Ne “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi, l’unico libro di cucina ottocentesco che ancora oggi – continuativamente – si stampa, si vende, si compra, si usa, c’è anche una ricetta che viene da Barga.
Un anno fa lo aveva anche ricordato Ivo Poli (Associazione Città del Castagno) nella conferenza su Pascoli e il Castagno tenuta per Unitre Barga il 3 novembre e proprio solleticati da tale notizia, grazie alla nostra storica Sara Moscardini, siamo riusciti a ricostruire questa interessante presenza.
La ricetta barghigiana è lo “Sformato di farina dolce” (la trovate al n. 652). Fu inviata da Leonardo Mordini di Barga, figlio del senatore Antonio Mordini e nonno dell’avv. Leonardo Mordini, il 21 gennaio 1906 (La lettera è conservata insieme ad altre missive inviate da Mordini a Forlimpopoli, nell’Archivio Storico Comunale, fondo Pellegrino Artusi.
Ecco che cosa si trova sull’Artusi:
Sformato di farina dolce Ricetta n° 652 tratta da: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi.
«Un signore di Barga di onorevole casato, che non ho il piacere di conoscere personalmente, invaghito (com’egli dice), per bontà sua, di questo mio libro, ha voluto gratificarsi meco, mandandomi la presente ricetta che credo meritevole di essere pubblicata ed anche lodata.Farina dolce, ossia di castagne, grammi 200.
Cioccolata, grammi 50.
Zucchero, grammi 30.
Burro, grammi 25.
Cedro candito, grammi 20.
Mandorle dolci, n. 12 e qualche pistacchio
Latte, mezzo litro.
Uova, n. 3.
Panna montata coll’odore di vainiglia, grammi 150.Prima sbucciate le mandorle e i pistacchi; questi tagliateli a metà, quelle a filetti o a pezzetti e tostatele. Anche il candito foggiatelo a pezzettini. Sciogliete al fuoco la cioccolata in un decilitro del detto latte, poi uniteci lo zucchero e il burro e lasciatela da parte. Ponete la farina in un tegame e versateci il resto del latte a poco per volta, mescolando bene onde non si formino bozzoli; poi unitela alla cioccolata e mettete il composto al fuoco per cuocerlo. Cotto che sia lasciatelo freddare per aggiungere le uova, prima i rossi, poi le chiare montate, e per ultimo le mandorle, i pistacchi e il candito. Ora prendete uno stampo col buco in mezzo, ungetelo col burro diaccio e versateci il composto per assodarlo a bagno-maria. Prima di sformarlo contornatelo tutto di ghiaccio trito frammisto a sale per gelarlo, e mandatelo in tavola col ripieno della panna surricordata. Potrà bastare per sette od otto persone.»
Della ricetta parlano anche diversi studiosi tra cui Massimo Montanari nel suo saggio, dedicato al libro dell’Artusi “Le ragioni di un successo”
Come ci dice Montanari, nella lettera inviata il 21 gennaio 1906 Leonardo Mordini scrive ad Artusi spiegandogli dettagliatamente come eseguire lo “Sformato di farina dolce” e proponendogli di includere la ricetta nel suo manuale. Il 7 marzo gli scrive di nuovo, con alcune precisazioni che Artusi gli aveva richiesto, con una “gentilissima lettera” a cui Mordini allude, scusandosi del ritardo con cui risponde. Evidentemente Artusi aveva provato a eseguire la ricetta e qualcosa non gli era apparso chiaro. Ricevuti i chiarimenti richiesti, include la ricetta nella decima edizione della Scienza in cucina, pubblicata nel 1906. La ricetta tiene conto di entrambe le comunicazioni di Mordini, che si ritrova citato nel libro: appunto il “signore da Barga”
Della corrispondenza tra Mordini e Artusi si conservano a Forlimpopoli solo le lettere in arrivo a casa Artusi, purtroppo.
Ma non è finita. Non solo nel libro si ritrova la ricetta del Mordini, ma è ancora grazie a lui se nelle ristampe successive si associa il nome di Castagnaccio, usato in Valle del Serchio, alla ricetta n. 204 (Migliaccio di farina dolce)
Ne “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene. Edizione progressiva”, il libro della collana “Emilia Romagna Biblioteche Archivi“, lo studioso Alberto Capatti ripercorre le 15 edizioni del celebre libro di cucina di Pellegrino Artusi pubblicate tra il 1891 e il 1911, comparando le ricette, evidenziando le variazioni via, via introdotte dall’autore e ricostruendo la composizione di questo inimitabile long seller. Nel suo saggio, parla nuovamente di Mordini riportando un passaggio della sua lettera inviata all’Artusi il 7 marzo 1906:
“Ella è uno dei pochissimi in Italia che sappiano scrivere in Italiano in modo da farci leggere con piacere: mentre certi nostri scrittori contemporanei, anche assai stimati, preferiamo molto leggerli tradotti piuttosto che nell’originale. Ho già letto due o tre volte da capo a fondo il suo libro, e, noti bene, non come un trattato tecnico, essendo in effetti un incompetente in materia di cucina, ma come si potrebbe leggere un romanzo […]”.
Capatti si chiede nel suo saggio: “Erano piaggerie oppure espressioni sincere? Non conosciamo la risposta di Artusi (…) Ma sicuramente Leonardo Mordini, nel suo lusinghiero approccio, aveva il fine di attirare la sua attenzione sul proprio sformato di farina dolce. Otto mesi passano, e il 26 ottobre, dopo che questo era stato pubblicato, torna a scrivergli sull’argomento che gli sta a cuore, difendendo la parola castagnaccio in uso nella Val di Serchio, “adottata dal Fanfani nel suo vocabolario”.
Il migliaccio di farina dolce, con un nome fuori uso in una parte della Toscana, impone ad Artusi l’aggiunta, nell’undicesima edizione, 1907, di un sinonimo: volgarmente Castagnaccio. Questo, grazie appunto a Mordini.
Lascia un commento