Con il primo articolo ci siamo lasciati con l’idea di vedere alcune notizie intriganti circa la vita della Pieve di Loppia ma intanto riprendiamo la strada lasciata circa i potenti Canossa. Aggiungiamo a questo nostro breve racconto della Pieve di Loppia e a onor di cronaca, uno sconosciuto personaggio legato alla Chiesa Romana, un cardinale, Bosone (o Boso), nominato Breakspear, che lo storico tedesco F. Geisthardt in “Der Kammerer Boso”, Berlino 1936, vorrebbe originario o nato a Loppia, vissuto nel secolo XII e morto a Roma nel 1181. Questa figura è molto intrigante per le sue connessioni in Toscana con il potere della Chiesa Romana. Di lui resta da dirsi e per quanto si sappia, che mai è entrato in un qualsiasi racconto sull’importante chiesa di Loppia o nei racconti di storia locale.
Tornando ai Canossa, già entrati politicamente in questa parte della Toscana prima ancora che Bonifacio (+1052) ne fosse investito (1027-28), mantengono forte la loro presenza con la figlia Matilde (1046 – 1115) che in onore dello stesso padre Bonifacio, edifica nel 1071 la torre o le torri della Rocca di Sommocolonia e rinforza la sua fortezza, il Castello che deve controllare la via del Saltello che unisce la nostra terra al Frignano. (La data 1071, a diversi storici pare impossibile, perché Matilde assommava solo 25 anni e non era ancora Marchesa di Toscana, però va detto che in quell’anno, suo marito Goffredo II, era il reggente del Marchesato di Toscana, assieme alla suocera Beatrice, madre di Matilde.)
Entrata Matilde nella veste di marchesa la vediamo concedere l’anno 1090 particolari immunità e privilegi a Barga, con ciò favorendo l’autonomismo del castello garfagnino. (6) Queste immunità poi furono riconfermate, nel nome di Matilde, dall’imperatore Federico Barbarossa nel luglio 1185 in un diploma inviato ai suoi fedeli Consoli di Barga presenti e futuri e a tutto il popolo. Prima, nel marzo 1185, ne aveva spedito altro, anche a tutti i garfagnini, compresa Barga. Il diploma del 1185, diretto esclusivamente a Barga ci fa capire due cose, ossia, che la stessa Barga era già eretta a Comune e capoluogo della Garfagnana matildina.
L’intervento diretto dell’imperatore Federico su Barga del 1185, che rientrava nel suo programma tendente a rialzare il suo potere in Italia, mosse proprio sulle ovvie radici di Matilde, che morta senza eredi diretti nel 1115, tale circostanza aveva dato inizio alla dispersione del suo immenso patrimonio, conferitole da Enrico V, quale Regina d’Italia e Vicaria del Papa. Il patrimonio di Matilde fu politicamente agognato da molti, tra questi il pensato incameramento da parte della Santa Sede della Garfagnana già controllata dalla stessa Matilde, che si renderà attuato con Gregorio IX nel 1228 c.a. e con Barga, appunto, in un ruolo fondamentale. Con quest’atto la Garfagnana, di fatto, entra nel vortice della lotta tra Papato e Impero, ma non solo questo avverrà, perché Lucca non vorrà stare a questa decisione papale e per la Garfagnana si aprirà un capitolo drammatico che vedremo un poco più avanti.
Da questo velocissimo excursus storico mi pare emerga chiaro un dato: la Pieve di Loppia, nel secolo XII, era inserita in un territorio ad alta tensione politica.
Circa la genesi della Pieve di Loppia, cosa fosse fisicamente, come detto, è una storia quasi impossibile da ricostruire, salvo rifarci all’attuale posizione e visione, specialmente come locazione si potrebbe reputare tale sin dal sec. VIII.
Su questa falsariga possiamo dire alcune cose, per esempio che fu costruita o ricostruita da Beatrice nel secolo XI su due vie per Barga che poi andavano al passo del Saltello, così era collegato il castello centrale della Garfagnana con la parte emiliana dei Canossa, questo in maniera inconfutabile. I due approdi barghigiani erano Porta Reale, passando davanti alla facciata della Pieve, mentre l’altro, costeggiando la chiesa e per la Valle di Latriani, arrivava a Porta Macchiaia.
Nella giurisdizione della Pieve di Loppia, che andava dai confini con l’attuale Bagni di Lucca sino a comprendere le aree del Comune di Fosciandora, dove c’erano varie zone atte ad accogliere una Pieve ma se questa è qui, a due chilometri da Barga, in una posizione forse strana, incassata tra colli, certamente c’è un senso, una ragione, che ciò che si è detto or ora e la lapide rimessa nella chiesa aiuta certamente a comprendere. In altre parole si volle qui perché ciò rientrava in precisi disegni politico-religiosi e cerchiamo di interrogarci con ciò che segue.
Infatti, la prima osservazione è circa la decisione di istituire una Pieve in questa vasta area, alludo all’ignota e prima decisione dopo Frediano di Lucca e precisamente del periodo della prima citazione a noi nota, ossia, l’anno 764. Questo Vescovo o altro successivo, dice che si faccia una Pieve in quest’area della Garfagnana ma si badi che parla a un popolo a lui sottoposto nello spirituale, che accolto il messaggio, deve edificarla. Il popolo risponde al potente e questi poteva decidere di costruirla dove meglio credeva e riteneva opportuno oltre che consona ai propri voleri, da Calavorno a Fosciandora ci sono molte aree, presumibilmente, anche allora adatte.
Allora pare essere di fronte a delle domande che hanno come risposta un’evidenza: si costruisce la Pieve di Loppia, dove aveva un senso di essere rispetto alla centralità di un territorio ecclesiasticamente definito e interessante per il passaggio di una via che da Lucca, passato il Serchio a Calavorno andava al passo del Saltello e altri valichi montani, da lì raggiungendo le aree emiliane del Frignano, Pieve Pelago e altro.
Questo corso della via, ovviamente vale anche all’inverso, nel senso che da questa parte d’Emilia per raggiungere Lucca, la via Francigena e da lì i luoghi della fede, si valicava l’Appennino al Saltello. Un passo che aveva due direttrici toscane: o il crinale che da Sommocolonia scendeva al Serchio, passando per la chiesa di San Quirico a Castroveteri o San Michele ad Albiano, poi eccoci al Ponte a Popolo con il suo Hospitale di San Jacopo, oppure raggiungendo Barga e i suoi Hospitali, da qui la Pieve di Loppia e il ponte di Calavorno, nei due casi prendendo la via per Lucca, detta dei Lombardi, così come venivano e sono appellati i popoli di là dall’Appennino.
Altra osservazione e a chi si affidasse la cura della difesa della Pieve, compito in parte svolto dal castello o rocca di Loppia ma principalmente da Barga, con i suoi canonici del Duomo. Tra l’altro quando la Pieve cade in rovina a causa delle distruttive incursioni lucchesi (1230 – 1234, tempo dell’accennato incameramento della Garfagnana con Gregorio IX nel 1228), il riferimento primo della stessa Pieve è Barga sino ad assorbirne in tutto le funzioni nel 1390, a questa data, pressappoco già ridotte all’area del Comune.
Per la vita della Pieve di Loppia nel secolo XIII, vediamo che dopo la devastazione della chiesa battesimale, anni 1230-34, in un documento, una bolla partita dalla Santa Sede nel 1240, a firma di Gregorio IX, s’investe il Comune di Barga circa la persa funzione del battesimo nella stessa Pieve di Loppia. A Barga gli si dice, che sia istituito il battesimo nella chiesa di San Pietro, così ci racconta Guido Tigler. (7)
“Laterano 17 maggio 1240.(Gregorius IX) Consulibus et Communi de Barga, fidelibus suis scribit se, propter ipsorum fides et constantiam, nec non propter diversa pericula quae pro devotione Romanae Ecclesiae pertulerant, eorum ecclesiam in honore beati Petri apostoli consecratam, constituere baptismalem, et statuere ut, ipsorum terra in devotione Romanae Ecclesiae existente, perpetuis temporibus baptisma in eadem ecclesia celebretur”.
(Consoli e Comune di Barga, a voi scrive Gregorio IX, per la vostra fede e costanza alla Chiesa di Roma e non per il pericolo della vostra fedeltà alla Chiesa di Roma, ma per altri pericoli, la chiesa fu consacrata in onore del beato Pietro sia battesimale, stabilendo che nella detta chiesa si celebri il battesimo.)
Qui ci fermiamo per esaminare con il prossimo articolo il nostro e presunto valore di questo importante, se non importantissimo documento storico, che molto ci aiuta a capire della vita della Pieve di Loppia.
(6) Antonio Falce: “Documenti inediti dei Duchi e Marchesi di Tuscia, secoli VII – XII”, Firenze, L. Olschki, 1929.
(7) Guido Tigler: “Carfagnana Bonum Tibi Papa Scito Patronum”, che pubblicò in “Lucca città d’arte e i suoi archivi” del 2001.
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