Per il nuovo spazio di “Racconto…Racconti”, in cui i lettori potranno proporre dei racconti da loro scritti (si possono inviare a redazione@giornaledibarga.it – le informazioni le trovate QUI), ci è arrivaty0o nei giorni scorsi lo scritto di Giacomino Colosio.
Ecco il suo racconto:
Il più bel Capodanno della mia vita
Mi alzo presto, stamattina. Presto per essere il primo giorno dell’anno. In genere, quando si fa un cenone con gli amici si va a dormire tardi e le condizioni fisiche non sono certamente adatte ad una levataccia.
Quest’anno invece è andata diversamente; alle sette ero già sveglio e mi sono alzato arzillo. Merito di Sergio, che aveva il compito di portare i vini, tutti ottimi e di bassa gradazione alcolica. Io invece mi sono occupato della cena, a base di pesce e verdure. Un menù vario, ma leggero. Ecco il segreto.
Alle dieci di mattina io e Franca siamo già attivi, e ci vien voglia di fare un bel giretto nei boschi della Valverde, la valle della mia infanzia; verdeggiante, lo dice anche il nome, unica nel suo genere. Una camminata salutare. La giornata è soleggiata, troppo bella per rinunciare al piacere di respirare aria buona e sgranchirsi le gambe tra betulle e castagni, robinie, frassini e carpini neri.
Dopo una mezz’ora, mentre sono intento ad osservare una lepre che fugge con il suo caratteristico saltellare, ho la netta sensazione di avere una visione.
Chiedo conferma a Franca e mi accorgo che anche lei ha gli occhi puntati giù nel fondo valle; una striscia di colori multiformi si snoda fra prati e boschi, fiancheggiando i ruscelli di acqua sorgiva, tipici del luogo.
Sembra di vedere un gigantesco serpente variopinto che scompare e ricompare, a tratti, nelle macchie boschive.
Curiosi, decidiamo di cambiare tragitto e ci avviciniamo, scendendo svelti lungo la china del monte.
All’improvviso, percorrendo un sentiero agevole, grande e ben curato, abbiamo una visione: una ragazza a cavallo che regge una bandiera della pace, quasi fosse una banderilla.
Non fosse per il cavallo si potrebbe pensare ad un paragone con la statua della liberà, anche per il modo con il quale la cavallerizza regge l’asta, al posto della fiaccola.
Ma devo dire che io colgo subito il nesso, perché il braccio teso in alto e il viso pulito e volitivo della ragazza richiamano alla mente lo stesso significato, ed i colori dell’arcobaleno sono simboli di luce sul mondo, così come lo è la fiamma sprigionata dalla fiaccola.
Stiamo aspettando la fine di questo lungo e snodato corteo per metterci in coda, ma c’è sempre qualche bandiera della pace che spunta tra gli alberi. Ad un certo punto decido allora che possiamo entrare nel mezzo, senza aspettare che il lungo corteo finisca.
Chiedo a due signore di mezza età, una col cagnolino, se ho la faccia adatta a fare il sostenitore della pace, e lei mi risponde:
«La faccia è fin troppo buona… però, sono le azioni che contano »
Colpito e affondato. Infatti io riconosco di essere un pacifista anomalo…insomma un pacifista belligerante, non remissivo.
Quanta bella gente, quante facce serene, normali, per così dire: mi sa che sono autentici abitanti della mitica Valverde. Dietro me sento un belato. Che può essere: uno speciale fischietto, o altro?
Mi giro, e la scena che vedo è da fotografia. Un uomo di una certa età, barba bianca, vestito come un pastore, è avvolto da una bandiera arcobaleno ed ha una capra bianca e nera legata ad una specie di guinzaglio. Incuriosito mi avvicino. Devo sapere chi è, e perché mai si porta la capra ad una manifestazione.
« Salve…è una capretta tibetana? » attacco io.
« Sì…ma la varietà grande. Pesa più di venti chili » dice l’uomo.
Vorrei chiedergli se l’ha portata perché è pacifista anche lei, ma non so se coglierebbe la battuta con lo spirito giusto. E allora allargo il discorso e vengo a sapere che da quando è rimasto solo, dopo che è morta la moglie, si è attaccato a questo animale e non lo lascia mai. Ha anche un cane, ma quello sta a casa volentieri, non ama le manifestazioni.
C’è di tutto in questo corteo, tutta bella gente: casalinghe che forse dovranno tornare a casa a sistemare i disastri del fine anno, signore distinte e ingioiellate, nonni e nipoti, molti cani, il nostro sindaco, ragazzi e ragazze che si baciano, uomini di colore ed altri smorti come cadaveri, i così detti visi pallidi.
A metà viale del Santuario una scena di intolleranza: il solito signorotto del paese, a bordo di un Suv che sembra un carro armato, è costretto a fermarsi per almeno dieci minuti, tanto è lungo il corteo, ed allora sbuffa al volante e parlotta tra sé e sé, non poco arrabbiato per il contrattempo. Tutti lo notano, ma essendo pacifisti doc non fanno altro che compatirlo. Io no, sono un pacifista belligerante, quindi non ho l’obbligo della sopportazione. Franca mi guarda storto, quando mi avvicino al macchinone. Riesce a dirmi:
«Mino, lascia perdere, per favore… »
Come faccio, è più forte di me…io non sono Santo Subito come lei. Lo diventerò dopo la morte…o forse nemmeno. Lei invece, la mia ultima fiamma, la sola che sopporti il mio caratteraccio, è stata soprannominata in quel modo dagli amici.
Gli faccio un gesto educato di abbassare i finestrini, come se volessi comunicargli una cosa importante, e lui esegue prontamente.
Allora lo guardo dritto negli occhi, guardo il Suv, fingendo di controllare il modello, poi guardo ancora lui e gli dico:
«Dio buono, dove va con questo carro armato…a fare la guerra? »
Lui mi guarda allibito, seccato e forse un tantinello scoglionato, mentre qualcuno del gruppo non può fare a meno di esplodere in una risatina. Eh no, non si fa…i pacifisti queste cose non le devono fare, almeno quelli non belligeranti.
In fondo al viale, dopo il cimitero, c’è la casa di Riposo. Gli organizzatori hanno programmato una sosta, necessaria per fare gli auguri agli anziani e per un piccolo rinfresco…davvero una bella idea perché il sole sembra quasi primaverile e molti hanno sete. Qualche canto, abbracci di tutta questa gente ai nonnini e gran finale, con un applauso all’Anno Nuovo che pareva un boato…insomma una specie di cannonata pacifica.
Bello, me la sono goduta. Il più bel Capodanno della mia vita.
glauco ballantini
17 Febbraio 2020 alle 8:04
La cronaca di una giornata particolare come in fondo è il primo giorno dell’anno. Il pacifista belligerante. Del resto in un canto anarchico si diceva “la pace agli oppressi e la guerra agli oppressor…” Mutatis mutandis.
Colosio Giacomo
19 Febbraio 2020 alle 14:44
Esatto…Glauco, ci hai preso in pieno nel tuo commento. Ciaociao.