Si guardavano il maresciallo e il dottor Giannini, si guardavano fissi e non sapevano cosa dire. Sarebbe sembrato il duello di un film western se non fosse stato che nessuno dei due aveva voglia di tirare fuori la pistola, e poi perché? Non c’erano delinquenti da arrestare né tantomeno psichiatrici da sedare.
“Legga questa testimonianza dottore, la legga. E’ del comandante pilota Roncalli, persona seria e finora molto affidabile, legga cosa ha detto…e quando lo diceva doveva esserci lei a vedere che espressione aveva stampata in faccia…e quest’altra? Povera donna, è la pastora che vive in montagna, una brava donna, mi han detto che non fa altro che chiedere a tutti se han visto l’Adele”
Il maresciallo era seduto alla sua scrivania, dietro le spalle i calendari dei carabinieri facevano da cornice ad una normale scena di tutti i giorni in caserma, se non fosse che si iniziava a parlare di psicosi collettiva. Il dottor Giannini non sapeva cosa rispondere, cercava di ricordare le cose che aveva studiato all’università. Leggeva le testimonianze con sguardo serio, poi a volte gli compariva come una smorfia, sembrava un sorrisetto ma benevolo e sul volto appariva un’espressione come di tenerezza.
“Mi segni qualcosa per dormire dottore, non posso andare avanti così”
Il dottor Giannini annuì, appoggiò il faldone che aveva in mano e tirò fuori il libretto delle ricette, se non altro la sua presenza in questa storia sarebbe servita a qualcosa…in verità restava basito anche lui, che ne aveva viste tante…ma un paese intero testimone di una sparizione seguita da strane apparizioni e fenomeni inspiegabili, questo non lo aveva mai visto davvero. Si sentiva inutile e per un momento realizzò che tutto quello che aveva studiato finora non stava servendo a spiegare la minima cosa, a meno che non si bollassero tutti come pazzi, ma era impossibile. Già vedeva i titoli sui giornali: ALTOLA IL PAESE DEI PAZZI. No, non si doveva sapere troppo in giro, si sarebbe solo attirata una curiosità morbosa che rischiava di complicare ancor più le cose. Il maresciallo avrebbe voluto archiviare il caso ma finché continuavano a presentarsi testimoni sotto shock non poteva.
“La mia paura maresciallo sono i mitomani, in questi casi compaiono sempre personaggi insospettabili che pur di mettersi in mostra sono pronti a giurare di aver visto le cose più assurde, sarebbero capaci di dire di aver visto un disco volante”
Quest’ultima affermazione suonò come sinistra. Il maresciallo fissò serio il dottor Giannini.
“Dottore” sbottò “in questo momento non mi stupirei nemmeno se mi passasse davanti un asino che vola”.
“Mi ricordo che lessi un libro quando ero all’università, di Jung…aspetti che lo cerco”
Estratto il cellulare il dottore iniziò una breve ricerca
“Eccolo qua!!! Me lo ricordavo!! E’ un saggio del 1958 pensi lei, si intitola: Delle cose che si vedono in cielo…Jung distingue le numerose apparizioni di dischi volanti…avvistamenti fatti a occhi aperti…visioni oniriche…sarebbero fenomeni di tipo paranormale, visualizzazioni dell’inconscio collettivo…. turbato dalla massificazione ….” Giannini leggeva in modo convulso “…auto-sterminio dell’umanità in una possibile guerra nucleare…. bisogno che si ponga fine all’autodistruzione…dopo duemila anni di cristianesimo…era dell’Acquario”
Il maresciallo fissava Giannini senza espressione. Battè i piedi a terra per assicurarsi che non stesse sognando. In un momento si era come visto dal di fuori, seduto sulla sua poltrona, nel suo ufficio, con uno psichiatra davanti che legge in modo quasi compulsivo un articolo sul cellulare dove si parla dello psicanalista Jung che ha scritto un saggio sugli ufo.
Stava sognando?
“Dottore ma qui nessuno ha visto navicelle spaziali….”
“Per ora” rispose una voce.
Il maresciallo sgranò gli occhi, fissava Giannini il quale lo guardava a sua volta a bocca chiusa, insomma si stavano guardando in silenzio, nessuno dei due aveva parlato e nessuno dei due sapeva cosa stesse pensando l’altro. Eppure il maresciallo aveva sentito una voce forte e chiara, ma forse era stata una sua impressione, forse stava diventando pazzo, dicono che succede così, si inizia a sentire le voci. Fissava Giannini per capire se anche lui avesse sentito quella voce ma non osava chiedergli niente. Probabilmente era la voce dell’appuntato nell’altra stanza. Questo pensiero lo riportò ad una percezione normale, si stava autosuggestionando. Si, decisamente era la voce dell’appuntato, che sciocco che era stato, e di chi doveva essere altrimenti? In caserma erano solo loro tre! Queste riflessioni furono interrotte da Giannini che, sempre fissando il maresciallo, attaccò:
“Io una volta ho visto una cosa strana”
Si era aperto improvvisamente. Non lo aveva mai detto a nessuno per paura di essere preso in giro.
“Sa maresciallo quando si è giovani, avevo la spider, eravamo andati a fare un giro in montagna, c’era una luna quella notte incredibile, illuminava quasi a giorno. Mi ero fermato sul ciglio del monte per farle vedere il paesaggio alla Olga, com’era bella maresciallo, uno schianto di figliola”
Il Dottor Giannini era irriconoscibile, le gote avevano preso colore,gli brillavano gli occhi, a vederlo si sarebbe detto che aveva bevuto qualche bicchiere di troppo ma non era possibile, dato che erano due ore che stava seduto davanti al maresciallo.
“Maresciallo si vide una cosa strana, a un certo punto, sa come succede, quasi sul più bello la Olga tirò un urlo e mi voltai…c’era questa cosa tonda sospesa nel vuoto che scendeva davanti a noi e aveva come un festone di luci colorate intermittenti che si accendevano e si spengevano”
“E voi cosa avete fatto?”
“E cosa vuole maresciallo, ci si spaventò, ci rivestimmo in fretta e feci un fugone, siamo scappati maresciallo. Però il giorno dopo ci son tornato a vedere e c’era l’erba tutta bruciata nel punto in cui quella strana cosa aveva toccato il prato, non ho mai capito cosa fosse”
“Ma non ha chiesto a nessuno? Se qualcuno aveva visto qualcosa?”
“Sa maresciallo, ero fidanzato da poco con mia moglie e quella sera le avevo detto che andavo a giocare a carte da un amico e insomma, troppo rischioso…lo sa come succede poi…”
“Si si, ho capito”
Ci furono dei lunghi momenti di silenzio. Nè il maresciallo né il dottor Giannini sapevano cosa dire. Quella confessione improvvisa aveva stupito entrambi, ad ogni modo non si stava parlando di ufo ma di una donna scomparsa e la cosa peggiore era che la cominciavano a vedere tutti. L’aveva vista anche Pino, il macellaio. Gli era sembrato di averla vista, cioè era quasi sicuro fosse lei, passava davanti alla macelleria una mattina e poi curvava verso l’ospedale. Era uscito di corsa ma non c’era più. Non sapendo cosa fare aveva chiamato i carabinieri e aveva detto che aveva visto la scomparsa, ma di telefonate del genere ormai in caserma ne ricevevano di continuo.
Quella sera Giuseppe era tornato a casa prima. Aveva salutato gli amici al bar, i soliti di sempre, ma non ne aveva voglia di stare a sentire i discorsi, tanto eran sempre le stesse cose e dell’unico argomento nuovo che riempiva le serate al bar, l’ Adele, se c’era lui non ne parlava nessuno per rispetto o per imbarazzo. Avevano una lunga relazione, lui e l’Adele, ma ultimamente si erano allontanati, non perché fosse successo niente di particolare. Era solo cambiato qualcosa e nessuno dei due aveva voglia di affrontare la questione, forse un po’ di stanca, fatto sta che quando era sparita non la vedeva da una ventina di giorni. Aprì la porta di casa e gli venne incontro come sempre Romeo, ronfando come un trattore.
“Ciao furfante, hai fame?”
Meowwwwwww…rispondeva sempre, con un miagolio rombante di fusa e gli si strusciava alle gambe che per poco non lo faceva cadere. Accese la lampada di sala, che faceva una luce calda, accogliente, molto rilassante. Ad Adele piaceva tanto l’atmosfera che si creava in salotto con quella luce, la predisponeva a serate piacevoli. Giuseppe sentì una forte nostalgia “Dove sei finita?” si chiese tra sé e sé. Gli veniva da piangere ma non lo ammetteva, da quando era sparita si sentiva la testa confusa, piena di pensieri contrastanti, sensi di colpa, poi rabbia, risentimenti vari, poi una pena forte e imbarazzo. Non sapeva come comportarsi, in paese facevano tutti finta di niente ed era peggio che se avessero espresso quello che pensavano. Si perché da quando era scomparsa, lui si sentiva escluso da tutto e da tutti. Non che lo facessero apposta, anzi. Ma entrare nel bar e notare che tutti lo vedevano entrare, perché lui adesso non era più Giuseppe, ma il compagno della scomparsa, era pesante da sostenere. Aveva cambiato ruolo sociale improvvisamente e questo comportava un cambio di comportamento nelle persone che non sapevano bene come relazionarsi con lui, adesso che era coinvolto direttamente nel caso più misterioso della storia di Altola. Era addirittura invidiato da qualche povero diavolo in cerca di briciole di notorietà. L’animo umano, a volte, tocca picchi di pateticità che necessitano lo sviluppo di una pietas superiore per reggere alla vista di certe piccolezze e Giuseppe, la pietas, non ce l’aveva ancora. Preferiva starsene da solo, che a volte gli montava una rabbia improvvisa che avrebbe spaccato la faccia a qualcuno. Quegli sguardi pietosi, finti pietosi e pieni di pettegola curiosità iniziavano a tormentarlo.
“Se non la trovano finisce che divento pazzo” pensava.
Accese lo stereo e andò verso la camera a mettersi in tuta, che si rilassava così alla sera, quando c’era Adele in casa questo era il momento più bello. Per un attimo gli sembrò di sentire il suo odore, la sua presenza era ovunque, una stretta al cuore lo spaventò “adesso mi viene un infarto e muoio” pensò. Si mise seduto sul letto in ascolto…si aspettava da un momento all’altro il mal di stomaco, tipico segno di infarto in atto, lo aveva letto mille volte…e poi il braccio, si concentrava sul braccio destro e cominciò a salirgli paura, sentì uno stripizzone di pancia “ecco ci siamo” pensò “adesso muoio”. Gli venne da andare in bagno improvvisamente, un attacco di dissenteria, sudava freddo.
(continua)
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