La scomparsa di Alfio Tofanelli, dalle prime cronache sul Giornale di Barga alla ribalta della grande stampa sportiva italiana

-

Nella notte fra il 23 e il 24 marzo se ne è andato Alfio Tofanelli: “il direttore”, per tutti noi che abbiamo avuto la fortuna di frequentare la redazione dell’agenzia giornalistica Tuttocalcio da lui fondata a Montecatini. Prima di stabilirsi in Valdinievole e mettersi in proprio, Alfio aveva collaborato da protagonista praticamente con tutte le testate sportive più importanti a livello nazionale. Ma per quanto bravo fosse a fare l’inviato e raccontare il calcio (e indubbiamente lo era), limitarsi a scrivere articoli era troppo poco per una personalità vulcanica e geniale come la sua.

Nei miei primi anni di lavoro a Tuttocalcio, realizzavamo per una casa editrice milanese una rivista dedicata ai gruppi del tifo organizzato, Supertifo, e a volte capitava di dover accompagnare i committenti al nostro centro stampa a Cerreto Guidi, attraversando le colline dove è situato Vinci. Rivolgendosi ai milanesi, il direttore non mancava mai di ripetere che un genio come Leonardo poteva nascere soltanto in un posto come quello, dove si poteva alzare la mattina e ammirare un simile panorama senza il filtro della nebbia. Ecco, il Tofanelli per certi versi aveva un tratto leonardesco: sempre un’idea nuova e un nuovo progetto da inventare, spesso precorrendo i tempi. La stessa trovata di Supertifo era stata notevole: un giornale dedicato interamente ai tifosi, con i loro racconti e le foto delle coreografie e delle trasferte. Sembra una cosa da niente? Non lo era negli anni ’80/90: la rivista stampava 70.000 copie al mese.

Per non parlare del progetto di una banca dati informatica dove memorizzare le statistiche di tutto il calcio professionistico: società, calciatori, allenatori e arbitri dalla Serie A alla C. Allora i giornalisti più attrezzati avevano un archivio cartaceo fatto di schede come quelle delle biblioteche; noi a Montecatini avevamo un computer grande come una lavatrice al quale ogni settimana davamo in pasto risultati, formazioni, marcatori e altri numeri. Negli anni ’90, il frutto di quel lavoro finiva sull’annuario tecnico-statistico Tuttocalcio: una pubblicazione di oltre 1.000 pagine, unica del suo genere, realizzata in coppia da Tofanelli e da Claudio Nassi, altro personaggio vulcanico e geniale. Oggi, sistemi certamente più evoluti ma sostanzialmente simili sono alla base di siti visitati da milioni di persone in tutto il mondo.

Ma il lavoro quotidiano a Tuttocalcio era soprattutto per conto terzi: prima che la parola outsourcing diventasse di moda, testate di ogni tipo (Tuttosport, il Corriere dello Sport, Repubblica, La Nazione, La Sicilia…) chiamavano Montecatini quando avevano bisogno di qualcosa che non potevano o non volevano realizzare internamente e Tuttocalcio contattava un nodo della sua fitta rete di corrispondenti che copriva tutta l’Italia per avere notizie di prima mano. Poi toccava ai ragazzi di bottega confezionare secondo i dettami del direttore il prodotto finito, da spedire infine al cliente. Era una vera palestra di giornalismo, dalla quale non a caso sono usciti nomi che oggi leggete sul Corriere dello Sport come sulla Stampa o vedete in televisione su Sky o Mediaset a commentare il grande calcio. Citarne qualcuno sarebbe far torto agli altri.

Al di là delle doti professionali, a rendere il direttore una personalità unica erano però l’intelligenza pragmatica, l’irresistibile simpatia e la grande umanità. Personalmente, mi sono sempre sentito a casa dai Tofanelli: Alfio, la moglie Giuliana e i figli Fabiana e Riccardo sapevano come farti sentire parte della loro famiglia. E a giudicare dalle innumerevoli persone che regolarmente passavano a trovarli, dai loro abbracci, dalla loro parole e dai loro sguardi avevo la conferma che il mio non fosse un caso isolato. Il rapporto, insomma, non si limitava all’ambito lavorativo.

Chi si prendeva la briga di arrivare presto in redazione (ero fra i pochi) poteva poi godere degli editoriali “a voce” del Tofanelli: che si parlasse del festival di Sanremo o degli ultimi sviluppi della politica internazionale, il direttore aveva sempre un punto di vista originale, argomentato e degno di essere ascoltato. Pensieri a ruota libera di una persona acuta che ne aveva viste tante, troppe per abboccare alle mode del momento. Una massima in particolare mi è rimasta impressa e mi torna in mente ogni qualvolta sento qualche nuovo profeta disquisire sulla fenomenologia del pallone: alla fine, il gioco del calcio è come la dama. Puoi spingere finché l’avversario non è costretto a lasciarti uno spazio per andare a rete, oppure puoi aspettare che quello spazio venga lasciato scoperto per sfruttarlo in contropiede. Semplice, no?

Il direttore dispensava queste perle di saggezza alla fine di storie elaborate, raccontate con padronanza dei tempi narrativi e una irresistibile verve comica. È un peccato che non sia mai diventato un personaggio televisivo, a parte alcune apparizioni sulle tv locali. Fra le tante, merita di essere citata quella volta in cui fu interpellato come esperto di Serie B dopo la retrocessione della Fiorentina. Fece il nome di Robbiati, una mezza punta del Monza che allora conoscevano solo gli addetti ai lavori e che secondo Tofanelli poteva far comodo alla Viola. Chi segue il calcio sa benissimo quello che poi è stato Robbiati per la Fiorentina.

L’ultima volta che ho visto Alfio è stata in occasione di una rimpatriata organizzata da Emilio Doveri, ex calciatore e poi collaboratore di Massimiliano Allegri. Un pranzo alla trattoria Da Benito a Orentano. Un paio di generazioni di ragazzi di bottega (“la bottega del Verrocchio”, si diceva scherzando), qualcuno parecchio affermato, qualcuno venuto da Torino, Milano o Napoli, qualcuno che doveva ripartire in tutta fretta per gli impegni di lavoro. Ma tutti lì, tutti intorno al direttore a pendere dalle sue labbra, come quando eravamo giovani. Ho sempre avuto l’impressione che sarebbe stata l’ultima volta che lo avrei visto. Ho sempre ricacciato indietro l’idea programmando viaggi a Montecatini e puntualmente rimandandoli. Purtroppo invece avevo ragione. E ora non avrò più occasione di sentire il vocione del direttore a spiegarmi il calcio e la vita. Strappandomi come sempre una risata alla sua inevitabile battuta finale.

Originario delle nostre parti (di Pian di Coreglia, puntualizzava), insieme al cavalier Giovannelli allora presidente dell’U.S.D. Fornaci 1928, Tofanelli fu il fondatore nel 1984 della “Ciminiera d’Argento, premio assegnato fino al 1993 ad atleti e personaggi nazionali del mondo dello sport che si sono particolarmente distinti nelle loro discipline. Le prime edizioni della manifestazione, organizzata dal Comitato Ciminiera d’Argento sorto in seno alla U.S.D. Fornaci 1928, furono condotte dallo stesso Tofanelli.

Molto legato alle proprie radici, il direttore era anche fedele abbonato del Giornale di Barga e una volta al mese, quando arrivava la copia in redazione, mi ricordava che le sue prime cronache erano apparse proprio sul giornale di Bruno Sereni. Mi è sembrato quindi inevitabile ricordarlo su queste stesse pagine e mi scuso se mi sono fatto prendere un po’ troppo la mano, ma una personalità come quella del direttore non meritava di essere liquidata con poche righe di circostanza.

Tag:

Lascia per primo un commento

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

*

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.