Alla mostra di Fabrizio Gianni

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Il 28 agosto, presso il refettorio dell’antico Conservatorio di sant’Elisabetta a Barga, c’è stata l’inaugurazione della mostra di Fabry, al secolo Fabrizio Gianni, e questa ennesima esposizione delle sue opere sarà visibile sino al 10 settembre.

Non potendo mancare all’appuntamento, seppur arrivato tardi, ecco, lo vedo là seduto sulla sua sedia mobile, gli vado incontro e lo carezzo su una guancia. Lo vedo contento della mia presenza, mi dice qualcosa ma gli soggiungo: ora vado a vedere la mostra poi torno.

Fabry, posso dire, lo conosco da sempre e con lui ho passato diverso tempo a parlare di Barga, della sua storia, come anche dei suoi grandi pittori, di pittura e altro, essenzialmente nella piazza della sua vita, quella Garibaldi, seduti lì sulle panchine. Di me Fabry è assai più grande ma quando si parla di cose che interessano il cuore, va…  e la differenza d’età svanisce.

Entro nel refettorio del Conservatorio dove è disposta la mostra e come sempre è un piacere all’occhio, la visione delle sue opere e me le guardo una a una. Mi soffermo, rifletto e sono colto da una sorta di corsa all’indietro nella sua arte, nel suo progresso pittorico. Da quando attratto dagli insegnamenti del suo maestro spirituale, Alberto Magri, morto nel 1939, forse quando lui stava nascendo, ma ben conosciuto nello scorrere dei suoi giorni di giovane e adulto pittore, ecco modellare sulle tele, in forme tutte sue, il richiamo d’arte or ora ricordato. Un richiamo questo che ben definì l’affermato scultore Franco Pegonzi, quando si accinse a parlare di Fabry in occasione della Mostra d’Arte e Lavori di Legno che si tenne alla Sala Colombo di Barga l’anno 1970: “Questo suo sofferto mondo interiore si sta trasformando merito alla sua continua ricerca culturale e per la profonda conoscenza delle opere del grande pittore Barghigiano Magri”.

Rifletto, che da allora, il suo modo di vivere la pittura come mezzo espressivo della sua anima sensibile è più volte evoluto e oggi siamo sulla via dell’Informale.

Ripenso ancora al suo percorso e mi sovvengono le molte mostre personali di Fabry e collettive cui ha partecipato, successive alla sua prima esposizione a Barga dell’anno 1959; in oltre mezzo secolo di attività ha riscosso e riceve da tutti attestati di grande stima, tanto da essere collocato tra gli artisti più interessanti della Valle del Serchio.

Mi soffermo a osservare un quadro dove si svela un corpo di donna e ripenso alle parole or ora lette sul libro che ho preso dal tavolo “Informale, Frabizio Gianni” del 2016, dove Annalisa Salvi, nel suo articolo “L’Arte pittorica di Fabrizio Gianni” osserva in merito: “I temi del paesaggio e della donna (il paesaggio del corpo femminile) ”.  Seppur parole usate per altra mostra, al tempo stesso molto consone a svelare uno dei percorsi emotivi dell’artista in questa mostra, che passa da quadri in cui si ammira la maestria del colore a soggetti un poco più chiari e definiti nell’emozione.

Vedo sul tavolo un grande libro. È l’album dei suoi ricordi e mi colpisce fra le tante cose raccolte, articoli, pieghevoli, foto e altro, una cartolina che gli scrisse nel 1971 uno dei grandi pittori barghigiani del Novecento Italiano, Umberto Vittorini, inviandogli solo la sua firma: “Al Pittore Frabrizio Gianni, via di Mezzo, Barga (Lucca) – Milano, 4 XI ’71, Umberto Vittorini.

Vedo ancora nell’album un pieghevole di una sua mostra dei primi anni ’70, dove spicca la presentazione al pubblico curata proprio da Vittorini, probabilmente risalente al sopra ricordato anno 1971; leggo, fotografo e ora ne stralcio alcuni brani a compendio del conosciuto della vita di Fabry:

Fabrizio Gianni per un curioso destino ha avuto la buona fortuna di vedere la luce in un magnifico paese dell’alta lucchesia, Barga. è nato con la vocazione verso l’arte della pittura, crescendo in una natura ricca e varia, in un paesaggio che circonda il suo paese natio, fin da bambino alimenta quel sentimento che gli ha dato la passione per la pittura. Semplice e istintivo ha goduto quel sentimento che ingenuamente ha alimentato contemplando e ammirando fin dai primi anni della sua giovinezza, tutto quello che lo circonda; studiando e tormentandosi per esprimere tutto il suo sentimento con l’arte della pittura. Arte tremendamente difficile che lui, tentando e ritentando e volgendo lo sguardo di ammirazione verso le opere dei grandi maestri antichi ha cercato di far rivivere nelle sue opere.

Le varie chiese del paese e dintorni con opere che testimoniano un glorioso passato, hanno dato al giovane Fabrizio, l’occasione di grandi entusiasmi e grande insegnamento … con tormento e amore si dedica all’arte della pittura. … Ho avuto il piacere di conoscerlo nell’estate scorsa, in vacanza, in quella che è anche la mia città di nascita. Auguri e fortuna per lui; lo esorto a seguire con passione e nobiltà la sua strada irta di difficoltà ma pur sempre appassionante.

Umberto Vittorini

La breve ma interessante disamina che Vittorini ha lasciato del giovane pittore Fabry mi piace e ve lo riconosco. Torno indietro da lui e mentre assaggio un pasticcino lo avvicino, mi dice qualcosa e colgo: “Scrivi ancora?”. Avendo già scritto qualcosa di lui, il messaggio è per me chiaro. Scambio ancora qualche parola con lui e nel salutarlo gli dico: Ciao e scriverò qualcosa sulla mostra.

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