Non solo la valle della Corsonna ma anche quella dell’Ania ha monumenti verdi e storie da raccontare. Per questo, domenica 17 novembre, una delegazione dell’istituto Storico Lucchese sezione di Barga ha raggiunto l’Alpe di Barga per onorare un impegno preso già l’anno scorso: misurare l’accrescimento dei faggi monumentali che punteggiano la montagna. Come sempre il capitano della spedizione è stato l’Emilio Lammari, che ha udito cosi tante storie e visitato cosi tanti anfratti da saperne una più dei nostri vecchi; al suo seguito un drappello di fedeli (a maggioranza femminile) che, ormai, non rinuncerebbe per niente al mondo alle uscite con Emilio. L’anno passato l’attenzione fu rivolta ai faggi monumentali che crescono da Capo Corsonna in là. Quest’anno a quelli che guardano il torrente Ania, confine sud del comune di Barga. L’arrivo in loco è avvenuto via Valdivaiana tanto per riempirsi gli occhi dei suoi enormi castagni e poi su, fino al fontino della Vetricia. Da qui, incrociando il sentiero numero 20, si arriva a case di Prata, una proprietà privata che guarda Col del Vento e la valle del Serchio. Qui si trovano tre tra i più grandi faggi della lista: uno dal diametro di 2,5 metri, uno di 3,30 e uno addirittura di 4,10. Alti, ramificati, maestosi come solo i faggi più antichi sanno essere. L’altro faggio di interesse si trova invece al colle di Bacchionero, al quale si giunge per una pista che, proseguendo oltre la Vetricia, incrocia il sentiero per l’Altaretto. Da qui ne parte un’altra che fu un’antica via dei legnami tramite cui le farnie della montagna hanno tutte raggiunto Pisa e Firenze per diventare alberi di navi, remi e fasciame.
Alla sua fine, dopo giacigli di foglie di faggio e una macchia di ginestre, si arriva “al colle”, dove la vita si è fermata solo pochi anni fa e dove un caseggiato di pietra e alcuni annessi guardano una valletta la cui vegetazione nasconde i ruderi di Bacchionero. Alle spalle di questa frontiera contadina una fila di faggi con l’ultimo a fare da patriarca con i suoi 4,7 metri di diametro e un apparato radicale che pare filigrana dei giganti. Ed ancora torna la riflessione: un tempo nemmeno troppo lontano la vita era tutta quassù, aspra e avara come sempre in montagna. Adesso è un ameno luogo per escursioni domenicali ignorato dai più. Ma le tracce degli uomini sono quanto mai evidenti, anche nella vegetazione. Si trova infatti un pero enorme con un fusto di 2,07 metri di diametro: una dimensione rimarchevole per questa specie domestica.
E poi le storie, con cui l’Emilio intrattiene e tramanda: l’abbeveratoio secolare in pietra serena incontrato lungo il percorso; i grotti di Bacchionero che diedero rifugio ai partigiani, la sega idraulica dell’antica via dei remi, vizi e virtù degli antichi abitanti…
Sì, è così: ad andar per faggi secolari si scoprono sempre perle inattese.
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