Da Filecchio a Bergamo: “Ecco il nostro vivere sul fronte”

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BERGAMO – Qui da noi  chiamano tutti Bebo. E’ l’Alfredo Ghiloni, quaranta anni, di Filecchio. Vive e lavora dal 2014 in provincia di Bergamo ed oggi lui è un sopravvissuto del coronavirus. Uno che la morte non l’ha vista troppo da vicino, ma insomma, via… quasi…

Il Bebo è sul fronte vero, quello più cruento. Vive e lavora in provincia di Bergamo ed è testimone diretto della disfatta di una città che non ha più i mezzi, e forse non li ha mai avuti, per una catastrofe di questa portata, per continuare ad affrontare tutto questo. Anche lui si è ammalato, il 9 marzo è iniziata la sua odissea che per fortuna si è conclusa bene, ma tanti che conosce non ce l’hanno fatta… anche due suoi colleghi con cui lavorava ogni giorno

Lui si è ammalato ma a lui è andata meglio che a tanti altri.

“Prima arriva la febbre che ti curano come una febbre normale con gli antipiretici, ma nel frattempo cominci a debilitarti, poi non senti più il gusto delle cose ed allora vuol dire che ci sei proprio dentro. Nel giro di pochissimo tempo cominciano le crisi respiratorie e quando cominci a stare male ti vengono a prendere. A me non è andata malissimo,  è bastata una puntata alla Guardia medica e poi sono tornato a casa. Per qualche giorno sono stato fuori dalla realtà, non ce la fai a fare niente, non avendo gusto non ti viene nemmeno voglia di mangiare, ma devi farlo se non vuoi indebolirti ancora di più. Non sono stati bei momenti, ma è passata…”.

Quello che ci racconta di Bergamo lascia sgomenti:

“Bergamo è una città che non dorme mai, piena di cose da fare e da vedere; ed ora sembra una città morta. Sembra di essere sul set di un brutto film; qui si vive come in guerra e tutto è al collasso:  il virus ha colpito a morte non solo le persone, ma l’intero sistema di questo territorio.

In giro non c’è nessuno, senti solo le ambulanze che non smettono mai di urlare, giorno e notte, le file che fai per comperare da mangiare sono interminabili ed al supermercato non solo ti misurano la febbre e di fanno lavare le mani, ma ti controllano anche la reattività degli occhi…. Una specie di visita medica insomma…

Gli ospedali sono al collasso, strapieni di malati, i sanitari sono a rischio e si ammalano perché non hanno gli strumenti per isolarsi che arrivano a rilento; i giovani specializzandi vengono sbattuti in prima linea, allo sbaraglio, per riempire le file lasciate vuote da chi è stremato o ammalato. Tra le più grosse difficoltà di Bergamo in questi giorni quella di smaltire le salme… La gente muore, muore di continuo…. Non fai nemmeno in tempo ad accorgetene a volte, che le persone che conosci non ci sono più, se le sono portate via e non c’è stato nemmeno il modo di salutarle. Non ci sono più e basta.”.

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