Economia e commerci nella Barga napoleonica. Questo è il titolo di un mio articolo pubblicato sulla testata cartacea del presente giornale nel dicembre 2017, dove è abbastanza chiara la situazione economica del Comune di Barga in quel periodo, appunto, napoleonico, che in due fasi, prima cangiato nel 1801 il Granducato di Toscana in Regno d’Etruria sino al 1807, poi il successivo Impero Francese, nel complesso arriverà al 1814.
A quell’articolo, che invito a ricercare e leggere per avere un’idea storica sullo stato economico dell’ex enclave granducale barghigiana, per il vero pochissimo indagata e di conseguenza abbastanza sconosciuta sino alla pubblicazione del citato, seppur modesto lavoro, oggi mi senta invogliato a far seguire un particolare spaccato che investe gli anni 1814 e 1819, che riguardano i mercati e fiere di Barga. Si tratta di quando in Toscana si previde la restaurazione al potere del Granduca Ferdinando III, intendendo con ciò d’inoltrarmi a offrire al lettore una visione della rinascente o restaurata enclave granducale alle prese con i suoi mercati settimanali e annuali, che felicemente si finì con l’anno 1819.
Su questa falsariga mi ci ha condotto un amico che aveva tra le sue cose storiche un Avviso del Gonfaloniere di Barga Antonio Giannelli, datato 2 marzo 1819, dove si parla, appunto, dell’allora ristabilito mercato settimanale, soppresso pochi anni prima nei modi che più avanti vedremo. L’amico è Paolo Marchetti, che volle vedessi quel documento e così eccomi qui a cercare di spiegare pubblicamente, ma anche a lui, cosa quell’atto ci racconta e come si arrivi alla sua emanazione, facendo precedere a volo d’uccello, alcune notizie sui più antichi mercati di Barga.
Appunto, prima di iniziare penserei utile un piccolo excursus circa i mercati o fiere di Barga, una terra in antichissimo lucchese, poi fiorentina. Quest’ultimo, uno scelto e consapevole dominio, che durò per ben cinque secoli dagli inizi del sec. XIV sino al 1859, per poi tornare nella provincia lucchese costituita con l’Unità d’Italia nel 1861.
Uno dei primi documenti che attestano la presenza di un mercato a Barga risale al 1285, quando il vescovo lucchese Paganello II, vieta un mercato che il 20 marzo si sarebbe dovuto tenere nella terra, questo perché lo ritenne troppo concorrenziale con quello di Diecimo e il tutto a lode e gloria del Beato Martino.
Con questa citazione s’inizia a capire un dato importante circa i mercati e fiere, nel senso che se non c’era il permesso superiore della dominante, i popoli, sia pur raccolti in suoi ordinamenti, generalmente non potevano decidere di farli, salve le minute contrattazioni che non investivano o sfuggivano al diretto controllo del pubblico fisco. Nei tempi a seguire queste rimasero le condizioni per l’effettuazione di mercati e fiere, da sempre concessioni ritenute proprie dalla sovranità di turno, in pratica una loro e ben controllata prerogativa.
Nel Consiglio della Terra di Barga, altre volte dopo quell’anno 1285, si decidono di richiedere alla dominante il permesso di poter fare scambi di merci con gli stati confinanti, specialmente nei momenti in cui si faceva molto precario questo o quell’altro prodotto. Si tenga presente, poi, che Barga, in pratica l’estensione dell’attuale comune, dal 1341-42, divenne un’enclave fiorentina inserita tra i possedimenti pisano-lucchesi e che per potersi disimpegnare nei bisogni giornalieri e vivere del suo, Firenze, riscontrato la verità dell’occorrenza, dovette esentarla anche da certe contribuzioni fiscali, riuscendone che i paesi esteri confinanti qui venissero per condurre a termine affari di certi prodotti, perché, esenti tassa per Barga, qui costava meno che dalle loro parti. Uno status delle cose che contraddistinse e nei secoli rese Barga un unicum nella Valle.
Nei tempi, diverse furono le esenzioni fiscali, specialmente dalla tassa sul sale, che nel corso dei secoli a venire divenne una delle maggiori risorse del territorio, in quanto, autorizzata a prelevarlo con i suoi vetturali nelle aree divenute fiorentine, Pisa e Livorno, Barga ne smerciava una quantità prodigiosa, però non potendolo fare in mercati e fiere, ma solo su autorizzazione degli uffici centrali di Firenze, che gli davano la possibilità di stipulare contratti con Castelnuovo modenese e Castiglione lucchese. Tale decisione fu senz’altro suggerita per contrastare il forte contrabbando di tale prodotto, talmente praticato che i vetturali di Barga erano sottoposti a severissimi controlli, trasportando balle chiuse con tanto di bolli super verificati. Altre cose che non potevano essere smerciate da Barga in mercati e fiere, perché attinenti alle Regalie Granducali concesse alla Terra, però sempre permesse con specifico ordine superiore, erano il Tabacco, le Carte da Gioco e il Ferro.
Tornando ai mercati ecco, per esempio, cosa si deliberò in seno al Consiglio della Terra di Barga nella seconda metà del sec. XV, ossia, di richiedere a Firenze la licenza di poter fare un “un merchato o fiera per avere il panno di ogni sorta”, con ciò autorizzando e pagando le spese a degli ambasciatori che si recassero agli uffici ad hoc della capitale. Il motivo sottaciuto ma principale della delibera si mosse da un particolare che investiva non Barga ma quei mercanti che vi venivano a commerciare, i quali, soggetti a tassa da versare al fisco, avevano iniziato a disertare la piazza, con la mancata entrata nella Terra di certi utili panni, quindi che il loro ingresso fosse libero da gabella o quantomeno diminuita. Certamente la questione fu risolta, perché nei mesi successivi a questa delibera se ne fece altra, con la richiesta a Firenze di poter avere il mercato (forse una fiera) due volte l’anno e si nominano sei uomini, due per le tre porte, che se ne interessassero.
Certamente i mercati di Barga ebbero sempre i loro alti e bassi, come nel caso che mosse in seno al Consiglio di Barga il medico Michelangelo Angeli, professore presso l’Università di Pisa. Siamo alla metà del sec. XVI e questi si alza in Consiglio, che allora era a Palazzo Pretorio, e andato al luogo degli interventi detto “alla ringhiera”, eccolo esordire circa il mercato di Barga, intervento così annotato dal cancelliere del comune:
Visto che, tempo addietro si teneva il mercato il sabato molto onorevole per il Pubblico e Privato, tanto che le persone si davano ad alti esercizi, che trascurato e dismesso, tanto che oggi assai ne patisce per non fare più detto mercato, che si rifaccia il sabato o in altro dì.
A tale proposito il Consiglio nomina i soliti uomini che seguissero la faccenda del ripristino del mercato, il cui luogo di svolgimento era nel centro del castello tra l’Aiaccia (Piazza Angelio) e la Piazza dove c’era la Loggia del Mercato (l’attuale piazza Salvo Salvi). Probabilmente anche sotto l’ampia Loggia di Porta Reale (oggi non più esistente) e per il bestiame i luoghi più atti sui confini delle mura, specialmente l’attuale orto Bertacchi, prima che fosse alienato dal comune alla rammentata famiglia. Questo luogo erboso, che ancora oggi è contornato dai resti di antiche mura castellane che allora dividevano il quartiere di Porta Reale e quella di Borgo, sul finire del secolo XV si pensò di ridurlo a pubblica piazza a onore e vanto di Barga ma della cosa, ovviamente, rimase solo il forte desiderio o poco di più. Resta solo da dire che veramente ebbero una bella idea, solo pensando in quale scorcio panoramico si trovi inserito, tra le alte case che vi si affacciano.
Per riuscire a capire il documento che forma l’oggetto del presente articolo, occorre fare delle doverose premesse, essenzialmente per capire come fosse organizzata Barga circa i mercati tra il secolo XVIII e XIX. Per farlo si ricorre agli scritti del Maire (sindaco) di Barga dell’epoca napoleonica. Questi era l’avv. Francesco Bertacchi (1755 – 1814), un uomo di vasta e singolare cultura, che tanto fece per il suo paese e soprattutto per la sua storia, solo pensando alla cura che mise affinché il Comune di Barga potesse avere un archivio storico ben ordinato e ci riuscì. Tolse le prime delibere comunali dall’incuria, lasciate a se stesse in angoli dell’archivio, in attesa e da grandissimo tempo, di essere codificate, così come fece e che nelle sovraccoperte riportano la sua calligrafia; così altre cose. Documenti importantissimi che senza di lui, oggi, quasi certamente sarebbero dispersi e con essi tante notizie storiche. Va detto a onor del vero che questa cura fu specialmente promossa dal nuovo modo di intendere la cosa pubblica propria del sistema francese ma, come tutte le cose, niente è mai scontato se non sono condivise da illuminate menti come lo fu quella del Maire (sindaco) Francesco Bertacchi, veramente propenso, ligio e votato a fare il meglio per il suo paese.
Dopo questo inciso ecco come fossero organizzati i mercati e fiere di Barga tra il XVIII e XIX secolo i cui dati si evincono da una lettera del 1811, scritta dal predetto maire Bertacchi al Sottoprefetto di Pisa (Dipartimento del Mediterraneo). Il Prefetto risiedeva nel capoluogo del Dipartimento, cioè Livorno. Infatti, per ristabilire quanto in merito era stato soppresso dalla Giunta Straordinaria della Toscana nel 1808 (già se ne parlava sin dal 1806-1807), ecco Bertacchi ritessere l’ultima storia dei mercati barghigiani. Inizia dicendo che il Granduca Leopoldo I, correva l’anno 1769, aveva accordato a questa Comune due mercati, che avevano luogo il lunedì e il venerdì, mentre dall’anno 1792 (Granduca Ferdinando III) aveva ricevuto la facoltà di poter fare due fiere l’anno nei giorni 15-16 e 30-31 d’agosto. Quest’ultima concessione granducale delle fiere, però, parrebbe risalire al 14 luglio 1790, con l’uscente Granduca Leopoldo I.
Si capisce dallo scritto che il problema della soppressione fu causato dai confini tra Barga il lucchese e il modenese (la Garfagnana), quindi, ridotta la Terra a dover vivere dei soli suoi prodotti, senza la possibilità di scambievole commercio con l’estero. In questo 1811, però, le cose erano cambiate, perché la Garfagnana era stata unita al Principato Lucchese, dove i commerci tra lo stesso principato e l’Impero ora erano liberi. Su questa falsariga si dice che la restituzione dei mercati liberi fosse cosa ragionevole e si fanno altre osservazioni, come la richiesta variazione di un giorno di mercato, spostandolo dal lunedì alla domenica, perché chi vive in campagna e in montagna, è in questo giorno che affolla numerosamente il castello. Tale richiesta però rimase inevasa e solamente con i successivi anni dopo la Restaurazione, ebbe il suo compimento. Nel frattempo i Barghigiani per i commerci avevano due non molto pratiche possibilità nel Principato di Lucca: mercoledì a Borgo a Mozzano oppure il giovedì a Castelnuovo. La distanza (senza macchine) allora era più notevole di oggi e poi, per le pessime vie, andare a Castelnuovo era un vero problema.
Ecco allora come si mossero le cose dopo la Restaurazione del Granduca in Toscana. In pratica, siamo al 1818 e vediamo che da Firenze arriva al Vicario Regio di Barga Ranieri Barbacciani, una comunicazione inviatagli dalle Riformagioni, con cui si annuncia che la supplica della Magistratura Comunale di Barga (l’odierna Giunta diretta dal ripristinato Gonfaloniere che era l’avv. Antonio Giannelli) relativa al ripristino del mercato era stata risolta favorevolmente: “Fermo stante il disposto degli Ordini veglianti per l’osservanza delle Feste, e dei Regolamenti Doganali, concedesi come si domanda”. Simile comunicazione arriva allo stesso Vicario Regio dal Palazzo del Governo di Pisa, il capoluogo della provincia cui Barga era tornata a essere aggregata:
Prego di conseguenza V. S. Ill. ma a partecipare l’espressa Sovrana concessione al citato Magistrato, ed a chi altri vorrà, dando nel tempo stesso le disposizioni opportune pel suo adempimento, e perché sia mantenuta la polizia del detto Mercato.
Dopo qualche mese, siamo al 2 marzo 1819, ecco apparire per le vie di Barga il tanto atteso AVVISO uscente dal Comune di Barga e che reca la firma del suo gonfaloniere Avv. Antonio Giannelli, con cui annuncia che finalmente:
Che in virtù degli ordini Sovrani, essendo stato ripristinato in questa Comunità il Mercato solito farsì il venerdì di ogni settimana, avrà luogo una tal disposizione il dì dodici Venerdì del Mese di Marzo 1819 e cadendo il Venerdì in giorno Festivo d’intiero precetto, sarà il Mercato trasferito al giorno susseguente.
Questo è quanto racconta il documento che è visibile in testa al presente articolo, oggetto di questo lavoro, solo restando da dire che è enigmatica quella festività di precetto che fece decidere lo spostamento dell’inaugurazione del nuovo Mercato da venerdì 12 al successivo sabato. Il calendario 1819 non segna in rosso quel venerdì ma il successivo venerdì 19, San Giuseppe (sic!).
In quest’anno 1819 però non fu solamente introdotto il mercato settimanale ma anche le due fiere annuali che si solevano fare dal 1790 e anch’esse interrotte con l’avvento dell’Impero Francese. Infatti, il 7 agosto di quest’anno si annuncia sul n.° 94 della Gazzetta di Firenze, che il Gonfaloniere di Barga ha reso noto che nei giorni d’agosto, il 16 San Rocco e 17, per Barga di San Rocchino, come il 30 e 31 dello stesso mese, ci saranno due fiere di bestiame, formaggi e commestibili, ecc., autorizzate con benigno Sovrano Rescritto del 1790.
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