Passeggiando tra aspetti pubblici di Barga: arte e memorie collettive. Note Canteo e la quarta caravella della Sala C. Colombo. (sedicesima parte)

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Caro lettore rieccoci alle nostre memorie e allora iniziamo ancora con il Canteo, perché le ricerche, come sempre accade a chi le fa, ogni volta possono presentare qualcosa di nuovo e interessante. Infatti, nel passato articolo, ci siamo soffermati a descrivere un poco una via oggi del tutto scomparsa e che si chiamava la via Carraia. Devo dire che quel nome mi aveva insospettito molto circa la sua natura e allora ho cercato notizie e devo dire che son venute fuori e mi hanno riportato indietro a molti anni fa, quando non ricordo con chi fossi e chi lo dicesse, però mi è sempre rimasta in testa una descrizione del Canteo dalla parte delle scuole, tra quelle in basso, le superiori e quelle ora in alto, le medie. Questa persona si perse a descrivere che nel tratto dove si era, abbastanza piano, ci passava in antico la via dei Remi. Ora, che quella via scendesse sul fianco del Canteo di là da dove si dice ora e così per andare all’Arsenale Mediceo di San Pietro in Campo, è cosa documentata e studiata ma di qua, non è consueto sentirlo dire.

In una carta locale interessante la zona di Canteo, trovata da Sara Moscardini, fornita poi allo studio del Comitato progetto di lavoro Barga Liberty, ecco che di questa via se ne trova disegnato un chiaro tratto con la definizione Antica Via dei Remi, che poi era, pensiamo, quella che giungeva a Barga da Coreglia. Giunta al Giardino dove c’è il cedro, cinquecento anni fa, ma anche per diverso tempo dopo, un’area coltivabile con qualche sporadica casa, quindi la via dei Remi da qui andava a ricongiungersi con l’altra che scendeva dall’Alpe, come se noi oggi dal cedro ci si incamminasse verso il cimitero urbano.

Prima di lasciare il Canteo va detto che molti degli emigranti di Barga qui vollero le loro case in patria. Sono gli anni venti e trenta del Novecento, quando sulla via che in foto, esplose la costruzione, tanto da far dire al Senatore Adolfo Zerboglio nel suo libro Barga: Memorie e note Vagabonde del 1929: Oh punta dell’Omo; oh baluardo del Giovo, difendete le vostre vette da questa marcia di costruttori.

È questo il tempo in cui Barga, grazie al sacrificio umano in tutti i sensi dei suoi emigranti, sempre più si amplia ma al tempo stesso si divide in due, il cui esempio correlativo più prossimo di quest’affermazione sta nella Società Colombo al Giardino che è l’esatto uguale della Fratellanza Artigiana, salvo gli iscritti. La prima qui al Giardino, l’altra su all’interno della ferrigna Terra di Barga. Di questo ne parleremo un poco dopo aver detto come poteva apparire Barga che si ingrandiva.

Dei bei villini attrezzati di ogni comodità per l’epoca, diverse novità che in Italia non erano assolutamente ancora entrate nel comune vivere, anzi, tutt’altro. Per esempio i riscaldamenti centralizzati a legna che tramite termosifoni potevano riscaldare ogni stanza. Un qualcosa che faceva di queste case un magnifico sogno ad occhi aperti, anche perché erano belle a vedersi, frutto di progetti che dilettavano anche gli stessi esecutori, che più avevano fantasia e più facevano delle belle cose. Case, cioè villini, che guardarli erano e sono un piacere per gli occhi ma anche e soprattutto del cuore. Soltanto osservandoli da lontano, nella sottogronda decorata, nei pilastrini di marmo posti a finestre a bifora, nelle torrette, negli ampi terrazzi, che, come ancora oggi, rimirarli era uno spasso per l’anima.

Poi Carminella, nome di fantasia, che andava o era a servizio in una di queste case, raccontava alle sue amiche di esser rimasta affascinata in quella certa casa dove c’è un soffitto tutto pitturato, disegni che aveva fatto il Bruno, l’Antonio, l’Alessandro o il su figliolo Michele, amici di Barga e diceva: sapete che sono veramente bravi questi nostri pittori! Ho visto il soffitto pitturato di una casa dove c’era una capanna tutta immersa nella neve, da un’altra signora, c’è un coniglio nella sala che pende giù dal soffitto, di là ci hanno voluto pitturato un tavolino tutto imbandito di buone cose, anche con il fiasco del vino e così dicendo.

Magari se una di queste amiche di Carminella passava d’estate sul viale di Canteo, del Piangrande, giorno di festa domenicale, poteva vedere sui terrazzi dei villini o nelle limitrofe vie, teste di donna acconciate alla “garconne”, cappellini buffi a campana o di altre strane forme, però belli sulle teste che così divenivano come coronate, anche di nastri preziosi; abiti che al collo hanno accenni di piume su tessuti leggeri fatti di una stoffa che al raffronto con ciò che veste il locale ha del superiore, anche nel taglio e di una qualità, forse, mai vista prima. Ognuna di queste donne, magari, nel suo stile charleston è anche ammiccante, certamente vistosa nel comportamento, indotto anche da ciò che veste, come quella figurina vista solo una volta su di un giornale detto quotidiano, ma che loro, le amiche di Carminella, vedevano solo ogni tanto e di sfuggita. Poi ci sono anche gli uomini, nei loro pantaloni che sembrano gessati al confronto con quelli sventolanti e sdruciti e … non solo dei contadini. Le giacche ben attillate, con il sotto giacca da cui spunta una catenella dell’orologio da taschino, i cappelli poi sono straordinari sopra a quei capelli lucidi di pomata che in loco nessuno forse ha mai usato se non quei pochi signorotti.

Quelle donne sono proprio uguali e identiche a quelle signorine che si notano su quei rari manifesti che ogni tanto annunciavano un film, muto come l’immagine dell’attrice, che si sarebbe proiettato da Alessandro Moscardini all’Eden la Pergola di piazza San Rocco, oppure dal Giuseppe Capretz dell’omonimo Caffè, detto il Cinema Italiano, il migliore di tutta Barga, poi venne anche il Cinema Teatro Roma. Magnetici volti di donne come prese da uno strano languore, con l’occhio velato da una lontana nostalgia e che facevano dire alle nostre donne rivolte al loro amato: che guardi Tonio? Quelle non sono mica vere, non esistono. Sono solo nelle scene che mandano sul muro o su un lenzuolo bianco con quello strano macchinone che fa un rumore che a volte si sente anche da fuori dalla sala. Andiamo, che sono fantasia e non son vere. E Tonio andava e le guardava ancora di tanto in tanto finché non si potevano più distinguere, simile a quel sogno che muore all’alba.

In precedenza, con l’esempio della Società Colombo che emulò la Fratellanza Artigiana, ci siamo introdotti a capire una cosa importante per Barga che mai è venuta meno sino ad oggi e che solo il creduto progresso ha definitivamente sconfitto, portandosi via tutto, anche i locali. Si parla della vecchia Barga che fu emulata dalla nuova Barga, consistente in una evoluzione della cittadina che andò man mano scontrandosi e dividendosi in due, con il nuovo sobborgo che crescendo aveva bisogno dei suoi servizi che già erano nel castello ma che anche qui si volevano, affinché fosse maggiore e migliore il dinamismo del vivere e … più diffuso l’interesse.

Caro amico passeggero che con lo scrivente leggi e mediti, sappi anche quanto segue, ossia, che fosse ovvio che le due Barga, vecchia e nuova, fossero costituite nella loro essenzialità su delle forti basi sociali. La vecchia Barga si basava sulla stabile nobiltà delle sue famiglie più facoltose, raccolte negli antichi palazzi, che ancora sfoggiavano il pozzo artesiano, lo stemma suo o acquisito come anche quello dei protettori, in genere i Medici.

Tutto lì scorreva su lastre di pietra serena, tra il Duomo, il suo magnifico bastione un dì già templare, il Teatro voluto da quella nobiltà ora in decadenza allora raccolta nell’Accademia dei Differenti e che tra poco, oltre ai teatrini dei caffè, avrà il suo vero doppio nel Cinema Teatro Roma al Giardino, anche questo frutto di emigranti che vogliono emergere. Tutto viveva e si svolgeva tra la piazza del Comune, Porta Macchiaia e la Reale che allora era maggiormente appellata Mancianella, mentre quella di Borgo era da qualche tempo che non c’era più, però da lì, tramite due ponti, si andava al Giardino. Tra le donne c’era chi andava ai pozzi con i panni tenuti dentro la cesta sulla testa e chi invece, passeggiando vezzosa e leggiadra, sogna cavalieri erranti che vengano a portarla via.  Poi lo sferisterio del Fosso, luogo principe del passeggio, con il gioco del bracciale detto gioco del pallone finché poi non venne veramente il football, meglio il calcio e Jonny Moscardini, l’emigrante che portò in Barga il sogno della Nazionale che vinceva. Lo sferisterio era la massima espressione di questa Barga, con lassù, dal 1905, la statua di Antonio Mordini. Una Barga che ancora rimuginava sul dorato passato, quando qui veniva il Granduca o quando per gioco, qualcuno volle sfidare la distanza dalla vecchia capitale Firenze e la raggiunse in carrozza solo per prendervi un caffè. (58)

Poi c’era la vita ecclesiastica che faceva vicino Barga alla torre pendente di Pisa, con i suoi canonici del Duomo che ora che siamo nei primi decenni del Novecento, non sono più dieci di nomina con prebenda ma solo tre onorifici. Pisa che fu già il capoluogo di provincia dalla fine del Settecento sino a che Lucca non fu fiorentina e si riprese Barga, finalmente e dopo secoli, nel suo distretto. Insomma, questa era la Barga che si portava dietro tutta la storia della terra che ricordava gli Apuani, Longobardi, Matilde, il Barbarossa della fine del secolo XIII, lo scorno del Piccinino che nel 1437 rimediò una sonora lezione sotto le sue mura, il Capitan Galletto che sognava la Repubblica a Firenze. Poi il secolo XVII del Teatro degli Indifferenti che su richiesta del Granduca divenne Differenti. Prima c’era stato l’aureo Cinquecento dei suoi maggiori palazzi e così pensava il suo cittadino quando dal piano che dall’antico si appellava il Giardino ecco muovere pietre, mattoni, carri con sopra rena, calce, in tutti infondendo subitanea speranza che poi si cangiò in un contrasto per gli interessi economici.

Caro virtuale passeggero e lettore, ecco che passati i due ponti, siamo nella nuova Barga che dalla fine del XIX secolo fu in crescita e quasi ogni anno si aggiungeva una bella costruzione che inizialmente si voleva simile al palazzo dell’antico padrone del committente: alto, cubico nel volume. Quel padrone vedeva il suo agricoltore che prima andava da lui, alle feste specialmente, con la bella primizia del podere per fargliene dovuto dono. Poi, venne il giorno in cui, l’agricoltore con un gran coraggio e intraprendenza, lasciò la mamma, il vecchio babbo e un fratello alla cura dei campi e lui salì a Genova su quel bastimento. Dove è andato il Pietro: nella “Merica” a cercar fortuna; e la fece veramente!

Pietro ora è tornato, vestito bene ed è seduto fuori dal caffè del “Galea”, di chi come lui è tornato da poco e s’è fatto questo locale che ha tre piani e alberga. Là davanti c’e un altro caffè, quello del Gosto, dove si può giocare anche a biliardo e ci vanno quegli emigranti più abbienti. Pietro ha sentito dire che ora il vecchio padrone lo appelli tra i suoi amici il “Pietro degli asini d’oro”, sì perché di scuola con il maestro ne ha fatta veramente poca ma di quella della vita, però ne ha fatta tanta e gli ha anche fruttato proprio bene. Ovvio che si apra pian piano uno scontro sociale tra la vecchia oligarchia, acculturata ma sempre più povera, contro la società nuova, pochissimo istruita in lettere ma forbita in conteggi di soldi.

Nascono pian piano due partiti locali, la Crema nel Castello e il Popolo al Giardino, cosicché sorgono anche due giornali: La Corsonna per i primi e La Gazzetta di Barga per i secondi. Una farmacia dentro e una fuori, un medico condotto per il Castello e uno per il Giardino, che è introdotto da Capannori. È il dott. Domenico Lazzeroni che poi diviene anche sindaco di Barga e dopo di lui un altro medico del Popolo, il socialista prof. Cesare Biondi. Tutto ha bisogno del suo doppio come anche la Fratellanza Artigiana ebbe il suo nella Società Colombo, seppur, alla fin fine le due cose marciassero su di un binario che per ambedue era il nuovo dell’Italia che ancora non era entrata nella Prima Guerra Mondiale. Occorre dire però che la Fratellanza fu il nuovo di Barga dopo l’Italia Unita, sorta nel 1862, ergendosi con non poche difficoltà sul vecchio sistema, anche rendendosi indipendente dal potere ecclesiastico che sua volta le volle fare anche lei il doppio con la cattolica Società Angelio, che seppur nata nel 1891, aveva come obiettivo di non far crescere più di tanto la massonica Fratellanza. In pratica la Fratellanza e questo da subito che fu fondata, fu avversata dalla Chiesa ed ebbe il ruolo che ora rivendica la Colombo, emancipazione dei suoi affiliati che appartengono strettamente all’emigrazione, così come recita il suo statuto. Però tra Fratellanza e la Colombo, alla fin fine, il sangue non bolliva più di tanto e tutto, maggiormente si stemperava quando le elezioni comunali erano lontane.

Comunque la Colombo è una nuova società che aborrisce le vecchie macchinazioni politiche e meschine della gran confusione perché poi niente cambi. È intraprendente e va dritta alla meta, come quando s’inizia a parlare della via che da Barga vada alla sua stazione ferroviaria detta Barga – Gallicano.

La strada per la stazione deve andare dritta giù per il Piangrande che si sviluppa enel 1905 “Il Dorme” ci ha fatto fare a metà anche una chiesa: il Sacro Cuore. Deve passare di lì e senza altre soluzioni,  che poi in fondo, dal ciglio finale già s’intravede laggiù la ferrovia. E di lì ci va grazie al Popolo, che ha un San Cristofano nelle sue fila ed è quell’omone che da tutti si appella il Pitone. È questi un emigrante di ritorno dalla “Merica” e aderente dei primi al partito del Popolo, il cui nume tutelare è il Prof. Cesare Biondi.

Il Pitone, la domenica mattina ascolta da fondo il Piangrande quando inizia il suono della campana della Messa, poi incomincia a contare a memoria il tempo che può durare la domenicale funzione liturgica, quando crede sia finita, inizia a suonare il suo corno di vacca. Ci soffia dentro come dovesse gonfiare una mongolfiera e questo non emette un suono cupo ma pare che sia proprio quello del treno, lungo e più volte ripetuto. Lo ripete ancora più volte per chiamare i doppiamente fedeli, prima in Cristo ora per la nuova Barga, affinché si affrettino e non tardino all’appuntamento muniti di badile e di piccone per continuare l’allargamento di quel dritto sentiero che parte dal piccolo cedro, lassù al Giardino e questo perché diventi una strada carrabile. Alla moglie che tra i filari intravede laggiù alla casa, la Maria che vien da Gallicano, che si accompagna con la figlia Emma, fa un cenno come a dire: forza donne, mi raccomando la pastasciutta per tutti e i fiaschi di vino ma di quello buono. Cose queste che non hanno bisogno di specificare il tempo in cui avvennero, perché non lo ha ciò che è esemplare in virtù; si racconta e da sé si eterna senza tempo. Comunque era il 1909.

Gli emigranti, tra questi il Pitone segretario, dal 1903 hanno creato la Colombo, il doppio della Fratellanza Artigiana, quest’ultima, alla fin fine un po’ troppo schierata dalla parte del partito della “Crema” e a questa loro creatura, simile alla Fratellanza, però esclusivamente per gli emigrati, gli dettero il nome di Società Cristoforo Colombo, l’eroe italiano dei mari, che giunse nel 1492 a scoprire la “Merica” e che oggi di loro emigranti, nel suo nome, di quelli avventuratisi là oltre Atlantico (nord e sud) ne accoglie molti nel sodalizio. Colombo poi lo vollero effigiato dentro la nicchia sopra la porta d’ingresso.

Cristoforo Colombo e la quarta caravella.

Si faccia attenzione, forse fino a ora nessuno l’ha mai notato, ma sul petto del busto di Colombo che è all’ingresso della sua sala a Barga, c’è una catena che gli chiude l’ermellino con nel tondo raffigurata la “quarta caravella”. È l’insegna del Comune di Barga, che tutti sanno, essere una barca con vela che naviga i mari, come similmente incoraggiati anche dal grande navigatore, molti di Barga fecero. Allora, quella barca barghigiana, simbolicamente la quarta caravella Colombo, si volle posta sul suo busto, nel tondo che poggia sul petto del “Grande Padre Navigatore”, orgoglio d’Italia ma loro soprattutto.

La fondazione ufficiale della Colombo, la Casa d’Italia in patria, avvenne il 28 aprile 1903 a cura di emigranti di ritorno e il primo presidente fu il dott. Alfredo Caproni, amicissimo di Pascoli, un uomo che fu molto importante per Barga e degno di tanta novità intrapresa perché era figlio di un figurinaio. Il Dottore in questo stesso anno sta costruendo la sua villa immediatamente fuori dal Castello, una grande costruzione cubica con buoni accenni Liberty che da lontano si distingue nel panorama di Barga assieme al Duomo e a palazzo Balduini.

Il primo socio onorario della Società fu accettato nel luglio 1893 nelle vesti del sindaco di Barga Cav. Uff. Avv. Salvo Salvi, in tale accoglienza contò molto la carica perché non era un emigrante e forse nessuno della sua famiglia aveva intrapreso la via degli ignoti mari. Lo statuto della Società fu stampato in questo anno 1893 dalla tipografia Groppi di Barga e l’inaugurazione del vessillo fu fatta con una festa in cui parlò il Prof. Cesare Biondi, che celebrò l’esperienza dell’emigrazione, che anche lui aveva fatto andando a studiare, dopo Firenze, a Friburgo in Germania, che definì Colombo, come gli emigranti che lo ascoltavano, un figlio del Popolo.

L’anno 1896, esattamente il 27 settembre, nella Sala Colombo, casa degli emigranti barghigiani, fu accolto il poeta Giovanni Pascoli e il senso di quel giorno è ben descritto nella lapide che entrando alla stessa Colombo si mostra lì di fronte e lì posta nel centenario dell’evento, l’anno 1996:

In questa sala voluta dalla Barga Emigrante

Dedicata alla solidarietà

Giovanni Pascoli, il 27 settembre 1896

Dichiarò il suo amore per la nostra Terra

Riconoscenti e commossi lo ricordano

I Soci della Fratellanza Bargea.

 

L’anno successivo fu Barga a onorare il Poeta, conferendogli la Cittadinanza Onoraria, consegnatali sempre qui alla Colombo alla presenza dell’On. Antonio Mordini, il sindaco Giuliani, e si notò che per quella straordinaria occasione la Sala non ce la fece a contenere tutto il pubblico.

Penso si sia capito che questa Società Colombo, poi divenuta di Mutuo Soccorso, con la sua sala centralissima in Barga e di facile frequentazione, divenne un luogo in cui, oltre a celebrarsi l’emigrazione barghigiana, si sviluppò anche la crescita civile della nuova Barga. Gli emigranti vi tennero corsi per leggere e scrivere, feste popolari con balli, banchetti con ricevimento e anche incontri di livello politico locale nella volontà di ricercare soluzioni ai mille problemi della cittadina.

Caro passeggero, qualcuno oggi potrebbe essere tratto in inganno dal credere la Sala Colombo già sede della Fratellanza Artigiana, anche perché lì parrebbe di vederla nei suoi fregi che ornano gli interni. Per sciogliere ogni eventuale dubbio, cioè, per far capire dove fosse la sede della Fratellanza, ecco cosa si notò in articolo del 1909, che trovate su questo sito, scritto allora da Mary Heaton Vorse, pubblicato già sul Giornale di Barga cartaceo nel 1997 e poi, appunto, qui. Come già notato dallo scrivente con due articoli del presente lavoro dedicati alla Fratellanza Artigiana, questa era dentro Barga, vicino Porta Macchiaia ma con ciò che leggeremo ne avremo una chiara e poetica visione, quando al caffè che era vicino alla Porta e alla Fratellanza, arrivano in una sera di quel 1909 dei ragazzi ma leggiamo:

 A un certo punto (dentro il caffè) si unirono tre ragazzi, sui quindici anni, e Zeffira si alzò e gli portò del pane e del latte. Questi ragazzi, ci disse il padrone, erano venuti alla scuola serale di disegno da Loppia. La frequentavano tre volte alla settimana. Loppia, come sapevamo, si trova a un’ora di cammino da Barga, un percorso senza strada e accidentato. La notte era molto buia. “Sono molti – ci disse – quelli che vengono alle nostre scuole serali dai paesi vicini”. (59)

La Società Colombo nel 1904 ebbe tra i Soci onorari niente meno che Re Vittorio Emanuele III, poi, oltre il garibaldino sindaco Salvo Salvi,  eminenti personalità dell’emigrazione barghigiana. Una su tutte Ferruccio Togneri, iscritto all’albo d’oro nel 1921.

Tornando indietro di dieci anni, cioè, al 1911, ecco che quell’anno gli emigranti comprano da Ida Nutini di Barga, per £ 7.000, la sede in cui è ubicata la Società Colombo, in via del Giardino. Per l’occasione si colloca il busto marmoreo del Grande Navigatore, con sul petto la quarta caravella, nella nicchia operata sopra la porta d’ingresso che ancora è lì a testimoniare di una stagione di Barga, socialmente, tra le più interessanti. (60)

Nel 1931 sia la Colombo come la Fratellanza iniziano a parlarsi per fondersi insieme e ciò avverrà l’anno 1935, inglobando anche la Biblioteca Circolante Angelio che a tre andranno a comporre la Fratellanza Bargea e la sede sarà questa della Colombo. Si faccia attenzione che il nome assunto rispecchia, ad onta dei tempi di allora, un sapore vagamente liberale, e questo la dice lunga circa chi dirigeva Barga in quei tempi, anche lui un ex emigrante e molto vicino all’idealità massonica della Fratellanza Artigiana, che andava sciolta ma che a metà ritorna nell’appellativo Fratellanza e poi la barra a dritta sull’utilità che deve avere per Barga la nuova associazione, appunto e quindi, con l’aggiunta Bargea: ci uniamo per Barga!

Ci siamo dilungati assai ma quanto possa esser affascinante cercare di ripercorrere una storia lo sa solo chi vi si cimenta. Spera solo lo scrivente di esser riuscito almeno un poco a rendere l’idea di come potesse essere Barga cento anni fa e cosa visse in quel tempo. Con il prossimo articolo vedremo se ci riuscirà di dare notizie su come evolse la viabilità di Barga.

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58) Su questo sito – Pier Giuliano Cecchi: Sul Fosso nacque il calcio a Barga. Quattro articoli in Cultura: 8, 11, 13 e 15 febbraio 2020.
59) Su questo sito – Viaggio nella Barga del 1909. Una eccezionale testimonianza su Harper’s Monthly (capitolo 1) –Articolo in Rubrica Storia, del 23 giugno 2015.
60) Bollettino del Ministero di Agricoltura, industria e Commercio, 1° semestre 1911. Roma. Stabilimento tipografico della Società Editrice Laziale.
Autorizzazione ad acquistare. Regio Decreto 13 aprile 1911. Registrato alla Corte dei Conti il 29 aprile 1911. La Società di Mutuo Soccorso Cristoforo Colombo, fra gli operai esercenti di Barga in Provincia di Lucca, è autorizzata ad acquistare dalla Sig. Ida Nutini una casa situata sul Borgo del Giardino, in Barga, per la somma di £ 7.000 allo scopo di collocarvi la propria sede.

Commenti

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  1. Prendo atto che non avete pubblicato il mio commento. Era la conferma di cui necessitavo.


    • Prendo atto che ancora una volta ha pubblicato il suo commento mettendo nome e mail fittizia). Così si va poco lontano. Buona Pasqua (Luca Galeotti…. io mi firmo)

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