Parlare di un terremoto è un esercizio poco allettante per chiunque, quasi presi dal timore di svegliare chi potrebbe essere molto pericoloso per la persona e contro di cui niente è di ausilio e certamente nessuno può aiutarti. Allora come possiamo affrontare l’argomento per far fronte all’esigenza della storia che ci ricorda quel drammatico evento che quasi cent’anni fa sconvolse tutto il nostro territorio inteso come valle e gran parte del circonvicino? Penserei che la migliore cosa sia di rendere voce alla cronaca del tempo e, per Barga, argomento di quest’articolo, ricorrere al locale giornale La Corsonna, che con il numero 19 di domenica 12 settembre 1920, trattò dell’argomento, certamente con i suoi redattori, i fratelli Alfredo e Italo Stefani, più che mai presi in una morsa d’angoscia che si fa palpabile in quelle righe, parte scritte a caldo, altre riflettute dopo qualche giorno. Infatti, l’edizione è del 12 settembre mentre le terribili scosse telluriche si erano verificate il 7 del precedente martedì, precedute da un’avvisaglia il giorno 6, alle ore 16,00.
Con questi titoli di testa si apre l’edizione de La Corsonna:
L’Immane disastro tellurico di martedì. Le pietose condizioni di Barga. Deficienza di organizzazione e di azione. Barghigiani, offrite e soccorrete!
Così narra di quelle ore e giorni Alfredo Stefani, che ebbe occasione di osservare da vicino, ciò che accadde specialmente nell’antico castello, allora il centro vitale di Barga:
Un’altra volta con più violenza che mai, fra lo schianto delle case e i gridi disperati delle donne e dei bambini, Barga è stata squassata dal terremoto devastatore. E mentre con occhi sbarrati si fuggiva dalle case ancora traballanti per ricoverarsi nei prati e nei campi il cuore nostro serrava nella ricerca affannosa di persone care, che immaginavano travolte dall’immane rovina. E via via nella corsa coi visi smunti, sempre più affannati, ci sembrava che la terra si aprisse in una voragine spaventosa per travolgere nell’immane caduta la nostra Barga, la vecchia Barga che nei secoli è perseguitata da un tragico destino.
Poi a poco a poco ci ritrovammo tutti; solo due povere donne erano rimaste laggiù sotto le rovine della loro casa, nella verde conca di Natriani. Erano le vittime cruenti del terribile disastro, due povere madri di famiglia, una delle quali lascia dei bambini incoscienti della sciagura tremenda che li colpisce.
Ma ecco che passate le prime ore, incominciano a giungere le notizie della vicina Garfagnana dove il flagello si era abbattuto più spietatamente. E senza por tempo di mezzo una squadra di nostri volenterosi inizia la prima opera di soccorso e raccoglie i primi fondi per portarli laggiù verso Camporgiano dove la morte ha mietuto più spaventosamente. E vi giunge con un camion per prima. Distribuisce pane, biscotti, ed altro e ritorna col cuore stretto dall’angoscia.
Qui in paese, dove i danni sembravano superficiali e limitati appaiono adesso in tutta la loro estensione. Molte case, i tre quarti, sono dichiarate inabitabili e la maggior parte appartengono a povera gente. Tutta la loro vita, tutto il loro avere era racchiuso fra quelle quattro mura. Oggi non rimane che il piccone per demolirle. Fra poco Barga, la nostra Barga, non presenterà che squarci paurosi.
In quest’ora triste, imminente all’inverno che si avvicina pauroso è dovere nostro di offrire, di tutto quanto che abbiamo, una parte per quelli che non hanno più nulla. E bisogna dare, dare incondizionatamente e presto per venire incontro dei senza tetto. Siamo stati troppo dimenticati, spersi quassù alla mercé di Dio, senza che nessuno provveda e seriamente.
Dopo i primi aiuti a chi soffriva più di noi, oggi, dobbiamo pensare a noi stessi. Facciamo quindi appello a quelli che posseggono di venirci in aiuto: ai vicini e ai lontani … Iniziammo una sottoscrizione per i colpiti della Garfagnana, la proseguiamo per la nostra popolazione che soffre in silenzio, sotto un apparenza d’incolumità. Ma intanto le vecchie case di Barga stanno in piedi per miracolo e la popolazione vive ancora sotto le tende e dovrà viverci chi sa per quanto.
Ogni parola sarebbe vana ed incolore: chi ha sentimento non ha bisogno di frasi retoriche; preferisce le opere. Ed è per questo che speriamo e vogliamo molto dai barghigiani … di Barga e dall’estero.
L’Alfredo.
P.S. –Le offerte si ricevono presso la Direzione del Giornale La Corsonna – Barga – (Lucca).
Pensiamo che queste parole siano più che sufficienti per descrivere oggi cosa volle dire il terremoto del 1920.
Continuando a leggere quel numero de La Corsonna, ecco che alle otto di mattina arriva l’insolita sveglia, pochi secondi, e tutti fuori, specialmente da Barga vecchia, per recarsi sul piazzale del Fosso, mentre la Garfagnana, nascosta dalla pesante nube di nebbia, ancor di più anche dalla polvere. Il cronista nota che la Porta Reale, da cui si accede al Fosso, già precaria per l’usura dei secoli, smossa la sua torretta, pensa che dovrà essere abbattuta ma per fortuna fu solo una sua prima impressione e fu restaurata.
Alle otto e un quarto tutta Barga vecchia era quasi disabitata, con solo qualche persona che si affrettava a uscire dal castello tra tegole nelle strade, calcinacci, sassi e brani di muri crollati, mentre l’ampio piazzale dello sterrato Fosso è ora colmo di gente: uno spettacolo pittoresco e commovente al tempo stesso. I forestieri turisti, ultimi della stagione, stanno facendo le valigie e prima possibile partiranno per le loro case di Lucca, Pisa e Livorno.
Tra gli ospiti del piazzale iniziano a correre le prime tristi notizie, come di una casa, proprietà Marchetti, a circa un chilometro da Barga, che è stata vista crollare completamente (Latriani); si dicono tra loro dei soccorsi che son partiti per la meta e poi arriva la notizia che due uomini erano già ai campi ma due donne e due figli in casa. I piccoli sono stati tratti in salvo, malconci ma vivi, mentre le due donne, Biagioni Carmela moglie di Carlo e la figlia Maria moglie di un Cassettari, sono state caricate sulla lettiga della Misericordia e portate al cimitero. Altri e assai numerosi i feriti. Qualcuno torna a vedere la casa come si presenta e seppur ancora in piedi deve costatare che ha delle crepe e molto grandi, altre sono messe peggio e in tutti corre una sola preghiera all’Iddio: La mia casa! La mia povera casa.
S’inizia a pochi giorni dal sisma a fare un censimento circa la disastrosa scossa, specialmente sentita in Barga vecchia, dove solo l’importante intervento granducale degli anni dei terremoti 1740-45, dette una mano al sorreggersi delle case. Infatti, allora, si dette o s’impose, che le case del castello di Barga, fossero unite tra loro con il metodo delle volte, dove un piano delle stanze costruite sopra la stessa volta spettasse a ognuno degli edificanti in accordo tra loro.
Intanto, nel giorno stesso del sisma, ai profughi sono distribuite delle tende da parte del Genio Militare che ora si aprono sullo sterrato del Fosso, lungo le vie e nei campi adiacenti al castello, parimenti nel resto di Barga, come sulla via del Piangrande. Ogni tanto la paurosa tristezza si fa maggiore perché si sentono ancora delle scosse, accolte da gridi di disperazione. Giunta poi la sera, terrore e paura aumentano, anche perché la luce elettrica è venuta a mancare. Le candele accese nelle tende danno il senso nel vederle di trovarsi in campi colmi delle primaverili lucciole. Barga vecchia è ora avvolta nelle tenebre e solo qualche caffè fuori Porta Reale, senz’altro al Giardino, è aperto. Nelle vie buie solo il cadenzato passo delle ronde dei Carabinieri, rompono il rumoroso silenzio, facendo compagnia a qualche caparbio vecchio che non ha voluto abbandonare la sua crepata casa.
Le case maggiormente devastate dalla misteriosa furia sono quelle dei Cardosi, Castelvecchi, Ciarpi, Bonaccorsi, dei Verzani della Piazzetta, che era a San Felice (molte saranno poi distrutte); tra esse è crollata la parte finale del Duomo da poco rifatta e pitturata, però il Santo Gigante sta lì immutato e salvo nel suo guardo ieratico e ancora ammiccante tutto il suo monito ai fedeli e forse anche al misterioso mostro. Altre, si dicono centinaia e centinaia, sono state toccate in maniera abbastanza grave, alcune addirittura diroccate. La grande casa del Dott. Alfredo Caproni ha avuto i pavimenti sprofondati, gravi danni anche alla casa del farmacista Chiappa, del Capretz, dell’Avv. Bertacchi, del Dott. Salvi, ecc. Gli uffici pubblici ospitati in Barga vecchia saranno trasferiti altrove, come l’Ufficio postale e telegrafico, l’Ufficio del Registro, l’Agenzia delle Tasse ed anche lo stesso Comune.
Il giorno successivo la tragedia ecco che a Barga arriva il Card. Pietro Maffi, Arcivescovo di Pisa, doverosamente in visita all’importante Vicariato della sua Diocesi, visitando le chiese e lasciando un primo contributo di £ 2.000 e altro che arriverà poco dopo. Altra visita la fece il Prefetto di Lucca, annotando il cronista che facesse una passeggiata troppo rapida per la via principale del Castello. Nessun’altra visita ufficiale se non quella di alcuni ingegneri del Genio Civile, almeno sino al momento dell’uscita del giornale. L’On. Adolfo Zerboglio (barghigiano d’elezione) che era a Barga in villeggiatura da Pisa, intanto ha informato il Ministero delle vere condizioni della stessa Barga. Anche il deputato della Circoscrizione, On. Augusto Mancini, è venuto a Barga nella giornata di venerdì 10 settembre. Anche la politica soffre del terremoto, infatti, il Convegno del Partito Popolare che si sarebbe dovuto tenere a Barga la successiva domenica 19 settembre, è stato rinviato a data da destinarsi. Mentre le elezioni amministrative che si sarebbero dovute tenere nei comuni di Barga e di Coreglia il 3 ottobre di quest’anno, sono state rinviate al 31 dello stesso mese. Le frazioni di Barga, nessuna eccettuata, hanno subito la solita sorte del capoluogo. In Garfagnana i paesi più colpiti sono Villa, Castiglione, Pieve, Camporgiano, Vagli, San Romano, Minucciano e Piazza al Serchio, mentre si dice che a Castelnuovo siano pochi i danni. Nel complesso si dice che le vittime in Garfagnana siano un centinaio.
Su questo numero de La Corsonna intanto si notano i primi contributi a favore dei danneggiati. Alfredo Stefani per il giornale ha versato £ 50, simile somma ha dato la famiglia Nardini, mentre Candido Santi £ 25, così la tipografia Sighieri & Gasperetti. Mordini £ 250 e via dicendo si annotano altri contributi, come quello raccolto dalla signorina Palandri di £ 105.
Da La Corsonna n. 20 del 19 settembre 1920 ecco altre cronache, come nell’articolo cui segue il titolo.
Come è ridotta Barga dopo il terremoto.
Sunteggiandolo, ecco che la sera del terremoto del 6 settembre arriva a Barga da Firenze uno dei suoi maggiori figli ed estimatori, si tratta del figlio dell’ex sindaco del Comune Avv. Giovanni Verzani, il Dott. Lodovico, che già ha scritto e ancora darà luce a pagine di storia di Barga, pubblicate proprio su questo giornale, La Corsonna. Il resoconto della sua visita è ospitato sul giornale e da esso capiamo che la parte che più ha sofferto di Barga sia al quartiere di Porta Macchiaia.
A questa memoria desidera lo scrivente fare uno stop, per riportare un episodio circa quel terremoto, che visse suo padre, allora novenne, assieme a un fratello che di anni ne aveva sette. Era la mattina di quel 6 settembre e loro stando con i genitori e altri fratelli in un podere in Bugliano che ha di fronte proprio il quartiere di Macchiaia, dal padre e dalla mamma, lui il più grande, era stato avvertito di non salire con quel suo fratello su un certo fico per mangiare quegli appetitosi frutti, perché per la misera economia familiare, quei prodotti erano utili alla tavola. Per farli desistere avevano inventato che se vi fosse salito arrivava il diavolo a farlo scendere e con lui il fratello. Ecco che alle otto di quella mattina del 7 settembre 1920, loro saliti sul fico, questo ad certo momento iniziò a dondolare e guardandosi uno con l’altro dissero: mammamia è arrivato il diavolo!, poi fu attratto l’occhio verso Porta Macchiaia dove si alzò all’improvviso un gran polverone scendere giù per la costa, per un qualcosa che era franato. Altro che diavolo! Questo è il terremoto e comunque, giù dalla pianta e di corsa a casa. Giunti a casa videro i genitori intorno al lettino di un fratello più piccolo di loro, che miracolosamente, caduta una parete, era rimasto illeso.
Torniamo ora a Lodovico Verzani e alla sua visita di Barga la mattina del giorno successivo al terremoto devastatore. Questi nota che diverse case delle famiglie più antiche di Barga vecchia dovranno essere abbattute: quella dei Ciarpi, Mazzolini, Verzani e dei Diversi. Girò ancora a lungo e molte sono le case lesionate e inabitabili e ve n’è in tutto il sobborgo della Fornacetta, Giardino, nell’antico quartiere di Borgo e di Mancianella o Reale. In Barga lo stabile Capretz in piazza Salvi, antica dimora dei Bonanni, è paurosamente lesionato e così il Municipio stesso, antico palagio dei Pancrazi, ha avuto la sala di Consiglio rovinata ed è stato sgombrato. Così le case Colognori, Biagi, Stefani e l’asilo Donnini, furono puntellate. Le chiese sono tutte danneggiate, con il Crocifisso che ha il campanile davanti danneggiato e che poi fu abbattuto e ricostruito sul dietro. Il Duomo è stato chiuso e il proposto di Barga Mons. Della Pace celebra la Messa all’aperto, sul Fosso, con i fedeli che si raccolgono all’ombra dei rigogliosi platani.
Sopra al piazzale del Fosso si dice che abbia sofferto molto anche l’antica casa Bertacchi, che sta sopra le mura, con solo l’ingresso e il bagno abitabile, mentre il resto ha tutti gli impiantiti sfondati. Le antiche famiglie vivono accampate nei loro giardini e chiosa che solo il suo palazzo in piazza Angelio, detto Verzani, abbia solo l’apertura di piccoli cretti. Molte le case lesionate sino alla montagna, specialmente Mologno e le Palmente, dove una casa è crollata sopra a due donne e due ragazzi. Finisce auspicando che presto, per l’inverno che sta arrivando, si provveda alla costruzione di baracche per i molti sfollati che non avranno mai più una casa.
Intanto il Comune di Barga sta approntando un Comitato di Soccorso che sproni le associazioni politiche, economiche e di mutuo soccorso e che si faccia intendere circa Barga che al momento è dimenticata. Ogni tanto però si ode un tonfo di mura che cadono sotto i colpi di piccone degli operai del Genio Civile, che hanno assoldato i pompieri di Lucca e di Bologna e vari soldati, il tutto sotto la direzione del barghigiano d’adozione ing. Olivieri.
Continuano le visite, come quella di sabato 11 da parte del prefetto Bertini, assieme all’On. Oracoli. Uno dei primi interessamenti fu di aver dato disposizioni al Commissario Generale per la Garfagnana com. Perilli di estendere la sua azione anche al Mandamento di Barga, composto dalla stessa Barga e dal Comune di Coreglia. Ne segue poi che convocata un’adunanza dei sindaci della Garfagnana, sia Barga, che Coreglia non ebbe alcun invito. Fu a Barga anche il Prof. Pileo Bacci che ispezionò minutamente il Duomo che ha la cappella centrale crollata.
Il giornale continua con questo numero a fornire l’elenco degli oblatori pro- terremotati e si pubblica anche una lettera dell’Ing. Edoardo Ignarra di Lucca, che, dopo aver contribuito con un’offerta all’Ospedale per i ricoverati e alla madre superiora dello stesso nosocomio, ora mette a disposizione la sua casa per chi volesse accettare la sua ospitalità, presunta a Lucca. Continua La Corsonna il suo racconto di quel terremoto e del dopo anche nel successivo numero 21 del 3 ottobre e questi sono i titoli della prima pagina:
Come Barga vive dopo quasi un mese dal disastro. Mentre nuovi tremiti scuotono la terra.
Seguono i titoli con: Perché Barga risorga! E I primi provvedimenti dopo il terremoto. All’interno vediamo il titolo Il Comitato di Soccorso, dove c’è la cronaca di un incontro avutosi domenica 26 settembre, in cui si prese atto della completa dimenticanza della politica nei confronti del territorio di Barga, per poi passare alla nomina dell’ufficio di presidenza che porti avanti un’energica azione presso i poteri pubblici e rappresentanze politiche della Provincia. La presidenza fu nominata nelle seguenti persone: Ingegnere Generale del Genio a riposo Ruggero Micheluccini, Prof. Cesare Biondi, Comm. Leonardo Mordini, Alfredo Cola, Italo Stefani, Corrado Sighieri, Tito Fabbri, Chiappa Amedeo, Luigi Pieroni. Prima azione di quest’ufficio fu di stilare I “Desiderata” di Barga; una lettera da diffondere a tutti i livelli e che segue sotto.
Per invito del sindaco di Barga (Dott. Domenico Lazzeroni) per deliberazione del Consiglio Comunale, noi rappresentanti delle Associazioni politiche ed economiche senza distinzione di colore e di tendenza ci siamo costituiti in Comitato per raccogliere, coordinare, distribuire i soccorsi ai più bisognosi, per segnalare le vostre necessità, per consigliare, spronare, controllare l’opera dei pubblici poteri.
In nome vostro, o cittadini, noi crediamo di elevare, prima di tutto vibrata protesta per l’abbandono, in cui fu lasciata la nostra terra, avvenuto il disastro mentre le nostre case pericolavano e la nostra accampava all’addiaccio, per il mancato invito del nostro sindaco all’adunanza dei rappresentanti dei Comuni danneggiati dal terremoto, tenuta in Castelnuovo, per la deficienza di soccorsi e di restauro.
Plaudiamo all’opera dei pompieri di Bologna accorsi a noi quasi che dalla tomba marmorea dei Caproni fosse giunta a loro la voce del nostro Poeta, che cantò la gloria della Città turrita e la redenzione dei lavoratori dei campi di Romagna.
Fateci sapere i vostri desideri, i vostri bisogni, le vostre proposte; dateci tutto il vostro aiuto. In ogni frazione, in ogni casolare riunitevi, sceglietevi un rappresentante e mandatelo a noi in nome vostro.
Noi non disponiamo di molti mezzi ma abbiamo la fede nella solidarietà umana che ci anima e ci sorregge.
Con questi sentimenti serriamo le file e ci mettiamo all’opera!
Il Comitato aveva una sua stanza nel fabbricato delle scuole al Giardino e si rese disponibile tutti i giorni dalle nove del mattino sino a mezzogiorno e il pomeriggio dalle quattordici alle sedici. Intanto, ha deciso la costruzione di baracche, prima che intervenisse il Governo, presso il Convento dei Cappuccini, cui dedica la sua opera di conoscenza militare il Generale del Genio a riposo Micheluccini. Nell’esecuzione si stanno dando da fare anche gli operai del Comune assieme ai militari presenti a Barga e altre baracche sorgono sotto il cedro del Bastione, nel Piangrande, in Mologno, Loppia, ecc.
Intanto, si sentono ancora scosse di terremoto e qualcun’anche di una certa intensità. La Corsonna pubblica che alla data dell’uscita di questo numero del giornale, il 3 ottobre 1920, che la promossa sottoscrizione ha fruttato £ 6.254, 35, di cui £ 699,05 sono serviti per i soccorsi a Camporgiano, mentre il resto sarà messo a disposizione dal giornale al neo Comitato, ma che si continui a donare. Barga 30 settembre 1920.
Sotto si legge che il segretario del Comitato, Amedeo Chiappa, ha firmato la ricevuta dei soldi avuti.
Si annotano ancora le devastazione del terremoto, che oltre le già dette case di Barga vecchia, l’elenco si estende ora al Giardino, dove si dice che sia franata la casa Castelvecchi e quella di Luchini e che crollano ora quelle Arrighi, Chiappa, Talò ed altre stanno in piedi sui puntelli. La casa Diversi è in demolizione e più di un angolo delle case Biondi, Pierotti, Iacopetti, Iaccheri, Giannotti, Santini, e di altre han subito lesioni profonde; le ville Dott. Caproni, Bertacchi sono inabitabili. La visione tragica però non finisce, perché altri segni di distruzione sono nei casolari delle nostre frazioni, soprattutto ai Conti, in Mologno, a Pontall’Ania e un poco a Fornaci, senza contare le case sparse sui poggi di Albiano e Serra, di Natriani, Giucheto, Tiglio e di Sommocolonia. … Il sorriso è scomparso, gli occhi non vedono più e il cuore si è stretto nella morsa di un dolore cupo e la mente non sogna caracollando sui destrieri della fantasia. Il Vagabondo.
Tag: barga, terremoto, terremoto del 1920
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