Il maestro Giancarlo Rizzardi, per molti semplicemente “il Jack”, è stata una di quelle rare persone capaci di modificare radicalmente in meglio sia Barga che i barghigiani.
Generazioni di ragazzi hanno appreso da lui i primi rudimenti dello strumento: alcuni di essi sono diventati musicisti, altri si sono limitati ad appassionarsi alla musica, comunque grazie a lui. Qualcuno è perfino diventato un accanito ascoltatore di jazz pur non imparando mai a suonarlo, contraddicendo una famosa battuta che il Jack amava ripetere spesso e secondo la quale il jazz è un po’ come un peto: piace solo a chi lo fa.
Senza di lui non ci sarebbe stata la scuola di musica e nemmeno BargaJazz: una idea che doveva sembrare ben strana negli anni ottanta, quella di organizzare a Barga un concorso internazionale di composizione e arrangiamento per orchestra jazz, mettere in piedi una big band di professionisti per eseguire le partiture e affidarne la direzione ad uno dei nomi più importanti del panorama jazzistico nazionale. Eppure ce la fece a convincere tutti: le istituzioni dettero il loro appoggio, a cominciare dal Comune di Barga che prese in carico l’organizzazione; per dirigere l’orchestra arrivò da Roma Bruno Tommaso, compositore ed arrangiatore già molto conosciuto ma sempre attento ai nuovi talenti, e a presentare il festival Adriano Mazzoletti, nome storico per la diffusione del jazz in Italia. Era difficile non farsi coinvolgere dal Jack…
Fin dalla prima edizione nel 1986, la manifestazione si caratterizzò per quello che sarebbe diventata: respiro internazionale (l’ospite d’onore era Lee Konitz, uno dei più importanti jazzisti ancora in vita), grande attenzione alla scena italiana (memorabile il duetto fra Massimo Urbani e Fulvio Sisti nell’ultima serata di quel BargaJazz), un’orchestra farcita di professionisti affermati e giovani promesse (alla tromba c’era un giovanissimo Paolo Fresu e al piano il compianto Luca Flores) e soprattutto un’idea originale di fondo: quella del concorso di composizione e arrangiamento.
Negli oltre trent’anni che sono passati da allora, tenendo ferma la centralità del concorso e dell’orchestra, le idee si sono moltiplicate (portare la musica in giro per i paesini della valle, oppure la festa di Barga In Jazz che ogni anno anima il nostro centro storico) e dalle nostre parti sono passati molti dei nomi più importanti del genere, contribuendo a diffondere quella cultura che ha portato ad esempio alla nascita del Barga Jazz Club del quale, inutile dirlo, il Jack fu uno dei promotori fin dall’inizio, anzi: da prima ancora che nascesse.
Per il Jack però la musica era per tutti, non solo per “quelli bravi”. Non si contano le orchestre di dilettanti messe in piedi nel corso degli anni: l’Edicola, il Coro delle casalinghe, la Saxophonia ed i tanti gruppi di musica d’insieme delle tante scuole di musica nelle quali ha insegnato… Per ognuno, confezionava un repertorio su misura e lo arrangiava ritagliandolo sulle capacità tecniche, spesso carenti, di chi avrebbe dovuto eseguirlo. Un po’ come Vivaldi con i suoi orfanelli, come gli ho sentito dire una volta.
Per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo di persona, il Jack è stato molto altro oltre alla sua musica: un uomo di rara intelligenza e generosità, divertentissimo (i duetti con l’inseparabile Marcella a volte sembravano scritti e recitati da due professionisti del teatro) ed innamorato della vita. Fra i molti ricordi passati sui social in questi giorni, vogliamo citare le parole di Nicolao Valiensi, musicista “coinvolto fin da giovane in tanti suoi progetti e visioni”:
“Sono pochi quelli che fanno della fantasia e della creatività una ragione di vita. Sempre alla ricerca del nuovo ma non fine a stesso”.
Infatti: mai fine a se stesso. Per questo ci sentiamo già più poveri senza di lui, così come senza dubbio più povera sarà la vita culturale e sociale barghigiana senza le trovate geniali del Jack e la sua capacità di concretizzarle.
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