Una  rete integrata per prevenire e contrastare la violenza di genere

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LUCCA –  Un presidio per presentare le iniziative organizzate – insieme ad enti, associazioni e forze dell’ordine – per sensibilizzare la cittadinanza contro la violenza di genere.

E’ stato organizzato per tutta la giornata di oggi  (giovedì 25 novembre)  in Piazza San Michele a Lucca
dal personale del progetto Codice Rosa dell’Azienda USL Toscana nord ovest.

Un’analoga iniziativa si è svolta nel centro di Castelnuovo Garfagnana, sempre a cura del personale sanitario in collaborazione con tutti i soggetti che fanno parte della “rete integrata” che lavora quotidianamente per prevenire e contrastare questo terribile fenomeno.

In entrambe le piazze sono state consegnate alle donne, insieme ad alcuni volantini, le rose color arancio (colore assunto come simbolo della lotta alla violenza di genere) realizzate all’uncinetto dalle infermiere e da altre operatrici sanitarie, insieme anche alle loro mamme e nonne.

Questa mattina nel corso del presidio di Lucca anche le autorità civili, le associazioni e le scuole hanno portato la loro testimonianza su questo delicato tema.

L’assessore  alle politiche formative e alle politiche di genere del Comune di Lucca Ilaria Vietina, che ha coordinato gli interventi, ha ribadito l’impegno comune nel contrasto alla violenza di genere e ha messo in rilievo che “è fondamentale ristabilire una equità” nei rapporti. Infatti, la violenza contro le donne (è importante ricordarlo non solo in occasione della giornata internazionale per la sua eliminazione) è una manifestazione dei rapporti diseguali tra i sessi che ha portato ad una discriminazione nei confronti delle donne ed è un ostacolo fondamentale al raggiungimento della piena uguaglianza. L’assessore Vietina ha anche sottolineato che esiste una  cabina di regia che si riunisce periodicamente e che lavora in maniera silenziosa ma continua per tutto l’anno (e non solo il 25 novembre) e che ci sono alcune donne e alcuni uomini da ringraziare per il loro costante contributo al bene.

“Se vogliamo cambiare – ha osservato il Sindaco di Lucca Alessandro Tambellini –  dobbiamo renderci conto del fatto che il cambiamento dipende da noi, passa cioè dai nostri comportamenti quotidiani. Noi con la nostra vita dobbiamo dare un segno, per essere per primi fautori e testimoni di un cambio di passo e di una evoluzione”.

“E’ dura essere qui oggi – ha detto il Prefetto di Lucca Francesco Esposito – mentre si continuano a piangere in Italia altre vittime (quattro negli ultimi 10 giorni). Per le famiglie interessate questo è un dolore che non scomparirà mai. Dobbiamo quindi chiederci cosa possiamo fare di più. La nostra legislazione è tra le più avanzate del mondo, ma dobbiamo prendere atto che questo non basta. Paghiamo infatti nel nostro Paese un evidente ritardo culturale. Il fenomeno odioso della violenza sulle donne è, purtroppo, antico e sta nel sistema delle relazioni ed è lì che dobbiamo recuperare terreno. Ci vuole rispetto, inteso come riflessione, tutti i giorni e non solo il 25 novembre. Non dobbiamo mai fermarci e abbassare la guardia e proporrò ai sindaci di utilizzare i gruppi di controllo del vicinato anche per questi aspetti”.

Erano presenti in Piazza San Michele i rappresentanti di tutte le forze dell’ordine.

“Tutti i giorni – ha aggiunto il Questore Alessandra Faranda Cordella, condividendo il pensiero del Prefetto –  siamo impegnati in questa battaglia, facendo parte e sentendoci parte di un sistema. Il fenomeno della violenza di genere si sviluppa spesso in ambito familiare, amicale e anche per questo c’è molta resistenza a denunciare: si pensa che l’amore alla fine possa vincere e che certi comportamenti violenti con il tempo termineranno, ma quasi sempre non è così e ci troviamo di fronte ad autentiche tragedie. Noi lavoriamo con le nostre donne e i nostri uomini sulla strada, a contatto con le persone, ma arriviamo il più delle volte quando la situazione è già degenerata. Pr questo è fondamentale la prevenzione, che può essere attuata grazie alle rete, formata da diversi attori, che lavora su queste problematiche. Lucca è una città molto attenta da questo punto di vista e ci sono varie realtà che collaborano attivamente. Si fa tanto per i ragazzi, nell’ambito della scuola, forse c’è invece da fare di più per gli adulti: penso ad esempio a ulteriori strumenti di assistenza psicologica da affiancare a quelli già presenti”.

La parola è poi passata agli studenti e in particolare al rappresentante della 5a A dell’istituto “Giorgi” che ha  effettuato un’interessante lettura con citazione di opere letterarie e teatrali e ha ricordato che  l’insegnamento contro questa barbarie parte dalla scuola. Toccante poi il testo letto dai due studentesse in rappresentanza dell’Istituto Pertini: hanno raccontato la storia di Valentina, una delle tante donne che “credevano nell’amore” e sono state uccise dal partner.

L’iniziativa è poi proseguita con altri interventi e testimonianze della comunità lucchese.

La responsabile (dal 2012) del percorso ospedaliero Codice Rosa Piera Banti ha quindi fatto il punto su questa attività dedicata alle persone che subiscono violenze e vengono prese in carico in  pronto soccorso a Lucca e in Valle del Serchio. “Nell’ultimo anno – ha affermato la dottoressa Banti – gli accessi si sono ridotti di circa un terzo. Siamo a quota 120 (un centinaio a Lucca, una ventina a Castelnuovo Garfagnana). Questi numeri non devono però trarci in inganno: con la pandemia, e questo si era visto soprattutto nei giorni del lockdown,  la vittima di violenza ha avuto più difficoltà a uscire di casa per denunciare il suo maltrattante, che ha potuto tra l’altro anche aumentare la sua strategia di controllo nei confronti della persona abusata. Nella maggior parte dei casi, però, non si tratta di pazienti persi: non sono passati dal pronto soccorso ma sono entrati nella rete grazie ad altri punti d’accesso, tipo i consultori o altre strutture territoriali. Dal nostro osservatorio, nel 90% dei casi sono ancora le donne a subire le violenze e, di queste, molte (circa il 40%) hanno più di 60 anni. Si tratta spesso di persone poco autosufficienti o che hanno una forte dipendenza economica dalla persona che le ha abusate. In questi ultimi anni sono però anche aumentate le violenze nei confronti di donne giovani, sotto i 30 anni. Anche in questo caso sono quasi sempre donne che hanno perso il lavoro o che non ce l’hanno mai avuto. Per questo, visto che si tratta ormai di una costante, possiamo affermare con certezza che un elemento fondamentale per uscire dalla violenza (o non entrarci) è la capacità della donna di mantenersi dal punto di vista economico, di avere cioè un’autonomia da questo punto di vista”.

Questi e altri concetti vengono spiegati dalla dottoressa Banti e dalle sue collaboratrici – insieme alle forze dell’ordine e a tutti gli altri attori coinvolti nel processo – anche agli studenti delle scuole (l’ultima della serie il Liceo Classico Machiavelli di Lucca) perché il sistema educativo entra in gioco a diversi livelli e con diverse modalità: come luogo di emersione di situazioni violente in famiglia o nelle relazioni di coppia tra giovanissimi, ma anche e soprattutto come istituzione chiamata a cambiare la cultura che giustifica e sostiene la violenza contro le donne, a combattere le diseguaglianze e discriminazioni che ne sono all’origine, e a promuovere lo sviluppo in ragazzi e ragazze di competenze relazionali fondate sul rispetto delle differenze, la cultura della parità e la mediazione non violenta dei conflitti.

“Segnalo infine –  ha chiuso Piera Banti – un’iniziativa che stiamo portando avanti con la Commissione pari opportunità dell’Ordine dei Medici di Lucca, dal titolo ‘Soccorso rosa’. Abbiamo predisposto una spillina che rappresenta una sorta di segnale in codice:  la donna che subisce violenza e vede questa spillina sul camice dell’operatore sanitario sa che quella professionista è formata in maniera adeguata e specifica per prenderla in carico e per aiutarla in questo complesso percorso”.

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