Vento di bonaccia per la scuola materna di Fabbriche di Vergemoli

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Il periodo in cui i bambini frequentano la scuola materna, è di sicuro quello più bello e significativo. Prendono coscienza di sé e del mondo che li circonda. Ma perché questo avvenga, occorre che gli sia consentito di rimanere in seno al proprio ambiente e coi soliti insegnanti, coi quali si sono venute a creare intesa e affinità. A Fabbriche di Vallico, non appena si era diffusa la voce di trasferire il plesso della materna a Gallicano, a seguito della riduzione del personale docente, la preoccupazione dei genitori era stata grande. I loro figli avrebbero dovuto affrontare, ogni giorno, un viaggio, tra andata e ritorno, di circa 60 chilometri, con conseguenti disagi di stress fisico e psicologico non indifferenti. Non bastasse si mormorava che, alla chiusura della materna, sarebbe potuta seguire quella della scuola elementare. Ma, prima di ritornare sull’argomento della materna, vorremmo spendere qualche considerazione storica e di memoria sul ruolo della scuola sui  nostri monti, analogo, poi, a quello di tanti altri comprensori d’Italia. Se insegnamento e formazione esistono da millenni, stessa cosa non si può dire per la nostra scuola la quale nasce nel 1861 con l’Unità d’Italia a seguito di una legge del 1859 sollecitata dal ministro della Pubblica istruzione del Regno di Sardegna Gabrio Casati. Inizia così, con vicende alterne, la Scuola Elementare, obbligatoria e gratuita. Un gran passo in avanti sul cammino della civiltà. Nei paesi di montagna, l’idea dell’obbligo scolastico attecchì con una certa lentezza. La vita era grama e fin da piccoli ai ragazzi erano affidate mansioni di lavoro. Ma, infine, ogni paese ebbe la sua scuola e la sua maestra, che col parroco e qualche maggiorente, costituiva un punto di riferimento. In aule disagiate, compatibili con l’epoca, i ragazzi imparavano  a leggere e a scrivere, a fare di conto e a conoscere storia e geografia. Le insegnanti erano severe. E agli indisciplinati non risparmiavano castighi talvolta perfino eccessivi. Nel libro Cuore di De Amicis ritroviamo quei tempi. Comunque fosse i plessi si trovavano, sempre, o nel centro dei paesi, oppure in quelli limitrofi. In tal caso lo scolaro doveva percorrere tratti, a piedi, di mulattiera. Funzione pure quella educativa, in quanto gli consentiva di prendere cognizione del proprio territorio restando in seno alla comunità. Parliamo, ovviamente, di scuole elementari. Non esistevano ancora le materne.

Una delle prime, insieme a quella di Reggio Calabria, sorse a Fabbriche di Vallico sotto l’amministrazione del compianto sindaco Luciano Giannecchini, che si avvalse della collaborazione della maestra Amelia Mancini. Eravamo nel 1969 e la legge dell’istituzione della materna, era stata promulgata nel 1968. A differenza della scuola elementare, obbligatoria, quella dell’infanzia è facoltativa. In prevalenza vi ricorrono le madri impegnate nel lavoro, ma anche quelle che vogliono far socializzare i figli anzitempo. Trasferire questa scuola altrove, sarebbe quindi stato motivo di ulteriore avvilimento inflitto all’intera comunità. Non solo di Fabbriche capoluogo, ma delle sue frazioni, già, da anni, penalizzate da un crescente spopolamento. Fino agli anni Ottanta del secolo scorso, Fabbriche aveva l’aspetto e i servizi paragonabili a quelli di una piccola città. Non mancava niente e alti erano morale e umore. Oggi non è così. Non abbiamo più neppure un bar per consumare  un caffè. Sopperisce a questa mancanza l’unica bottega di alimentari rimasta, con un erogatore automatico. Un’atmosfera che ritroviamo in certi film americani situati lungo la frontiera, dove nelle prossimità delle pompe di benzina ci sono i distributori di bibite. E’ stato quindi accolto con soddisfazione unanime quanto detto dalla dirigente scolastica dell’Istituto Comprensivo di Gallicano Alessandra Mancuso: la situazione della materna di Fabbriche di Vallico, al momento, resta invariata. Troppo importante per il territorio e il resto. Al riguardo, tre rappresentanti dei genitori hanno dichiarato: “Chiediamo, con speranza e fiducia, di scongiurare, nel futuro, la chiusura della nostra scuola. Al di là dell’anno 2021/2022, per il quale  auspichiamo ancora in una soluzione adeguata, vorremmo sperare che tutte le istituzioni si adoperassero affinché vengano garantiti diritti allo studio anche nei piccoli territori disagiati, senza dover sempre farne una questione di numeri. Considerato pure il fatto che se dovesse chiudere la scuola si accelererebbero, ancor più, i tempi per un calo demografico del nostro territorio”.

Valutazioni che ben si inseriscono nel contesto di quella che dovrebbe essere la continuità storica, riguardo alla scuola, quindi alla cultura, nei territori di Fabbriche di Vallico. Abolire un’istituzione che è stata base e caposaldo di evoluzione umana e sociale, significherebbe aprire alle nuove generazioni, la prospettiva dell’imbarbarimento.

Non ci può essere futuro senza adeguata istruzione. Proprio a partire dalla scuola materna, dove l’individuo inizia a formarsi e ad apprendere l’arte di vivere e di rapportarsi col mondo.

Del resto sono molti i politici che, da tempo, sostengono di voler migliorare la scuola in ogni senso. Se vogliono veramente farlo, alle promesse debbono far seguire i fatti. Come, almeno al momento, è  avvenuto nei  confronti della materna di Fabbriche.

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