balduini) che il Militare Ordine di Santo Stefano di Pisa aveva posto in vendita. Bonanni, seppur facesse un’offerta maggiore, arrivò troppo tardi, perché il Granduca di Toscana, capo dell’Ordine Militare, aveva già battuto il martello per lo stesso Lugani. Il perito Menghessi fece la sua parte con una dichiarazione da esperto di come si muovessero le cose tra contadini e padroni, questo per rafforzare una certa idea di Bonanni ma ciò non servì a niente.

Dette queste cose che attengono alla biografia del personaggio Menghessi, con le parole che seguono, ecco come lo stesso esordisce nella sua relazione: Registro di tutte le strade … popoli, borghi, chiese, fonti, ponti, fiumi, fossi e ciò che alla Comunità s’appartiene e Pubblico. Vedremo andando avanti cosa si prospetterà di tutto quanto si è letto ora ma da come s’introduce a parlarne ecco che da subito ci incuriosisce l’inizio di questo racconto tecnico che Menghessi pone sotto la dicitura in grande: Popolo di Barga.

Questo è un passaggio molto intrigante, consistente in come e in cosa il Perito definisce questa parola Popolo, ossia, come elemento identificativo il nome Barga ma con queste parole che seguono si amplia l’insorta “questione” culturale: Il medesimo Popolo contiene in se tutte le strade esistenti dentro a detta Terra. Ecco allora un altro elemento indicativo di un modo di ragionare, che è la parola usata per dire dove sta questo Popolo, cioè, appunto, nella Terra di Barga con l’implicita asserzione che la stessa Barga sono i cittadini, cioè lo stesso Popolo. In pratica Popolo, Terra e Barga, sono tre definizioni di un unico asserto.

In altre parole, questo sin dai tempi remoti rispetto a questi di cui parliamo, nel Castello ci sta la Terra di Barga e similmente si appella il Consiglio (della Terra di Barga) che governa non solo il castello ma anche tutto il restante del territorio barghigiano, un modo inconsueto nel definirsi altre comunità, e allora, se non un unicum, abbastanza vicino a esserlo. Proviamo allora a darne una lettura, certamente opinabile, però ci sentiamo di provare, anche per invogliare chi, fornito d’interessi storici su Barga, su questa falsariga faccia conoscere in merito la sua idea.

Allora, il particolare modo di definire Barga, il trinomio stretto ad unum, parrebbe nasconderci una storia che non conosciamo o che solo potremmo farla derivare da un antichissimo popolo che qui si raccolse, difendendo e proteggendo la sua Terra con palizzate e infine mura, e che secondo una lingua perduta, dovessero essersi identificati in una parola vicina al successivo nome Barga, la terra divenuta il loro centro vitale. Stiamo parlando di un’epoca precedente la romana, perché in questo momento storico successivo al Ligure – Apuano, il nome Barga è già una realtà leggibile tra i nomi della Tavola Alimentaria Veliate sotto il regno di Traiano, imperatore di Roma l’anno 114, ecc. Che lì si citi la nostra Barga è cosa convincentemente studiata e resa nota dal massimo studioso della stessa importante “Tavola”, cioè, il prof. Nicola Criniti.

Parrebbe allora che in questa singolare ottica che abbiamo posto in evidenza, derivi come una sorta di genesi, una consuetudine locale, cioè, una caratteristica legata al suo antico modo di applicare le tasse, ossia, che nella Terra di Barga (l’interno del Castello), tutto ciò che stava dentro il perimetro delle mura, non era censito a estimo con fini fiscali. Questo nei primi estimi conosciuti della Comunità, cioè, a differenza di ogni cosa che stava fuori da esse, tutto quello che era dentro non era soggetto a tassazione. Di là da questa particolare e assai singolare situazione di Barga, l’assenza di un castellano censimento di fatto priva lo studioso di quei dati che, tratti dagli estimi, sarebbero molto utili per ricostruire la storia delle famiglie e le relative possessioni dei palazzi ma ora stiamo trattando un altro argomento e allora torniamo al nostro Campione delle strade.

Merrighi, all’inizio descrive e pone in evidenza che la Terra, il Castello, abbia tre porte: Porta Reale, Porta di Borgo e Porta Macchiaia e che per il beneficio del Pubblico vi siano una cisterna in Piazza, una fonte pubblica, semplice citazione cui aggiungiamo, che arrivava al Pianello, cioè alla successiva piazzetta delle Fontane, salendo alle mura tramite gli archi e così costeggiandole sino alla fuoriuscita dell’acqua dal tubo e questo sino almeno dal 1659. Qui si dice ancora che c’erano un lavatoio e un abbeveratoio per le bestie, di cui si vede ancora il segno in terra di dove fosse: angolo tra le case a destra salendo verso Porta Macchiaia. In cima a questa salita, così si nota nel registro, c’è il pozzo di Macchiaia, che è quello ancora visibile detto della Tonfa. Il Pianello era così chiamato perché pianeggiante rispetto al resto del Castello intorno e qui si era nel terziere di Porta di Borgo, mentre il pozzo della Tonfa, che è quasi al sommo della salita che va a Porta Macchiaia, era già nell’omonimo terziere del castello di Barga.

La cisterna di Piazza è quella che ancora si vede nella sua quadrata botola in piazza del Comune o Salvo Salvi, dove si raccoglievano le acque piovane della Loggia del Mercato. Questa Loggia fu costruita o meglio ricostruita a metà del secolo XVI, quando l’allora Sig. Pancrazi volle fosse tolta dall’appoggio al suo nuovo palazzo (oggi sede del Comune) perché gli portava l’umido all’interno. Cosicché fu ricostruita dov’è oggi, che poi è quella che copre l’ingresso al caffè ristorante Capretz, però qui merita soffermarsi un attimo per cercare di chiarire un poco quel modo antico di citare lo spazio tra la Loggia e Palazzo Pancrazi, cioè, la “Piazza”.

Questa denominazione è molto più antica rispetto a questa fine Settecento del nostro Registro o Campione ma anche rispetto al citato secolo XVI, infatti, questo largo spazio, utilizzato da sempre a mercato, si trova con questo nome sin da epoche più lontane e mai ebbe altro nome se non la Piazza. Un appellativo che resiste ancora nel secolo attuale, perché chi raggiunge piazza Salvo tramite l’irta rampa, non è difficile sentir nominare la scarpinata in: “la salita di Piazza” oppure sentir dire a qualcuno “vado in piazza”. Quando agli inizi del secolo XIX vi fu spostata a palazzo Pancrazi una parte della sede del comune, ecco che il luogo s’iniziò ad appellare anche in piazza del Comune e poi negli ultimi decenni anni del secolo XX, in piazza Salvo Salvi.  Piazza a cosa ci rimanda se non hai secoli più remoti, quando il centro di due o più vie diveniva, appunto, la piazza, un appellativo di antiche memorie, ma andiamo avanti.

Eccoci allora a leggere che il Popolo di Barga contiene anche le seguenti chiese e vediamole: la Collegiata di San Cristofano, attenzione, è appellata proprio così come nella sola toscanissima Barga, rispetto alla Valle del Serchio, si appellava quel Santo che manifestava a tutti il Cristo posto sulle sue spalle. Fate caso che a Barga, nel Duomo, San Cristofano è lì nella sua nicchia appoggiato al bastone con il Bambino sulla spalla, come se, dopo l’immane fatica della traversata, si fosse posto in posa per una foto. Tutti sanno della richiesta di quel Bambino che voleva passare il fiume, il Santo disse va bene e se lo pose sulla spalla destra e così lo traghettò all’altra riva, però, senza che prima avesse dovuto, a sua insaputa, superare la divina prova dell’improvviso rimescolarsi delle acque da placide in tempestose e piene di gorghi mortali, poi ancora, quel peso, una galla per il gigante San Cristofano, sempre più cresciuto sino quasi a schiacciarlo. Vittorioso nella prova, eccolo ora nella sua nicchia dentro il tempio che ancora manifesta Cristo a tutti i barghigiani ma anche a chi gli rende visita. Una posa non affaticata ma solo regalmente ieratica, diversa dalle consuete visioni del Santo che, come possiamo vedere in un quadro nella solita chiesa, è intento al faticoso attraversamento delle acque.

Andando avanti ecco elencata la chiesa dello SS. Crocifisso, quella della SS. Annunziata, San Felice, l’altra delle Reverende Madri di Santa Elisabetta, edifici religiosi ancora esistenti, mentre se ne citano altre due che sono scomparse e di cui diremo qualcosa a seguire. Queste sono la chiesa dei Reverendi Padri Agostiniani e quella delle Reverende Madri di San Domenico.

Per capire cosa fosse il convento di San Domenico, va detto che in questo luogo religioso si ospitavano delle suore del Terz’ordine dedite al culto di Santa Caterina da Siena (1). Queste suore oblate (senza voti), come dall’immagine, avevano l’accesso al loro convento sulla via del Pretorio che sale al Duomo, poco dopo l’ingresso a Porta Reale. Questo era corredato anche da una chiesetta che, essendo stata censita da Merrighi nel suo Campione, pensiamo che avesse un pubblico ruolo. Oggi, salva la localizzazione, non esiste più memoria di come fosse il loro convento e, soprattutto, dove fosse stata la chiesetta, comunque a questa data 1779 le suore erano ancora efficienti e queste svolgevano anche le funzioni d’istruttrici, cioè avevano delle scuole. Da qui a pochi anni, quando nel Granducato di Toscana presero avvio i Conservatori per l’istruzione, inizialmente a Barga fu pensato di ubicarlo qui, sennonché venendo in visita alla stessa Barga il Granduca di Toscana, era il 1786, quando vide il monastero di Santa Elisabetta, seduta stante decise che lì, per la bellezza, grandezza e comodità, era il luogo idoneo per porvi la nuova idea d’istruzione. La cosa prese reale corpo nel settembre del 1788, quando le suore oblate di San Domenico, per volontà granducale, furono ospitate al monastero di Santa Elisabetta e il loro convento alienato.

Detto questo, a noi ora interesserebbe capire dove fosse stata la chiesetta e, come detto, per il vero non si ha traccia, forse ne parla il canonico Pietro Magri nel suo inedito Castello di Barga? Possibile, ma questa è un’opera ancora inedita, ossia, solo pubblicata sino alla pagina sessantaquattro ma quasi introvabile. Tutto il manoscritto, pensabile scritto sul finire del secolo XIX, è conservato presso l’Archivio della Propositura, ma nessuno ha mai preso in seria considerazione l’idea di renderla definitivamente pubblica.

Certo la chiesetta, così come attesta anche il nostro Merrighi, ossia, che ebbe una funzione pubblica ma per esserlo veramente doveva avere un ingresso esterno rispetto al convento, cioè, mostrarsi alla mano. In mancanza di fregi religiosi su qualche stipite di casa nei dintorni dell’ex area del convento i casi sono due: o era, rispetto al convento, sulla via del Pretorio (guardando l’immagine ci sorge anche un’idea a vedere quel portale che ha sopra una bifora), oppure nella sottostante carraia che scende in via di Mezzo. Comunque è un mistero e pensiamo che per ora sia destinato a restarlo.

Dell’altra chiesa degli Agostiniani possiamo far vedere qualcosa e questo si deve al disegno che il mio antenato Domenico Cecchi di Castiglione Lucchese fece al convento Sant’Agostino, quando nel 1741 fu richiesta dai Frati la sua opera di tecnico per redigere il campione con mappe dei beni da loro posseduti. Questi frati, come recita il lavoro di Cecchi, erano operanti nel territorio di Barga sin dal 1077, con due eremi che si scambiavano vicendevolmente di che vivere: Sant’Ansano a Giuncheto e Santa Margherita a Sommocolonia, poi, pare che con l’anno 1360 entrassero nella Terra di Barga, stabilendosi nel mezzo del Castello.

Dall’immagine vediamo che il convento stava tra l’attuale piazza Angelio sino ad arrivare a fiancheggiare l’iniziale parte sinistra del Teatro dei Differenti che, però, in quei 1779 ancora non c’era. In alto aveva il pozzo artesiano che ancora oggi è funzionante.

La chiesa aveva l’ingresso in piazza Angelio, allora uno spazio più piccolo detto Santa Maria Novella o piazza S. Agostino, così com’era chiamato anche il monastero. All’altare centrale vi era l’antica tavola che oggi è esposta nella chiesetta di Santa Elisabetta, entrando a sinistra. In questa chiesa vi era anche un’antica Misericordia di Barga che si venerava come: Compagnia della Beata Vergine, che aveva la sua sede nella sacrestia della chiesa. Il monastero fu soppresso l’anno 1782 a beneficio di quello di San Nicola a Pisa e la Misericordia pare sia incamerasse in quella dello SS. Crocifisso.  (continua)

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  • Su questo sito si veda dello scrivente l’articolo: Passeggiando tra aspetti pubblici di Barga – arte e memorie collettive. Le Scuole Superiori di Barga  (dodicesima parte). Edito il 24 febbraio 2022.

 

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