Valentino Moriconi, l’organo di Loppia e il suo: “ingegnosamente costrutto” (seconda parte)

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Ripartiamo con la nostra lettura del racconto fattoci da Valentino Moriconi circa l’ottocentesco organo della Pieve di Loppia, il cui costruttore fu intuito dallo studioso e organista, Alessandro Sandretti di Borgo a Mozzano, confermato tale e quale, con l’aggiunta degli anni del lavoro, quando in un’area nascosta del somiere, “La Secreta”, apparve una scritta svelatrice: “Domenico Pucci organaro in Lucca fece l’anno 1843/45”. Pucci era nato a Lucca nel 1781 e ivi morì l’anno 1854.

Valentino ci racconta ancora nella pubblicata prima parte che seppure fosse in uso per le chiese della valle la richiesta di organi a risparmio nei costi, cioè, con limiti nelle canne, ecc; cosicché tante musiche non potevano essere eseguite o solo suonate, magari, senza che raggiungessero quegli effetti speciali che, pensando agli ascoltatori, tanto piacquero all’autore, mentre, invece, qui a Loppia si volle un organo che fosse veramente tale e di cui essere orgogliosi. Ecco allora Valentino Moriconi chiosare che chi commissionò lo strumento a Domenico Pucci certamente era una persona intendente, oppure era stato consigliato e poi indirizzato verso un valente organaro.

Il quesito che si pone Valentino è intrigante e intanto va detto che all’epoca il pievano di Loppia era il sacerdote Giovanni Battista Rocchi, che resse la chiesa dal 1814 sino al 1852, quindi è sotto la sua reggenza che si volle l’Organo, certamente discusso tra i parrocchiani delle varie compagnie della chiesa. L’interrogativo sollevato da Valentino Moriconi lo riprendiamo dopo aver comunicato alcune notizie sull’esistenza di un precedente organo che quello di Pucci organaro andò a sostituire. Lo facciamo per dare al lettore l’opportunità di valutare meglio la storia dell’importante chiesa, ovviamente di come fosse attrezzata sonoramente per i riti liturgici.

Infatti, prima di quest’organo del Pucci ce n’era un altro, finito di costruire l’anno 1770 da Giuseppe Maria Micheli di Vorno Lucca. (1) Lo strumento, secondo l’Inventario della Pieve dell’anno 1788, si dice fosse posto sopra la porta della Pieve ed è così descritto:

L’organo ha nove registri, con cassa di legno verniciata di color celeste e dorata a mecca, con sua orchestra dipinta di vari colori e scala di legno. (2)

Quest’organo, forse perché non era più in grado di suonare efficientemente, fu sostituito negli anni 1843-45 da quello di Domenico Pucci. Il luogo dov’era posto quest’ultimo organo, come il precedente, si conferma anche nella parte già pubblicata delle memorie di Valentino Moriconi. Infatti, lui giovanissimo organista autodidatta, lo suonò in quella sua posizione all’interno della Pieve l’anno 1951, tempo in cui, dopo poco, si decise di intervenire all’interno della chiesa con lo smontaggio della cantoria (l’orchestra) e quindi anche dell’organo che rimase per tanto tempo smontato e dimenticato sparso in varie parti della chiesa e annessi.

Anche l’esperto di organi Renzo Giorgetti, nel suo articolo: Storia di tre organi nel territorio di Barga, del 2015, ci fa sapere che l’organo del Micheli fu sostituito da quello di Pucci, soggetto del presente lavoro. Le notizie che Renzo Giorgetti pubblicò circa l’organo di Pucci l’anno 2015, confermano la descrizione che Valentino Moriconi fa nel presente racconto circa quel lontano 1951 quando l’organo fu smontato:

Oggi in chiesa si conserva il materiale di un organo costruito tra il 1843 e il 1845 dall’organaro lucchese Domenico Pucci. Era situato nella cantoria sopra la porta, ma poi fu rimosso e rimase senza cassa. Adducendo: Vedi scheda della Soprintendenza. (3)

Invece noi oggi sappiamo che l’organo rispetto a quelle più lontane note di Giorgetti, seppur con diverse difficoltà sia stato rimontato ed è suonante. Di questa rinascita, tramite Valentino Moriconi, ne stiamo dando delle importanti notizie che continueremo dopo aver riferito che all’epoca della scelta di Domenico Pucci organaro per avere il nuovo strumento alla Pieve di Loppia, nel Comune non mancava chi avesse potuto consigliare l’allora pievano Rocchi. Questo era l’interrogativo che si era posto Valentino Moriconi, cui noi cercheremo di dare un poco di luce facendo conoscere un personaggio locale che di organi se ne intendeva molto.

Questi era il poliedrico Professor Giuseppe Bonaccorsi (Barga 1780 – Barga 1858), un uomo dalla vita straordinaria, che per conoscere meglio si rimanda il lettore a due articoli dello scrivente che sono su questo sito: L’enigma storico dell’organo della Fornacetta di Giuseppe Bonaccorsi, parte uno e due. Noi qui diciamo solo che oltre ad essere un musicista voluto dalla duchessa Maria Luisa al teatro di Lucca, dove per trent’anni suonò come primo fagotto, prima era stato anche organista del Duomo di Barga, quando fu pensionato si ritirò a Barga (1852), nella sua casa alla Fornacetta. Fervente religioso accompagnava con tanto di cero il prete quando portava il Viatico, l’ultimo sacramento ai Moribondi.

Frequentava molto devotamente anche la chiesa di Santa Maria Assunta, dove profuse i suoi denari per abbellirla in ogni cosa e la fornì anche di un organo da lui stesso costruito, che per il vero sarebbe dovuto essere ospitato nel Duomo ma per poterlo montare occorreva una spesa che non poté essere affrontata dall’Opera, presa com’era da una difficile congiuntura economica e fu che alla fine Bonaccorsi lo sistemò alla “sua chiesa della Fornacetta”. Allora, perché avrebbe dovuto essere lassù a cullare nelle feste il sonno perenne del Santo Gigante e allietare il Bambino che benedice ognuno che lo va a trovare, quell’organo si potrebbe nominarlo anche come “L’organo di San Cristofano”.

Come detto, perché addentro alle cose della chiesa locale, l’organista e organaro Bonaccorsi poteva essere ben conosciuto dal pievano Rocchi ed è possibile che gli avesse chiesto un consiglio circa il da farsi per l’organo. Ora però è giunto il momento di andare alla seconda puntata di Valentino Moriconi, che finiranno con un terzo articolo, dove Valentino ci descriverà come fu e come fece a costruirsi un proprio organo.

 

Ripristino dell’organo di Loppia.

Racconto secondo i ricordi di Valentino Moriconi.

Organista autodidatta della Pieve di Loppia dal 1956. (parte seconda)

Ragionando dal lato economico, fra l’ottava corta che fa risparmiare anche più di 40 canne di grosse dimensioni e il somiere a tiro di più veloce realizzazione, il costo di un organo a tiro poteva scendere di qualche Scudo d’Oro.

A LOPPIA hanno optato, per l’organo migliore: con il SOMIERE A VENTO.

Per il recupero dell’organo fu istituito un piccolo comitato, anche per reperire fondi. Molte famiglie si dissero disposte a versare £ 5.000 al mese per finanziare l’opera.

Furono chiesti alcuni preventivi: si aggiudicò il lavoro, i Fratelli Marin di Genova Bolzaneto.

Un giorno del 1981 i Marin vennero con un furgone Transit, caricarono tutto quello che avevamo trovato e cominciarono la ricostruzione.

Per mezzo delle misure dei fori del crivello e con i nomi dei registri scritti sulla rastrelliera misero in fila per registro tutte le canne ritrovate in soffitta.

Avvenne un miracolo: nonostante l’approssimazione dello smontaggio di un’opera ritenuta in quel tempo vecchia, mancava una sola canna.

Invece le canne di legno ci riservarono una brutta sorpresa: in 30 anni l’umido della cantina aveva degradato sia il legno che la colla che lo teneva insieme. Riportate all’aria le canne di legno, asciugandosi, collassarono. Fu deciso di ricostruirle nuove in legno di abete come le originali.

Questo comportò un aggravio di spese di circa 5 milioni, da aggiungere al preventivo di circa 12 milioni di lire. Dico “circa” perché non ero coinvolto nei pagamenti, perciò non conosco le cifre esatte.

Alcuni mesi dopo io, con il mio pulmino Fiat 238, insieme a Don Giuliano e all’Architetto Don Simone Giusti, attuale (anno 2021) Vescovo di Livorno, amico di Don Giuliano, andammo a Bolzaneto, presso il laboratorio Marin.

Don Simone prese tutte le misure necessarie per progettare la cassa esterna, perché la cassa originale aveva probabilmente riscaldato qualche caminetto.

Caricammo sul pulmino il carrello con le ruote che dovrà sostenere l’organo (le Belle Arti non volevano l’organo da nessuna parte).

Due nostri artigiani falegnami ricevettero l’incarico di realizzare la cassa disegnata dall’Architetto Don Simone: Sergio Bonini, che mise a disposizione il suo attrezzato laboratorio, e Serafino Ghiloni.

Con pazienza e competenza i due nostri artigiani costruirono e montarono una magnifica e robustissima cassa le cui misure sono: fronte mt. 3, altezza mt. 4 e profondità mt. 1,65.

Alla sommità della grande cassa è stato posto un fregio, intagliato su legno e donato alla Pieve da Gino Pegonzi di San Pietro in Campo, padre dello scultore Prof. Franco Pegonzi.

Nel mese di agosto 1982, i Fratelli Marin arrivarono a Loppia con tutto il risultato del loro lavoro e per montare finalmente l’organo. Io non persi un’ora del loro montaggio.

Filippo Marin, con grande gentilezza, mi spiegava i vari passaggi, dal posizionamento del somiere e della catenacciatura, alla complicatissima accordatura di 800 canne.

Quando tutto fu sistemato, ebbi la soddisfazione di essere il primo a suonare quell’organo resuscitato, con tutto il suo magnifico ripieno.

Il grande compositore e organista Anton Brukner diceva:

Il suono dell’organo è la voce di Dio.

Voglio aggiungere una curiosità: guardando con attenzione la tastiera, si può notare che alcuni tasti, esattamente dal Do13 al Re39, cioè poco più di due ottave, hanno la copertura in legno di bosso più scura degli altri che è molto più chiara. Mi è sembrato di capire che il Pucci abbia utilizzato anche il materiale di un vecchio piccolo organo, si potrebbe dire un guida voce, e vi abbia aggiunto una prima ottava cromatica di dodici note, Do1 – Si12, e quindici note, Re#40 – Fa54, completando una tastiera che permette l’esecuzione di quasi tutta la produzione musicale che non richieda due o più tastiere e una pedaliera di 32 note.

L’organo attuale di LOPPIA ha 18 registri, in parte divisi in basso e soprano al Fa30.

Principale Basso

Principale Soprano

Ottava Bassa

Ottava Soprano

Decima Quinta

Decima Nona, Vigesima Seconda

Vigesima Sesta, Vigesima Nona

Flautino Basso

Ottavino Soprano

Cornetto

Nazardo Soprano

Tromba Bassa

Tromba Soprano

Clarone Basso

Flauto Traverso

Cornetto Cinese

Flauto in Ottava

Voce Umana

Pomello per l’inserimento dei bassi alla pedaliera.

Padaliera di 24 note: Do1 – Si24, sempre collegata alla tastiera.

Pedalino per il Rullante: consiste in due canne di legno alte circa un metro, intonate con una piccola differenza di frequenza. Suonano contemporaneamente e la differenza di frequenza genera un battimento che assomiglia a un rullo di tamburo.

Le trombe e il Clarone sono quegli imbuti di lamiera zincata e funzionano come le trombette delle fiere: una linguetta di ottone che si chiama Ancia vibra al passaggio dell’aria, vibrazione poi amplificata dall’imbuto di lamiera.

La Mostra è composta da 29 canne di stagno divise in tre campi: 7 -15 -7.

Al centro c’è la canna maggiore: Fa6 del Principale 8P.

Sono le canne che erano appoggiate in un angolo della soffitta, per fortuna non ne mancava nessuna. (fine seconda parte: continua)

 

 

 

 

(1) (3) Vedi su questo sito: Renzo Giorgetti, Storia di tre organi nel territorio di Barga; 12 febbraio 2015.
(2) Vedi: La Pieve di Santa Maria di Loppia, AA. VV. –Gelli edizioni 2008; Sara Moscardini: La Pieve di Loppia nel suo Archivio Parrocchiale; Pag. 138. 

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