VALLE DEL SERCHIO – Nel Nord Italia, a fronte di una siccità straordinaria si annuncia un cambiamento epocale di lungo periodo. Dalla Riserva di Biosfera dell’Appennino tosco emiliano giunge la proposta di un nuovo approccio alla governance e agli usi umani dell’acqua, con una sottolineatura del valore del sistema territoriale dell’Appennino medesimo. È quanto emerso ieri al “tavolo sulle acque” dell’assemblea della Mab Unesco. Un appuntamento partecipato da molti dei principali enti che si occupano del tema, Autorità di Bacino, Consorzi di Bonifica, Arpa, enti gestori delle acque potabili, Università con studiosi di geologia e clima.
La siccità in corso mette a rischio nel centro Nord Italia produzioni agricole ed ecosistemi al tempo stesso. Comporta minore forza idroelettrica (attualmente al 30% delle potenzialità) e criticità anche per l’industria.
Stefano Segadelli, della Regione Emilia-Romagna ha ricordato il quadro climatico che ha compromesso la ricarica naturale degli acquiferi, come evidenzia clamorosamente il prosciugarsi a quota 1300 del lago di Pratignano (Fanano).
“Dopo 3 mesi di mancanza di piogge, tra inverno e autunno – denuncia Meuccio Berselli, segretario dell’Autorità di Bacino e coordinatore della neonata Riserva Mab Po grande – a Ponte Lago Scuro (Ferrara) la portata del Po è scesa e c’è il rischio dell’intrusione del cuneo salino dal mare renderebbe le falde salmastre e non utilizzabili, perché brucerebbero i raccolti. Nella Food Valley dove si produce il 40% Pil agroalimentare nazionale con il perdurare di questa situazione le idrovore non riusciranno a pescare e in alcuni territori cesserà la distribuzione. In tutto l’Appennino la neve è già sparita e sull’arco alpino è a meno del 75%, così mancherà la ricarica per il periodo estivo, come dimostrato dal livello dei laghi: Como e Iseo al 5% e il lago Maggiore è al 30%”.
Analoga la situazione la Toscana ed Umbria come ha ricordato Massimo Lucchesi segretario Generale dell’Autorità di bacino dell’alta Toscana:
“Le precipitazioni sono a meno -45% rispetto alla media. Situazione di preallarme tra Serchio (portata di 11 mc al secondo) ed Arno (17) che ora hanno portate quasi estive. Gli indicatori riguardo alle falde della città di Firenze sono critici già ora, in avvio di stagione turistica e di forte richiesta. Nel lucchese le dighe che contengono 25 milioni di metri cubi d’acqua ne hanno in bacino solo 11. Potenzialmente a rischio il settore delle cartiere che, nel lucchese, prelevano acque di falda”.
“La Riserva di Biosfera dell’Appennino tosco emiliano – ha commentato Fausto Giovanelli, coordinatore della stessa – con questo tavolo ha creato un dialogo tra le massime autorità e competenze. Tra queste e i cittadini tutti bisogna accorciare le distanze in termini di conoscenza trasparenza responsabilità e anche partecipazione. La situazione è già cambiata moltissimo e l’adattamento è urgente. Servono investimenti e tecnologie ma anche uno scatto di cultura che assuma davvero la consapevolezza dei limiti. Sono cose che toccano interessi economici, modalità di conduzione delle terre e stili di vita. Occorre anche riconoscere finalmente i servizi ecosistemici che l’Appennino svolge nel trattenere l’acqua per rilasciarla poi a valle”.
Per Berselli la sfida si gioca sulle falde, “che sono il serbatoio più grande”. Dal punto di vista agronomico valutare “transizione colturale” verso modelli meno idroesigenti. Inoltre irrigazione ‘sempre più intelligente’ e riduzione delle perdite e riuso dell’acqua dei depuratori: sono 6.700 quelli che affluiscono a Po, che possiamo però riprendere sull’esempio di Mancasale (Reggio Emilia); questo comporterebbe di aumentare del +50% la potenzialità dell’acqua irrigua in Emilia-Romagna (annualmente è di 1 miliardo di metri cubi). Sì invasi e microinvasi, anche col recupero di cave dismesse. In sostanza una batteria multitasking; ma solo con educazione, cultura e scienza potremo educare correttamente all’uso dell’acqua.
Gabriele Antolini, dell’Osservatorio Clima di Arpae ha ricordato come
“il riscaldamento globale in Emilia Romagna supera quello globale: è l’hot spot Mediterraneo, dove questo fenomeno è purtroppo maggiore. È in atto un decremento delle precipitazioni estive, parzialmente in inverno e un aumento di precipitazioni (piogge estreme) in autunno. Ed è in aumento il numero di giorni senza precipitazioni. Un trend preoccupante negli scenari climatici futuri, quando, nei prossimi 30 anni, è previsto l’aumento delle temperature medie annuali, precipitazioni annue in diminuzione e aumento dei giorni di siccità soprattutto in estate”.
Alex
27 Marzo 2022 alle 13:33
Bla, Bla, Bla e ancora Bla.
Basta non essere scemi per capire che abbiamo un grosso problema, non serve ripeterlo con paroloni e aggiungendo percentuali e tabelle.
Che si fa?
È questo il punto.
Come al solito si parla di investimenti, che in Italia equivale al trovare soldi pubblici da spartirsi.
UGO CONTI
28 Marzo 2022 alle 14:09
La soluzione se c’è è complessa, ma evitando tanti bla bla bla, credo sia opportuno intercettare le piogge immagazzinandole in bacini artificiali.
CERTO c’è un rischio di esondazione
CERTO c’è una variazione del micro-clima per la zona oggetto del bacino artificiale
CERTO ci sono problemi di esproprio dei terreni
CERTO però le zone del nostro territorio, oggetto di questo tipo di intervento (Vagli, Gramolazzo, Pontecosi) riqualificando il “lago” hanno buoni ritorni economici