Come ultimo appuntamento della settimana dedicata alla Scozia, il museo Stanze della memoria di via di Mezzo ha ospitato domenica pomeriggio 10 settembre, “A Silvana… e alle altre”: un momento di riflessione dedicato alle donne barghigiane che sono partite per la Scozia (evento in collaborazione con Commissione Pari Opportunità e Biblioteca Comunale).
L’incontro è stato condotto da Sonia Ercolini mentre la lettura e l’interpretazione commovente è stata di Gaia Biagioni. Il testo era stato scritto da Sonia e Gaia ed era dedicato in particolare a due donne simbolo dell’emigrazione barghigiana, Silvana e Maria.
Dopo la lettura non sono mancate le testimonianze di alcune donne bargo-estere che con spontaneità e vera emozione hanno raccontato le loro esperienze da donne emigranti. Non sono mancate le lacrime ma anche i sorrisi in occasione di alcuni episodi raccontati sincera ironia.
Alla giornata hanno preso parte, portando i loro saluti , anche Lara Baldacci per l’Amministrazione Comunale , vice presidente della commissione regionale Pari Opportunità e la vice-presidente della commissione di Barga, Giulia Colombani.
Di seguito, senza alcuna correzione o adattamento, il testo proposto per la giornata.
Italia-Scozia.
1850…1950 cento anni di storia., cento anni di emigrazione.
Abbandono dei territori… sviluppo di attività industriali.
Anno 1887, 1637 emigrati la cui metà donne.
Migliaia di donne lasciano l’Italia, mete principali del circondario della Garfagnana, Francia e Scozia.
1905, 337caffè e take-away di proprietari italiani solo a Glasgow
Aiuto dello stato insufficiente.
1914, apre la società del patronato per emigranti con 64 uffici sparsi nei vari paesi.
Distribuzione di vademecum per smarrimento documenti, traduzione di documenti , infortuni sul lavoro, rimpatrio ammalati tutela donne e minori.
Voci di nonne… madri, figlie, mogli, sorelle, zie
5 pound in tasca per entrare nel nuovo paese, una valigia, vestite con l’abito della festa o del matrimonio… abbandonavano la loro casa .
Donne abili… intelligenti, umili, che con forza e coraggio costruivano per loro stesse a la loro famiglia una nuova identità… pur conservando gelosamente le proprie origini.
Immaginate…
Una lingua sconosciuta, tra le vie di Glasgow, l’odore dell’olio fritto dei negozietti di fish and chips, braccia con le maniche arrotolate, gote arrossate e donne, migliaia di donne… donne italiane donne che hanno fatto la storia, la nostra storia, donne da non dimenticare…. e tra tante Silvana… e Maria..
Era lì immobile in attesa di salire su quel treno che le avrebbe cambiato per sempre la vita.
Era di una bellezza straordinaria, fuori dal comune.
Lunghi capelli neri, una pelle pura e chiara, e occhi verdi come la campagna che la circondava occhi che trasmettevano una tristezza infinita che la avrebbe accompagnata probabilmente per tutta la vita.
Era chiusa, in un vecchio capotto blu prestato dalla zia e calzava scarpe nere di una misura più grande, ma nonostante tutto aveva un portamento quasi regale.
Nella piccola stazione, di fronte al binario numero 1… stava li immobile tenendo stretta fra le mani una vecchia e logora valigia di cuoio marrone e una borsa di paglia piena di viveri che le sarebbe dovuta bastare per tutto il viaggio.
Un viaggio lunghissimo fino alla Scozia… paese di cui lei non conosceva assolutamente niente e, cosa che la spaventava terribilmente, paese di cui non conosceva la lingua… suo padre le aveva raccontato essere diversa dalla loro.
Teneva stretta allo stomaco nascosta nella fodera della gonna, persa in una rigidità quasi innaturale che a tratti la faceva tremare, una borsetta che conteneva quei pochi soldi che i suoi genitori erano riusciti a racimolare e a darle e il biglietto del suo futuro.
Un fischio ruppe il silenzio dei suoi pensieri, arrivò con uno sbuffo di vapore il treno locale e dopo minuti che le parvero ore lentamente salì i tre gradini del treno, gradini che l’avrebbero condotta ad una nuova e non voluta vita. Si voltò lentamente e con i suoi occhi verdi campagna e la sua infinita tristezza guardò per l’ultima volta quella stazione malandata che portava ancora le ferite della guerra e che per anni era stata la sua casa. Suo padre era capostazione; era lì che era nata e cresciuta insieme a suoi fratelli e sorelle.
Lei era la più grande… ora aveva diciotto anni… Ricordava che a tre anni badava alla sua sorellina un anno più piccola di lei… a cinque a suo fratellino, a sette ad un’altra sorellina… ora era diventata donna senza mai essere stata bambina.
Le sue bambole erano state i suoi fratelli e le sue sorelle che aveva cresciuto e coccolato quasi da sola.
La sua vita tutto un dovere… e ora il suo dovere, quello che gli veniva richiesto in quanto figlia maggiore era di partire per quel paese straniero e lavorare per una zia sconosciuta solo perché lì ormai non c’era più posto per lei: “La zia ha bisogno di te, pensa a come sei fortunata!” – le dicevano
Eppure non voleva partire…. non voleva lasciare quei ragazzi, quella miseria dignitosa, quei campi di granturco sotto il sole cuocente, il cielo azzurro… non voleva, eppure doveva. E ora era lì seduta su quel treno, con la testa appoggiata ad un sudicio finestrino, da li riusciva a vedere la sua famiglia agitare le mani… il treno parti lentamente, i suoi occhi verde campagna pieni di lacrime intravidero o più piccoli che ricorrevano la vecchia locomotiva piangendo. Avrebbe voluto fermare quel maledetto treno… abbracciare quei piccoli mostriciattoli, asciugare loro le lacrime, ma non poteva… Asciugò così le sue e guardò sempre avanti, verso quel mondo che non le apparteneva, quel mondo che a lei pareva grigio e freddo… verso quel mondo che sarebbe diventata la sua casa, dove avrebbe cresciuto suoi figli… dove i colori dei campi di granturco sotto il sole cocente sarebbero diventati solo un ricordo.
Stessa stazione, stesso binario a pochi passi da Silvana un’altra donna attende lo stesso treno… due trecce rosse… una cappotto marrone, nella mano destra una grossa valigia e in quella sinistra la mano paffuta del figlioletto di pochi anni.
Stesso treno, stessa meta ma sul volto due espressioni differenti… sul volto spruzzato di lentiggini un sorriso stampato, per lei partire non un dovere ma una trepidazione, ritrovare il marito, una nuova lingua, nuovi volti e una nuova attività… una piccola gelateria.
I tre scalini che la separano dal nuovo futuro quasi volati… trascinandosi appresso il piccolo. Perfino il cattivo odore del vagone… il sudicio vetro del finestrino sembravano colorati e invitanti. Era la prima volta nella sua vita che si allontanava dal paesello e l’emozione era più della tristezza; poco gli importava dei campi, del colore del granturco sotto il sole cocente delle stradine che lasciava.. era sicura che gli occhi azzurri di suo figlio avrebbero trovato nuovi colori….
2017: tra i 70 mila e 100 mila gli scozzesi italiani o italiani scozzesi, circa il 2% popolazione scozzese attuale.
2007… Linda Fabiani donna di origine italiana, diventa membro dello Scottish National Party e diventa ministra per l’Europa, gli esteri e la cultura del parlamento scozzese; già precedentemente, nel 1996, nominata Cavaliere dell’ordine della stella della solidarietà italiana
1931/2016, Adrienne Corri in arte Adreinne Riccoboni attrice
1997, Carla Rollano giornalista
Voci di nonne, madri, figlie, mogli, sorelle con 5 pound in tasca per entrare nel nuovo paese, una valigia, vestite con l’abito della festa o del matrimonio, abbandonavano le loro casa.
Donne abili, intelligenti, umili che con forza e coraggio costruivano per loro stesse e la loro famiglia una nuova identità pur conservando gelosamente le proprie origini.
Silvana e Maria, due donne simbolo dell’emigrazione, due donne coraggiose legate dallo stesso destino…
La Scozia ma con il cuore sempre legato all’Italia
testo di Sonia Maria Ercolini e Gaia Biagioni
Tag: scozia, pari opportunità, emigrazione, settimana scozzese
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