Martedì sera, alla biblioteca “Gli Incartati” di Fornaci di Barga, è stato presentato il libro di Bona Fiori “La sirena della fabbrica”. L’autrice, originaria di Fornaci, da molto tempo vive a Verona. Laureata in Lingue e Letterature straniere, ha insegnato a Milano e Verona. Suoi racconti e poesie sono stati divulgati con la rivista Inchiostro.
Ha pubblicato un volumetto di poesie intitolato Acquario. Quest’anno ha vinto il primo premio per il miglior racconto inedito al Premio Essere Donna Oggi. Lavora e dipinge ceramica. Bona Fiori ha sempre avuto, fin da bambina, anche la passione per la scrittura.
Nel corso degli anni ha accumulato brevi racconti sulla sua vita fornacina ed oggi, dopo una rilettura attenta e una definitiva sistemazione, ha pubblicato un volume con molti ricordi della sua infanzia ed adolescenza, ma anche molto più vicini al presente. Il lettore fornacino coetaneo, che ha acquistato o avuto in regalo il libro dalla autrice, sicuramente si riconoscerà in molte storie legate alla vita quotidiana, di anche 70 anni fa, quando, in zona, c’erano gli angloamericani contrapposti ai nazifascisti schierati lungo la Linea Gotica.
Bona Fiori, con dovizia di particolari, è riuscita a ricamare una stesura accattivante e genuina del periodo vissuto a Fornaci, quando, molto se non tutto, ruotava intorno alla Metallurgica, fabbrica dove tra l’altro il babbo lavorava… il segnale acustico per l’entrata o l’uscita dei lavoratori nello stabilimento era il suono di una sirena (e lo è ancora), quella richiamata nel titolo stampato su una foto Anni ’50 con le figure di due fornacine doc (Iva e Grazia) e la littorina:
“Orari precisi regolavano la giornata (…) erano imposti dalla fabbrica, annunciati dall’ululato straziante della sirena. Il primo richiamo, penetrante, perforante, si espandeva sulla valle alle sette e mezzo del mattino: io e mio padre ci alzavamo, ci vestivamo in fretta e andavamo in cucina dove Virginia già stava facendo il caffè (…). Un’altra serie di urla sibilanti ci ordinava di uscire: io attraversavo il piazzale per andare a scuola, papà inforcava la bicicletta diretto alla fabbrica”.
Durante la presentazione, aperta da Andrea Giannasi direttore della casa editrice “Tra le righe” che ha pubblicato il libro e la seguente introduzione di Paola Stefani che ha poi incalzato la Fiori con diverse domande, l’autrice ha mostrato nostalgia e tenerezza nel ricordare vicende, se pur così lontane, vicine al suo cuore. Non ha mai dimenticato, quel suo periodo vissuto con la gente del luogo, dimostrando un attaccamento forse fondamentale anche per la sua crescita umana. Leggendo il libro, magari socchiudendo gli occhi, al lettore sembrerà di sentire i profumi e gli odori della campagna di allora, ma anche delle botteghe, del passaggio del treno, come pure quello del pane. Le amicizie, i timori, le gioie, le risate, il dolore… e poi gli studi, l’amore, la famiglia, il lavoro. Fornaci di Barga, Viareggio, Ferrara, Milano, Verona. Tutto in un libro, o forse è meglio dire, in una vita.
Tag: Fornaci, metallurgica, la sirena della fabbric a, bona fuiori
Ilaria
15 Dicembre 2017 alle 13:23
Buonasera
Come nipote della signora Virginia ,personaggio citato nelle righe riportate sopra , desideravo sapevo dove poter acquistare il libro
….. che emozione !!!
Grazie
Ilaria
redazione
15 Dicembre 2017 alle 14:03
Crediamo che a Fornaci sia disponibile presso la libreria di via della Repubblica. Altrimenti provi a chiedere agli Incartati
Ancilla Rizzotti
15 Aprile 2018 alle 19:09
Bellissima presentazione del libro dell’amica Bona, libro che ho letto con piacere e che mi ha suscitato ricordi ed emozioni. Anch’io ho vissuto in un luogo ricco di fabbriche, dalla Montecatini, alla Cantoni, alla Pomini e altre ancora. I lavoratori e le lavoratrici, operai, impiegati, capi e direttori, tutti si muovevano in bicicletta e le sirene ritmavano la giornata. La gente tornava a casa anche per la pausa pranzo, le mense aziendali sono arrivate più tardi, oppure se abitavano troppo lontano si portavano la cosiddetta schiscetta, un contenitore di alluminio con una minestra o qualcos’altro che si consumava già freddo (i contenitori termici non c’erano ancora) poi gli uomini si concedevano un bicchiere di vino nell’osteria più prossima. Le donne non andavano all’osteria, era disdicevole!