BARGA – In questa “vena” di proposte di ricette natalizie tradizionali del nostro territorio, dopo gli “spunti della cena della vigilia” pubblicato ieri rispolveriamo il bel racconto che nel Natale 2017 scrisse per noi la carissima Graziella Cosimini. Lo facciamo per parlare come promesso di una piccola, grande bontà della tradizione natalizia a tavola, i crostini col cavolo nero che non possono mancare sulle tavole natalizie barghigiane nella sera della vigilia.
Ecco il racconto di Graziella
L’idea del Natale mette in moto i ricordi. Il Natale a Barga, in famiglia, fine anni 50-60.
Un dettaglio di quei Natali: la cena di magro della vigilia.
I crostini con il cavolo nero.
Un piatto povero, di lunga preparazione però, e per questo riservato alla vigilia quando ogni gesto aveva in sé qualcosa di sacro e non pesava.
Già da qualche giorno il pane, primo ed essenziale ingrediente, “posava” nella dispensa.
“Domattina si fa il pane”, aveva detto la mamma, “Deve venire meglio delle altre volte. E’ quello delle feste”
La madia era stata aperta e raschiata; spazzato l’interno del forno sotto la tettoia; accatastate le fascine da ardere; pronta la pala dal manico lungo.
Le giovani braccia di Lauretta (era una delle sue prime volte), scoperte fino al gomito, candide come la farina, impastavano con vigore e, poi, quasi accarezzandoli, davano forme ai pani rotondi e lisci. Da ultimo il segno della croce tracciato con il dito su ognuno.
Ora toccava al forno fare la sua parte: né troppo caldo, né troppo tiepido, A sentenziare il momento giusto era la zia Enrichetta percependo dalla bocca del forno il calore dei mattoni affocati.
A quel punto i pani dal tarvello passavano sulla pala. Disposti uno dietro l’altro sembravano pronti per un viaggio; sparivano dalla vista e ricomparivano dorati, un tantino bruniti. Con la crosta incisa dal segno della croce.
La famiglia aveva compiuto il suo atto sacro, il rito del pane quotidiano, quello che si invoca nella preghiera.
L’altro protagonista della cena, il cavolo nero, invece, faceva la sua comparsa in cucina la mattina stessa della vigilia. I mazzetti di foglie scure dalla costa più chiara, serrate l’una all’altra, invadevano il tavolo.
“Il cavolo nero, se non ha ‘sentito’ il freddo non è buono, ma quest’anno non si corre il rischio. Le gelate che son venute l’han già ‘cotto’”, commentava la mamma, mentre liberava le foglie dalle coste e le gettava nell’acqua che già bolliva sulla piastra della cucina economica.
“Prendi il bicarbonato che una puntina ci vuole”.
Così anche il cavolo, una volta lessato, rimaneva nella sua acqua ad aspettare che tutti gli altri ingredienti fossero pronti per fondersi insieme.
Ecco le acciughe!
“Belle!”. Il Rigo del Giulio, stamani, aveva appena aperto una latta nuova.
“Vedete come sono belle cicciute e oleate?”
Erano stese, allineate sulla carta oleata, posata a sua volta su quella gialla.
“Levatele la lisca, ragazze, e passatele sotto il filo dell’acqua per togliere il sale, che io, nel frattempo, affetto il pane da abbrustolire. Dov è la coltella?”
E la mamma si appoggiava il bel pane rotondo al petto, ricoperto dalla pettorina del grembiule, e con un gesto largo e preciso guidava la lama. Essa penetrava nel ventre del pane e le fette, uguali e intatte, piovevano giù. L’ultimo atto della preparazione dei crostini iniziava sul far della sera, quando l’ora di cena era vicina, quando i vetri appannati ci isolavano dal resto del mondo ed era bello sapersi tutti a casa.
Sulla tavola, già ricoperta dalla tovaglia, la zuppiera panciuta, dal fondo largo, troneggiava come la regina della cena; sul fornello la pentolina bassa con l’olio.Vi spiccavano gli occhietti bianchi dell’aglio, mentre le acciughe, poverine, si sfacevano dando al tutto un colore marroncino.
“Un bel bicchiere di aceto bianco ci vuole ora-Stai attenta all’olio bollente che schizza”
Un attimo ed una nuvoletta e un profumo acre e delizioso si alzava dal pentolino. Riempiva la cucina e sconfiggeva, finalmente, l’odore del cavolo.
A questo punto la mamma non aveva più bisogno di assistenti, solo della “ramina”. Tirava su le foglie del cavolo e, belle aperte, le adagiava nella zuppiera, poi, svelta, svelta, immergeva nella loro acqua di cottura le fette di pane abbrustolito e ve le posava sopra.
Così strato su strato e su ognuno un bel mestolo di sugo di acciughe fino a che pentola e pentolino erano vuoti e la zuppiera satolla.
“Lasciamoli ‘polpare’ un poco”, era l’ultimo consiglio della mamma.
Dalla espressione del babbo, al primo assaggio, avremmo capito se tutti gli ingredienti si eran fusi in un unico sapore, il sapore del Natale, per noi.
Come quello del poncino al mandarino, condiviso, dopo cena, con gli amici che bussavano alla porta.
A quel punto la mamma si era seduta. Finalmente. Messo via il grembiule, aveva indossato la giacchina di maglia delle Sorelle Pieri, di un bel colore amaranto. Anche noi, ragazze, avevamo l’indomani qualcosa di nuovo da incignare a cominciare dai calzettoni a quadri già pronti sulla sedia in camera.
Anche i minimi dettagli, facevano del Natale, il nostro Natale.
I crostini col cavolo nero
(la ricetta della Camilla)
Quella raccontata da Graziella è la ricetta della tradizione, che però può essere proposta in alcune varianti che variano appunto di famiglia in famiglia.
Questa è quella che ci propone la Camilla Giannotti della Trattoria L’Altana di Barga che ringraziamo.
Per il cavolo
Prima si lessano le foglie del cavolo nero;
poi si tritano e si stufano in un soffritto di aglio e olio.
Si aggiunge di seguito le acciughe diliscate.
Aggiustare di sale (poco perché le acciughe sono già salate) .
Per i crostini
Prima di guarnirli si può scegliere di friggerli o semplicemente abbrustolirli.
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