Attraversare il torrente Loppora in periodo di magra estiva non è certo un problema. un piccolo salto e il ruscello è guadato! Farlo in periodo di portate maggiori è pressoché impossibile. Il collegamento diretto fra l’antica Pieve e il fertile piano di Filecchio per poi poter proseguire verso le importanti fortificazioni di Seggio e Tiglio, è stato anche nei secoli addietro un problema non marginale. Sappiamo che la Loppora è un torrentello assai inquieto e lo fu anche nel 1700 quando travolse un ponte di legno che collegava i due piani agricoli. Nel 1706 non si era ancora provveduto a nessuna ricostruzione e la Loppora la si attraversava con guadi provvisori, quando lo permetteva. I pievani e i contadini erano costretti a scendere verso i Mencagli per passare in tranquillità il piccolo torrente. Nel 1715 il pievano, un certo Giuseppe Ciarpi, chiese ufficialmente ai consoli del Comune di Barga che un ponte di legno fosse di nuovo ricostruito. Fu solo 48 anni più tardi che il Comune stanziò una prima somma per risolvere il problema in modo più definitivo con un solido ponte in pietra. Il primo stanziamento fu di 120 lire con l’auspicio che gli abitanti di Filecchio e Loppia offrissero gratuitamente una parte della manodopera. Occorsero ancora 425 lire per completare l’opera, corredata da spallette e carreggiata lastricate. Nel 1771 il ponte fu inaugurato sotto la direzione dei lavori di un esperto capomastro filecchiese chiamato Francesco Merrighi.
Questo visibilissimo e “usato” ponte di pietra ha avuto in questi ultimi tempi, intorno a sé, altri piccoli eventi che gli hanno recato ancor più considerazione.
Di recente sono stati rinvenuti, circa 400 metri più a valle, sulla sponda orografica destra, i muramenti di un basamento con pietre affogate in calce, lungo metri 4,20 (probabilmente un ponte) con due incavi centrali convergenti verso l’alto e altri due più laterali dal diametro di 20-25 cm che ospitavano di certo grossi tronchi di legno a sostenere il piano di calpestio e le corde o i canapi di protezione a spalletta. Il passaggio era di certo in tavole di legno e dovrebbe avere avuto una larghezza di circa 2,30-2,50 metri.
Che sia stato il ponte precedentemente raccontato?
Inoltre, il ponte di Loppia e il notevole tratto lastricato della mulattiera di risalita verso il piano di Filecchio (via di Solco) in questi ultimi anni sono stati continuamente ripuliti e riattati così da poter ospitare il passaggio di due diversi e importanti cammini di grande interesse turistico nazionale: la Via del Volto Santo, che si presenta come un tratto alternativo alla storica Via Francigena nel tratto da Sarzana a Altopascio (dalla località Argegna – Foce di Tea discendeva l’intera Valle del Serchio per raggiungere il “posto tappa” di Altopascio evitando così la paludosa e insicura area litoranea della Versilia di un tempo), e la Via Matildica del Volto Santo, detta anche la Mantova-Lucca, le due città più importanti al tempo della Gran Contessa, capitali di vasta territorialità al di sopra e al di sotto dell’Appennino. Mantova, la città dove probabilmente era nata Matilde; Lucca, la città dove aveva avuto radice la sua stirpe da un’antica casata Longobarda, probabilmente i Conimundinghi.
Infine, per ricordare anche a un moderno amministratore le difficoltà del faticoso mondo medievale, si è voluto affiancare al ponte (un po’ più a monte) anche un simpatico guado nel punto in cui fin verso la fine degli anni ’70 dello scorso secolo esisteva un piccolo ponte di legno, i cui muramenti laterali sono stati definitivamente travolti dalla piena del 4 giugno 2020.
Questo passaggio costituiva il collegamento più diretto fra il piano di Filecchio, la chiesetta delle Palmente e Barga, con una direttrice che ancor oggi, in alcuni tratti, porta il nome di “via rognosa”.
Foto: Tommaso Giannini
Tag: Loppia, loppora, via del volto santo, via matildica del volto santo
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