Dico Pasqua e un fotogramma immediatamente si apre e si anima. Piccole brigate di giovani amici, ragazze e ragazzi, camminano fra poggi punteggiati di ciuffi di giunchiglie in sentieri erbosi. Che voglia di togliersi i cappotti sotto la lieve carezza del sole! Il profilo dei nostri corpi adolescenti viene allo scoperto e si delinea sotto i maglioncini dai colori tenui e le camicette che sanno di fresco. Avvertiamo, dopo il torpore lungo dell’inverno, l’ansia piacevole delle nostre membra, quasi una smania. Gli occhi cercano luce, bellezza e altri sguardi.
Nel corso della vita qualcuno di quei giovani ripeterà più e più volte: Ci siamo innamorati alle Quarantore di Albiano e non ci siamo più lasciati da allora.
Le Quarantore.
Scandivano le domeniche che ci avvicinavano a Pasqua in un percorso di purificazione e di rinascita.
Archiviate per sempre, ma vale la pena di farsele raccontare come aspetti di una vita e di una umanità schietta che condivideva sentimenti e si ritrovava agli appuntamenti tradizionali.
È Giovedì Santo nel fotogramma successivo ed è di scena Largo Roma, al Giardino.
Tanta la gente fatta di coppie e di famiglie, al completo di nonni, di suoceri e figli. Stasera niente partita a carte al bar per i mariti. Stasera si esce a braccetto della moglie che indossa le scarpe col tacco e il “taierino” o il soprabito di primavera.
Stasera è la sera dei Sepolcri e si visitano le chiese che hanno le porte spalancate e le candele accese.
Gesù eucaristico si nasconde sotto impalpabili veli in un trionfo di calle, gardenie ed azalee nelle secchie di rame lucidate a specchio. Vuole il tributo prima di affrontare la passione del venerdì.
Gli occhi si lasciano rapire e hanno la parte del leone. Una preghierina, una veloce genuflessione e … fuori ad indugiare sul sagrato per salutarci e commentare il gran lavoro che i fedeli della chiesa di San Rocco hanno fatto.
Tante sono le domande e le risposte da scambiarci dopo l’isolamento e il lungo digiuno di notizie dell’inverno. È una specie di aggiornamento generale e di punto della situazione del nostro paese.
Non per caso abbiamo scelto la sera del Giovedì Santo per la prima uscita in pubblico a braccetto Franco e io. Ci siamo fidanzati ufficialmente e tutti quelli che ci vedranno sapranno che lui ha avuto il permesso di frequentarmi, naturalmente nei giorni stabiliti del giovedì e del sabato.
Così ha stabilito mio padre.
Sorpresa e curiosità negli sguardi di chi ci incontra e ci fa i rallegramenti.
Leggo nei loro pensieri:
Guarda la Graziella!
Ma lui di dove è? Che fa?
Così ad occhio, sembra ci corra qualche anno….
Il battesimo della nuova coppia non poteva essere più ufficiale di così, in un colpo solo tutti erano stati messi al corrente della novità. Era come se avessimo celebrato una specie di rito laico.
Informazioni più precise sarebbero state oggetto di scambio di notizie per tanti altri giorni, ben oltre la settimana santa.
Intanto Franco da quel giovedì diventava il Franco della Graziella, il geometra, che per lavoro era venuto a Barga e che non aveva più desiderato lasciarla; d’altra parte restare e vivere a Barga era una delle condizioni poste dalla sposa.
Dalle chiese illuminate e fiorite al gelido muto silenzio della Chiesa del SANTISSIMO CROCIFISSO.
È il Venerdì Santo, il giorno doloroso.
Il nero catafalco dalle frange lunghe fino a terra è al centro della navata spoglia, dove ogni immagine è scomparsa sotto un drappo luttuoso viola.
GesùMorto, con i segni della passione nelle membra rattrappite e nel volto stravolto, si offre al nostro sguardo.
Contempliamo in lui il dolore e l’amore con sgomento e pietà.
Una profonda mestizia pervade tutto come se il mondo si fosse spento e ammutolito: sospeso ogni suono, ogni impulso di gioia.
Come in questo momento della nostra esistenza: da qualche tempo, in preda alla paura ,stiamo vivendo il nostro venerdì santo. Ci affiorano alle labbra le parole di cristo in croce: MIO DIO, MIO DIO, perché mi hai abbandonato?
Ma l’infinita storia d’amore tra Dio e l’uomo non può avere un epilogo così.
RISURREZIONE. Mai come in questa Pasqua del 2021 questa parola ci coinvolge. La invochiamo come il bene supremo capace di liberarci dal macigno della paura, pesante come quello che chiuse il sepolcro di Cristo.
Come quello, aneliamo che sia rovesciato per esultare nel mattino della Domenica Santa. Nella chiarità dell’aria che accende di luce anche il più piccolo filo d’erba, guidati dal suono di campane e campanelle, aneliamo correrci incontro con le braccia protese e chiuderci in un abbraccio lungo riparatore della sofferenza e delle privazioni.
È finita, mormoreremo uno all’orecchio dell’altro.
Abbiamo capito di cosa è fatta la vita e ciò che conta.
Siamo risorti.
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